Narbolia
Sorge al limite tra Campidano di Oristano e massiccio del Montiferru, vicino alle splendide spiagge della penisola del Sinis. Narbolia, paese di mille e 800 abitanti, mostra case in basalto con murales raffiguranti scene della sua antica tradizione agropastorale. Oggi agricoltura e allevamento, insieme al turismo, sono anima dell’economia, basata fra XIX e XX secolo anche sulla fabbricazione di calce (nel territorio esistevano 19 fornaci). Il paese è noto per la produzione di cereali, frutta e pregiati vini, da abbinare alle sue specialità culinarie, per esempio in occasione di Saboris Antigus a luglio. I dolci sono tipici delle cerimonie: per Ognissanti i papassini, per Pasqua is pardulas, amarettus, gueffus e mustazzolus per battesimi, matrimoni e feste patronali. A carnevale c’è la sagra delle zippole. La festa più sentita è per santa Reparata a inizio ottobre. A lei è dedicata la parrocchiale, del XVII secolo, con altare barocco (1790). Altro imperdibile edificio di culto al centro del paese è l’antica chiesetta di san Pietro apostolo, celebrato a fine giugno. Sul paese incombe il bastione roccioso del monte Rassu (quasi 500 metri), che digrada in colline coperte da macchia mediterranea. La valle del rio Cunzau separa i monti dala grande piana di Cadreas, ricca di testimonianze archeologiche. Poi la costa, dominata dalle dune di sabbia di Is Arenas. È un piccolo ‘deserto’, rimboschito e stabilizzato a partire dagli anni Cinquanta del XX secolo. La pineta, estesa da Torre del Pozzo a is Benas, termina sulla spiaggia, una delle più belle e lunghe (sette chilometri) della Sardegna. Nell’oasi verde di pini, acacie, lentischi, ginepri, orchidee, palme e prati sorge un campo da golf: le 18 buche sono inserite in armonia con dune e pineta: è uno dei campi più spettacolari d’Europa.
Il territorio ha tracce di frequentazione sin dal Neolitico: il sito di Funtana e Figu e le domus de Janas di Campu Darè, dove vari secoli dopo sorsero una decina di tombe di Giganti: le sepolture megalitiche nuragiche sono raccolte in un quadrilatero con ai vertici quattro nuraghi. Una suggestiva ipotesi fa derivare Narbolia da Nurapolis: città dei nuraghi. Se ne trovano circa venti, risalenti a Bronzo medio e recente (XVI- XIII secolo a.C.), molti complessi, pochi monotorre, uno arcaico ‘a corridoio’. Attorno, villaggi racchiusi da mura. Il più significativo è il nuraghe Tradori. Alle fasi tarde della civiltà nuragica risale la scultura di una testa umana simile a quelle dei Giganti di Mont’e Prama. Imperdibile è sa Murallia, nel centro storico: a un nuraghe quadrilobato è stato addossato in età fenicio-punica un muraglione di basalto lungo 17 metri, spesso tre e alto tre e mezzo. Frammenti di intonaco fanno pensare a un uso in età medievale: forse un castello voluto da Eleonora d’Arborea. A età romana risalgono ville con terme: a Sant’Andrea di Pischinappiu i ruderi sono diventati chiesa cristiana, a su Anzu (il bagno) vedrai un frigidarium con vasca absidata e pavimento ricoperto (un tempo) da un mosaico, e tre ambienti caldi, uno con volta decorata. I reperti si collocano tra I e VI secolo d.C.
Gonnesa
È incastonato nella gola di Gutturu Carboni, ai piedi del monte Uda, in un’area ricca di giacimenti sfruttati fin dall’Antichità. Gonnesa è un paese dell’Iglesiente di circa cinquemila abitanti, che si sviluppa attorno la chiesa di sant’Andrea apostolo, costruita tra XI e XIII secolo in stile romanico ben leggibile in facciata. Sin dal 1300 il centro è stato caratterizzato dall’attività estrattiva, che diventò intensissima da inizio Ottocento fin dopo la seconda guerra mondiale. Nel maggio 1906, il centro fu teatro di una rivolta per rivendicare più umane condizioni di lavoro, repressa violentemente dalle forze dell’ordine (tre morti e 17 feriti). Anche la tradizione agricola è forte: ritorna ad agosto nella sagra del pane tradizionale e a inizio settembre nella festa di sant’Isidoro nella frazione di Nuraxi Figus.
