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Monte Pulchiana

Il suo profilo ricorda un panettone, in realtà è il monolite di granito più grande della Sardegna. Monte Pulchiana spicca su un altopiano nel territorio di Tempio Pausania, anche se il centro più vicino è il borgo di Aggius. È un inselberg, cioè un rilievo granitico, compatto e isolato, a forma di cupola; si è originato dal disfacimento della roccia, derivante dal processo chimico di idrolisi, quindi per azione dell’acqua. Rappresenta un unicum nell’Isola sia per le dimensioni, sia per il paesaggio in cui è immerso: un vero e proprio giardino di granito, con tafoni, tor e agglomerati di blocchi rocciosi. Non a caso è stato dichiarato monumento naturale dalla Regione Sardegna nel 1994. Noterai la particolarità del suo colore, con sfumature rosa e giallastre, dovute all’ossidazione. La parete est del rilievo è attraversata in diagonale da una vena di quarzite ed è particolarmente apprezzata da esperti e appassionati di climbing. Contiene l’unica via in Gallura dotata di spit e una delle rarissime in Sardegna aperte su pareti di granito.

Dalla sommità, a 673 metri di altitudine, la tua vista si allargherà su tutta l’alta Gallura, sui colli e gli abitati di Luras, Calangianus e Tempio, fino al massiccio del Limbara. Ai suoi piedi, nell’altopiano di Lu Parisi, si estendono manti di macchia mediterranea, cisti e sugherete, attraversati da piacevoli percorsi di trekking. Osserverai anche ginepri e asfodeli, oltre ad alcuni endemismi, come la ginestra di Corsica. La fauna comprende volpi, lepri e martore, e attorno alla cima volteggiano corvi imperiali, poiane, barbagianni ed esemplari di pernice sarda. Un’altra imperdibile particolarità, a pochi passi dal Pulchiana, è l’edificio in pietra detto anche la ‘casa dei puffi’. In realtà, il suo vero nome è Conca Fraicata: è un piccolo rifugio ricavato dentro una cavità rocciosa. Al suo cospetto, tra rocce e vegetazione, ti sembrerà di trovarti in un film fantasy.

L’area è disseminata di testimonianze archeologiche: diversi tafoni, noti come le ‘conche di Pulchiana’, erano usati in epoca preistorica come sepolture. In alcuni casi noterai tracce di muretti a secco costruiti per chiudere le tombe. Nei paraggi vi sono, inoltre, resti di nuraghi a corridoio e di domus de Janas. Dirigendoti a ovest potrai esplorare la piana dei Grandi Sassi – nota anche come ‘valle della Luna’ -, è un paesaggio incontaminato in una conca delimitata da una ‘cornice’ di creste granitiche, con rocce dalle forme bizzarre. Nel cuore della valle è stato eretto il nuraghe Izzana, forse il più grande edificio gallurese risalente all’età del Bronzo.

La Maddalena

Una strada percorre tutto il suo perimetro, 45 chilometri di panorami mozzafiato: graniti e porfidi delimitano tratti frastagliati, insenature solitarie, calette silenziose e spiagge candide e mare turchese, nell’entroterra si distendono dolci colline. La Maddalena è la sorella maggiore di circa 60 tra isole e isolotti che compongono il più vasto arcipelago della Gallura e dell’intera Sardegna, protetto dal parco nazionale istituito nel 1994, meraviglia incontaminata del Mediterraneo. L’isola è meta ideale di vacanze all’insegna delle bellezze naturali: a tre chilometri dall’abitato sentieri fra la macchia mediterranea ti faranno scoprire il fiordo di Cala Francese, famoso per una cava di granito pregiato, fonte di ricchezza per secoli. A sud, seguendo il lungomare di Padule, si arriva al Nido d’Aquila, vicino a una fortezza militare. Non lontano, un’altra meraviglia di sabbia e scogli levigati, Punta Tegge. A nord, ecco cale fatte di dune di sabbia bianca finissima, circondate da rocce modellate dal tempo: Cala Lunga, Monti d’Arena e Bassa Trinita, spiaggia sormontata da una settecentesca chiesetta, luogo di sentita devozione. A oriente ammirerai la deliziosa caletta di Spalmatore: sabbia color crema incorniciata da macchia mediterranea e impreziosita da rocce color rosa.