Testimoniano l’epopea mineraria siti dismessi, immersi nei boschi di monte Onixeddu, Seddas Moddizus e monte San Giovanni, dove c’è il villaggio Normann. Qui la miniera è vicina alla grotta di santa Barbara, incontaminato gioiello della natura, con un piccolo lago, colonne di stalattiti e stalagmiti e arabeschi di aragonite. Oltre che da resti di archeologia industriale, il territorio è punteggiato da siti preistorici, come le domus de Janas dell’altopiano di Murru Moi e, soprattutto, il complesso nuragico più importante del Sulcis, il villaggio di Seruci, costituito da un nuraghe complesso, antemurale turrito, una tomba di Giganti e un villaggio di oltre cento capanne, fra cui interessanti sono una con bancone-sedile alla base della pareti e un’altra con cortile rettangolare. Vari reperti che attestano la cospicua presenza di fenici, punici e romani, interessati all’abbondanza di giacimenti di argento, piombo, rame e zinco.
Lo splendido tratto costiero di Gonnesa è lungo tre chilometri, delimitato a nord da un villaggio minerario e a sud da una tonnara del Settecento. Il lungo litorale di sabbia fine e acque cristalline è formato da tre spiagge: Fontanamare, spiaggia di Mezzo e Porto Paglia. Anche l’entroterra riserva suggestive sorprese: dalle selvagge e aride colline, altopiani di origine vulcanica e creste scistose. Su tutto il territorio si distende una variegata macchia mediterranea: corbezzolo, erica, ginepro, ginestra, leccio, mirto, olivastro e rosmarino. Da visitare la palude sa Masa, abitata da rare specie di uccelli acquatici, tra cui il pollo sultano e, in certi periodi dell’anno, aironi, fenicotteri e germani reali, e le arenarie del quaternario di Morimenta, dove fra i fossili fu ritrovato un rarissimo esemplare di elefante nano.
Sennariolo
Si eleva a 400 metri d’altezza nel versante occidentale del Montiferru, affacciato sulla vallata del rio su Tonodiu, che segna il confine con la Planargia. Sennariolo è uno dei più piccoli paesi dell’Isola (con meno di 200 abitanti), che annovera un ricco patrimonio paesaggistico e archeologico e fa parte dei borghi autentici d’Italia. È noto per produzione di pecorino, apicoltura e oliveti, da cui derivano miele e olio di ottima qualità. Tra le ricette tipiche spiccano budelline d’agnello, preparate con erbe aromatiche; lumache ripiene, ravioli con patate, menta, formaggio fresco e in salamoia, tra i dolci i cattas, frittelle a spirale tipiche del carnevale.
La struttura urbanistica è tipicamente agropastorale: un intreccio di vie e vicoli stretti e case basse con ampi cortili, affiancate l’un l’altra, realizzate in basalto e arenaria e abbellite in facciata da stipiti, architravi, cornici e murales. Nell’estremità nord-est del centro storico sorge la parrocchiale di Sant’Andrea apostolo, risalente al 1676, come documenta l’iscrizione incisa sull’architrave in trachite rossa del portale. L’interno è a pietra a vista nelle strutture portanti e a unica navata, con due cappelle per lato e presbiterio, voltati a botte. Addossata alla facciata, una bella torre campanaria, completata nel 1867 e costituita da tre ordini sormontati da un cupolino ‘a cipolla’ coperto da maioliche policrome. Il patrono è celebrato il 30 novembre. A pochi chilometri dall’abitato ammirerai i ruderi del santuario di San Quirico e, in cima a un rilievo panoramico, la chiesa di Santa Vittoria, eretta per ringraziare la santa in seguito alla vittoria dei locali sui mori invasori. La festa in suo onore è a metà maggio, mentre quella per San Sebastiano il 20 gennaio, con un grande falò. A proposito di celebrazioni religiose sono suggestivi e coinvolgenti i riti della Settimana Santa.
Accanto al paese scorrono rio Mannu e rio di Marale, popolati da trote e anguille, sgorga la Funtana ezza, antica sorgente del paese. Non a caso il nome potrebbe derivare da s’ena ‘e riu, ossia vena del fiume. La felice posizione e le risorse idriche hanno favorito il popolamento fin dal Neolitico come testimoniano alcune domus de Janas. Abbondante la frequentazione nell’età del Bronzo: non mancano tombe di Giganti e sono numerosi i nuraghi, tra cui Fromigas, Murcu, s’Ena e tiana e soprattutto Liortinas, a guardia della confluenza di due torrenti, raro e imponente esempio di nuraghe a corridoio circolare, percorribile per due terzi della lunghezza.
Spiaggia di Buggerru
Spunta alla destra del moderno porticciolo turistico, coi riflessi chiari della sabbia e con splendide tonalità azzurre delle sue acque. La spiaggia di Buggerru è una distesa morbida e calda che si immerge in un mare dai colori cangianti e limpidissimo (premiato da Legambiente e Touring Club). Il fondale basso e sabbioso. La spiaggia è a due passi dal centro abitato, perciò sono a portata di mano tutti i principali servizi.
Buggerru, ex villaggio minerario, sorto nel 1864, si concentra sul fondo di una valletta affacciata sul mare ed è divenuto a fine XX secolo centro turistico anche grazie al porto, sovrastato dall’uscita della Galleria Henry, un tempo percorsa da un treno a vapore che trasportava il minerale estratto dalle vicine miniere, oggi attrazione turistica. La sua costa fino a Capo Pecora, località più meridionale della Costa Verde (Arbus), è bassa e sabbiosa, protetta da alte dune.
Tra le spiagge vicine non perdere occasione per visitare anche, a sud, in piena zona ex mineraria, inserita tra bianche falesie calcaree, l’insenatura meravigliosa di Cala Domestica, un gioiello da sogno incastonato tra le scogliere. A nord le ampie dune di san Nicolao, alle cui spalle si erge un imponente rimboschimento di pini, un tratto perfetto anche per escursioni in mountain bike e, ancora più su, nel territorio di Fluminimaggiore, Portixeddu (o spiaggia del Rio Mannu), caratterizzata da sabbia fine color ocra ed è delimitata a nord da una scogliera che favorisce la formazione di piscine naturali.
Neoneli
Si adagia su verdi colline nel cuore dell’Isola, a pochi passi dallo scenario del lago Omodeo, uno dei bacini artificiali più grandi d’Europa: ambiente, natura, cultura e tradizioni ne hanno fatto un borgo autentico d’Italia. Neoneli è un piccolo centro di circa 700 abitanti del territorio storico del Barigadu, attestato nel basso Medioevo come villa di Leunelli (Neunelli), che oggi deve parte della sua fama al coro di Neoneli, quartetto polifonico interprete dell’arcaico canto a tenores, celebre anche per le collaborazioni artistiche col cantautore Francesco Guccini e col gruppo Elio e le Storie Tese. A dare lustro al paese anche l’oasi faunistica di Assai, quasi mille ettari di territorio sulle pendici del monte Santa Vittoria, ricoperto da fitti boschi di lecci secolari e sughereti e popolato da daino e cervo. All’interno del parco c’è il museo dell’oasi che espone, impagliate, varie specie di mammiferi e volatili, specie rapaci, tra cui uno splendido esemplare di aquila reale.
L’abitato è caratterizzato da case in trachite rossa, diffusa pietra locale, con finestre in stile aragonese e ornamenti in basalto. Ad esse si affiancano botteghe artigiane, dove ancora oggi vengono prodotti manufatti secondo tecniche antiche: intagliatori di sughero, lavoratori di pelli e fabbri realizzano pezzi artistici, tra cui sos Corriolos, maschere indossate durante i riti ancestrali del celebre carnevale neonelese: nella piazza centrale, viene acceso un falò attorno al quale vanno in scena danze propiziatorie. Al centro c’è la parrocchiale di san Pietro, costruita nel 1611. La facciata è in trachite rosa. L’interno custodisce un prezioso ostensorio d’argento del XV secolo e due statue lignee. Nel ricco calendario di eventi spiccano le feste nella chiesa campestre di sant’Angelo (s’Angelu), celebrata ad agosto, e quella di sant’Antioco martire, due settimane dopo Pasqua. Alle processioni religiose fanno da contorno spettacoli folcloristici, mostre-mercato e i famosi canti a cuncordu o a sa neunelesa. Tra le sagre paesane, imperdibile è sa festa de sa fregula istuvada e de sa cassola a inizio ottobre. La fregola cotta nel brodo e condita con vari strati di pecorino e strutto è l’eccellenza della cucina locale di tradizione agro-pastorale, fatta di pietanze semplici e dai sapori intensi. Numerosi i dolci tipici, spesso legati a festività: tzipulas, per carnevale, amarettus, seadas, sospiri, morbide praline di pasta di mandorla, in occasione di matrimoni e cerimonie solenni. Imperdibile a fine settembre Licanias, ‘cultura e sapori’ di paesaggi rurali, gli stessi abitati dal Neolitico, come testimoniano le domus de Janas di Puleu, Pranu-Sasa e su Angiu. All’età del Bronzo risalgono i ruderi dei nuraghi Nocurreli, Olisetzo e Pruna.
Museo multimediale Turcus e Morus
Personaggi mitici, leggende e storie di battaglie, assalti e coraggiose difese: il periodo più cruento della storia sarda, contrassegnato dalle incursioni piratesche, è descritto in un’esposizione unica nel suo genere. Il museo multimediale Turcus e Morus sorge a Gonnostramatza, ospitato nei locali dell’ex monte granatico. L’idea di descrivere la drammatica epoca delle invasioni compiute dai saraceni nasce da un’epigrafe, conservata nella chiesa campestre di san Paolo, a due chilometri dal paese. Vi è riportata la testimonianza della distruzione del vicino paese di Uras de manu de turcus e morus e fudi capitanu del morus barbarossa, avvenuta il 5 aprile 1515 agli ordini del pirata Barbarossa.
L’episodio funge da spunto per raccontare vicende accadute nell’arco di dieci secoli, dall’VIII al XVIII secolo, nelle coste e nell’entroterra isolano. Sono gli stessi protagonisti a narrare le storie che li riguardano, grazie a pannelli multimediali, video-ritratti interattivi con i quali interagirai tramite interfaccia touch screen, ologrammi di personaggi a grandezza naturale, ricostruzioni di torri costiere – erette dalla Corona spagnola per contrastare la minaccia dei pirati - e ponti navali, sui quali si ‘muovono’ i personaggi delle storie piratesche. Ammirerai anche diorami, modelli di imbarcazioni e armi d’epoca.
Una sala ospita la riproduzione digitale del retablo dell'Annunciazione, realizzato nel 1501 da Lorenzo Cavaro - pittore che diede origine alla scuola cagliaritana di Stampace -, conservato nella parrocchiale di san Michele arcangelo. Tra le figure animate, osserverai e ascolterai pirati barbareschi, schiavi cristiani e torrieri sardi, oltre allo stesso Barbarossa e ad alcuni dei protagonisti delle vicende storiche del Mediterraneo tra XV e XVII secolo. Il percorso ti permetterà poi di scoprire la storia del villaggio di Sèrzela, ormai scomparso, descritto anche grazie a reperti archeologici e video descrittivi, la cui unica testimonianza ‘vivente’ è la chiesetta di san Paolo. Il villaggio diede asilo agli abitanti di Uras scampati all’assalto dei barbari. Il museo organizza periodicamente attività e laboratori didattico-educativi, inoltre permette la fruizione a non vedenti e diversamente abili.
Oltre alla parrocchiale, edificata a cavallo tra XVII e XVIII su un preesistente edificio gotico-aragonese, e all’antica parrocchiale di Sèrzela dedicata a san Paolo, a Gonnostramatza sorge anche la piccola chiesa di sant’Antonio abate, documentata nel XVI secolo e collocata lungo l’antica via di collegamento principale con i villaggi vicini. Il paese fa parte del consorzio sa Corona Arrubia per la valorizzazione delle testimonianze archeologiche: la principale del suo territorio è la tomba eneolitica di Bingia e Monti, che ha restituito il più antico monile d’oro mai ritrovato in Sardegna.
Sini
Dominato dalla sagoma imponente e suggestiva del parco della Giara, si immerge tra sinuose e rigogliose colline, da cui godrai di suggestivi scorci paesaggistici, fatti di mandorleti, vigneti, ulivi secolari e campi di cereali. Sini è un piccolo paese di 500 abitanti che si estende nella parte di Marmilla appartenente alla provincia di Oristano, da cui dista oltre 60 chilometri. Il toponimo deriva da sinu, per via dell’insenatura dove sorge il paese, che nel Medioevo faceva parte del giudicato d’Arborea e durante la dominazione aragonese divenne possedimento del barone di Tuili prima e del marchese di Laconi poi.
Al Comune di Sini appartiene parte de sa Jara Manna, la Giara, altopiano basaltico di origine vulcanica, dimora di cavallini selvatici unici in Europa: è un luogo selvaggio e incontaminato senza confronti, ideale per escursioni di trekking, in bici e a cavallo. Altro fiore all’occhiello naturalistico di Sini è il parco di Cracchera, impreziosito nei periodi di piena dalla cascata di su Strumpu.
Nel centro abitato sorgono la parrocchiale di santa Chiara d’Assisi, patrona celebrata a metà agosto, e l’antica chiesetta di san Giorgio megalo. A fine aprile il paese si anima con la festa in suo onore, cui sono associate manifestazioni folkloristiche, mostre d’artigianato e, soprattutto, la sagra de su pani ‘e saba, occasione per assaggiare il prelibato dolce a base di mandorle, uvetta e sapa, che ogni attira migliaia di visitatori.
Il fertilissimo e accogliente territorio di Sini, le cui attuali attività prevalenti sono agricoltura e allevamento, è costellato di eredità preistoriche e di siti dove sono state rintracciate tombe, ceramiche e monete romane. Troverai sette nuraghi: Bruncu su Sensu, Buccascala, Perdosu, Scala ‘e Brebeis, Sedda e Siorus e Bruncu Suergiu, sulla Giara, al confine con Genoni. Attorno a quest’ultimo emergono anche i resti di un insediamento punico-romano.
Nuraghe e museo Genna Maria
A oltre 400 metri d’altezza, immerso in parco alberato profumato da essenze mediterranee, domina l’intera Marmilla: la vista arriva sino al golfo di Oristano a ovest e sino a Cagliari, distante 50 chilometri, a sud. Il complesso nuragico di Genna Maria sorge a controllo del territorio su una collina a un chilometro da Villanovaforru, paese, fondato sotto la dominazione spagnola, divenuto famoso dopo la sua scoperta a metà del Novecento. È un nuraghe a struttura complessa: in origine, nel XV secolo a.C., un torrione centrale (alto dieci metri) con camera interna era circondato da un bastione a tre grandi torri unite da spesse mura, che tuttora racchiudono un cortile con pozzo in parte scavato nella roccia. In una seconda fase, agli inizi del Bronzo recente (XIII secolo a.C.), la torre fu racchiusa e parzialmente rifasciata da un bastione di quattro torri con feritoie. A sua volta l’antemurale quadrilobato, che presumibilmente aveva funzione difensiva, fu racchiuso (XI a.C.) da una possente cinta muraria a sei torri angolari. All’interno e all’esterno di essa c’è il villaggio, nato attorno al X a.C. e costruito in più fasi, come testimonia l’evoluzione delle abitazioni. Le capanne più recenti hanno strutture complesse a pianta centrale, con vani ellittici, quadrangolari e rettangolari, funzionali e decorati con varie forme. Eccezionale è la ‘casa a corte centrale’, ampia 150 metri quadri e suddivisa in ambienti che convergono in un unico cortile.
Il complesso rimase a lungo spopolato nell’età del Ferro, poi, in epoca punica-romana (dal IV a.C.), fu usato per scopi votivi in onore di Demetra e Core: nel cortile a cielo aperto si compivano cruenti sacrifici, mentre al centro del vano c’era il sacello destinato a simulacro ed ex voto dei fedeli. I preziosi reperti, ben 600 lucerne, monete, vasi vitrei e fittili, fiasche, brocchette, portabrace, pintadere, coppe di cottura, macine, ossa animali, sono riferibili a sette secoli di frequentazione e testimoniano l’operosità della comunità nuragica e post-nuragica. Oggi sono custoditi in un’elegante palazzina ottocentesca al centro del paese, un tempo ‘monte granatico’, divenuta museo archeologico Genna Maria. Espone anche i ritrovamenti prenuragici, nuragici, punici, romani e tardoantichi provenienti da insediamenti, necropoli, tombe monumentali dei paesi della Marmilla che formano il consorzio sa Corona Arrubia. All’interno rivivrai le fasi di vita quotidiana dei popoli nuragici e l’evoluzione dei riti sacri, sino a quelli romani e bizantini.
Albagiara
È un piccolo paesino di meno di trecento abitanti ai piedi dell’altopiano della Giara di Gesturi, nell’Alta Marmilla. Albagiara divenne comune indipendente nel 1959, staccandosi da Usellus. Da frazione si chiamava Ollastra Usellus poi assunse il nome attuale, che fa poeticamente riferimento al sorgere del sole sul ciglio della Giara. Il paesino è suddiviso in quattro vicinati: san Pietro, Planu-Ibba, Pinna Fiscura e su Forraxi, caratterizzati da abitazioni in pietra e antichi portali.
Il territorio di Albagiara è ricco di testimonianze archeologiche risalenti a età nuragica ed epoca romana. Sorge, infatti, vicinissimo all’antica città di Uselis, fondata dai romani in età tardo-repubblicana e ribattezzata come colonia in età imperiale Iulia Augusta Uselis, ricordata dal geografo Tolomeo e nominata in una tavola bronzea del 158 d.C. (conservata al museo Archeologico nazionale di Cagliari). I primi registri canonici in cui appare il nome di Ollastra Usellus risalgono al 1341. In epoca medioevale il centro entrò a far parte del giudicato di Arborea.
Una visita culturale al centro del borgo non può prescindere dall’affascinante chiesa parrocchiale di san Sebastiano, ricostruita, su un impianto probabilmente medievale, tra Seicento e Settecento, come indicano il prospetto curvilineo con coronamento ad arco inflesso e le cappelle laterali aggiunte.
Nel territorio circostante si estende il bosco di su Padenti, rigoglioso di lecci, roverelle e sughere, che offrono frescura e riparo al visitatore nelle calde giornate estive. Le olive, da cui si ricava una qualità d’olio particolarmente gustosa, e le mandorle, base dei dolci tradizionali che allietano le feste religiose (amaretti, gateau e gueffus), sono tra le produzioni d’eccellenza dei campi di Albagiara.
Cala Domestica
Fino al 1940 da qui si imbarcavano minerali estratti dalle miniere. Come un vero e proprio museo di archeologia industriale a cielo aperto, Cala Domestica, a sud di Buggerru, da cui dista due chilometri, conserva rovine di magazzini, depositi e gallerie scavate dai minatori. Una di esse sulla destra della cala conduce a una seconda caletta appartata, quasi intima, detta appunto La Caletta.
La cala maggiore è una profonda e deliziosa insenatura, quasi un fiordo, con un’ampia e riparata spiaggia di sabbia dai colori tra il bianco, l’ambrato e il dorato, soffice e compatta. Piccoli arbusti di macchia mediterranea spuntano sulle dune alle spalle della distesa di sabbia. Davanti, si affaccia un mare tra i più belli della Sardegna, dai colori turchese e azzurro.
Le imponenti e bianche falesie calcaree che delimitano la spiaggia danno la sensazione di stare in un angolo di paradiso, dove la natura incontaminata la fa da padrone. Il fondale è basso e sabbioso, con la presenza di qualche scoglio al largo e vicino ai promontori. Non esiterai a metterti la maschera e immergerti per ammirare la straordinaria ricchezza sottomarina, con una grande varietà di pesci che nuotano nell’acqua cristallina. Non a caso è particolarmente apprezzata da quanti praticano pesca subacquea. Cala Domestica ha un ampio parcheggio, anche area di sosta per i camper, punto ristoro, passerella d’accesso e un camping. È dominata dall’alto da una torre spagnola del XVIII secolo, alta circa 10 metri, da cui ammirare panorami inimitabili: la raggiungerai sul promontorio a sinistra del litorale attraverso un sentiero che parte della spiaggia. Fu usata nel XX secolo durante la seconda guerra mondiale come torre d'avvistamento.
Vari tratti della costa attorno ti affascineranno: vicino al centro abitato, alla destra del moderno porticciolo turistico, spunta la spiaggia di Buggerru, sabbia fine e morbida che si affaccia sul mare limpido e azzurro (premiato da Legambiente e Touring Club). Il paese sorge su un ex villaggio minerario, risalente al 1864, sovrastato dall’uscita della Galleria Henry, un tempo percorsa da un treno a vapore che trasportava il minerale estratto, oggi attrazione turistica. A nord del paese troverai le dune sabbiose di san Nicolao, alle cui spalle spunta rigoglioso un rimboschimento di pini, area verde perfetta per escursioni in mountain bike.