L’isola, abitata nella preistoria, fu abbandonata dalla caduta dell’impero romano d’Occidente fino al XVII secolo, quando una colonia di pastori corsi vi si stabilì creando l’attuale comunità. La sua posizione strategica, passaggio obbligato nelle Bocche di Bonifacio l’ha resa avamposto militare, di cui sono testimoni fortificazioni oggi visitabili, e attrasse, tra gli altri, Napoleone Bonaparte, respinto dalla flotta comandata dal maddalenino Domenico Millelire(1793). È stata a lungo base della Marina militare italiana e di quella statunitense, dismessa definitivamente a inizio 2008. I sommergibili USA stanziavano a Santo Stefano, quarta isola dell’arcipelago per grandezza. Oggi La Maddalena ospita una scuola sottufficiali ed è sede di compartimento marittimo. La cittadina, unica dell’arcipelago, è popolata da oltre undicimila abitanti. Il suo porto s’affaccia su Palau, da cui dista 15 minuti di traghetto. Sui vicoli lastricati del centro si affacciano palazzi di fine XVIII secolo e la parrocchiale di santa Maria Maddalena. Nella sua sacrestia ha sede il museo diocesano d’arte sacra, dove è esposto il tesoro della santa patrona, che comprende il crocifisso e due candelieri d’argento donati dall’ammiraglio Nelson (1804). È il luogo della memoria storica della città. Nel porticciolo di Cala Gavetta si innalza una colonna con l’effigie di Giuseppe Garibaldi, che visse gli ultimi 26 anni a Caprera, collegata alla Maddalena dal passo della Moneta, istmo artificiale di 600 metri. La seconda isola più grande dell’arcipelago era il ‘giardino’ dell’Eroe dei Due Mondi, celebre oggi per il Compendio garibaldino, il museo più visitato in Sardegna. Il verde incontaminato è contornato da splendide insenature, una più bella dell’altra: spiccano cala Coticcio, la Tahiti sarda), cala dei Due Mari e la spiaggia del Relitto. A Stagnali, borgo militare durante le guerre mondiali, oggi centro di educazione ambientale, c’è il museo geomineralogico naturalistico, dove ammirerai rocce e rari minerali, come enormi cristalli di quarzo, sabbie di spiaggia e fossili. In città potrai proseguire il tour culturale nel museo del Mare e nel museo archeologico navale Nino Lamboglia, dedicato al relitto di Spargi, una nave oneraria romana, che naufragò nelle acque della splendida terza isola maddalenina verso il 120 a.C. Vedrai la ricostruzione dello spaccato dello scafo in scala naturale con dentro 200 anfore vinarie e vasi da mensa rinvenuti nei fondali. Spargi, oltre a immersioni, ti offre capolavori della natura, tra cui spicca Cala Corsara, bouquet di quattro calette di sabbia impalpabile, contornate da ginepri, ginestre e gigli marini. Dal porto della Maddalena partirai in barca alla scoperta anche delle altre isole del parco: accanto, Santo Stefano, punteggiata da calette, cave di granito e strutture ricettive; a nord-ovest Budelli, celebre per la mitica (e inaccessibile) spiaggia Rosa, set cinematografico del ‘Deserto rosso’ di Antonioni; nell’estremo nord le bellissime Razzoli e Santa Maria; a sud, di fronte alla Costa Smeralda, le granitiche isole delle Bisce e di Mortorio. dimora di rara avifauna.

Luogosanto

Un luogo ‘sacro’ e autentico dove il tempo scorre lento, accogliente meta di pellegrinaggi, che deve il nome a devozione che caratterizza la sua comunità e a 22 santuari disseminati nel suo territorio. Luogosanto è un borgo di meno di duemila abitanti nel cuore della Gallura, sulle pendici del granitico monti Ghjuanni, dove spicca un sito nuragico con intatta (e visitabile) ‘capanna delle riunioni’. La fondazione del paese risale a inizio XIII secolo all’arrivo dei francescani, che vi impiantarono il convento, uno dei primi realizzati con san Francesco in vita. Oggi, ristrutturato, ospita il Museum Natività beata Vergine Maria, centro di documentazione del Medioevo in Gallura, che ripercorre le vicende storico-religiose locali ed espone gli ex voto donati nei secoli alla Madonna bambina. A lei è dedicata la basilica di Nostra Signora di Luogosanto, realizzata in conci di granito con forme romaniche dai francescani. Custodisce una Madonna lignea (‘Regina di Gallura’) e, nel XVIII secolo, ha ricevuto il privilegio della porta santa: dagli anni Settanta del XX secolo è una porta bronzea, opera di Luca Luchetti, aperta ai pellegrini ogni sette anni per un anno. Secondo leggenda fu eretta dove la Madonna apparve a due frati dando loro indicazioni sulle reliquie dei santi Nicola e Trano. I monaci le trovarono su un rilievo roccioso: lì nel 1227 sorse il santuario per i due martiri inglobando la grotta dove si dice vivessero. Noto come eremo di san Trano, il suo altare è un blocco in pietra e la grotta forma un’abside naturale.

Dopo uno spopolamento di due secoli, Luogosanto riprese vigore nel XVII grazie agli stazzi, tipici insediamenti rurali: nel suo territorio ne sono stati censiti 350, la cui storia è documentata dal museo Agnana. Oggi il borgo è fatto di strette vie lastricate e case simili a palazzi signorili con balconcini in ferro. Dal paese parte un itinerario che ti porterà a scoprire altri siti medioevali, lungo stradine in mezzo a boschi di querce e monumenti naturali, da percorrere a piedi, in bici o a cavallo. Visiterai i resti di villa de Sent Steva, complesso ‘in vita’ fino a metà XIV secolo costituito da 16 ambienti che si affacciano su un piazzale. All’angolo sud-est ci sono i ruderi del Palazzo di Baldu, forse proprietà di Ubaldo Visconti, giudice di Gallura (1225-38). Appartiene al complesso anche la chiesetta di santo Stefano (XVII secolo). In cima al monte san Leonardo sorge il castello di Balaiana, accessibile da una scalinata. Risalente all’XI secolo, fu residenza estiva dei giudici. Restò in piedi fino all’avvento degli aragonesi. Attraverso un sentiero dalla fortezza giungerai alla chiesa di san Leonardo, in origine cappella del castello, oggi rara architettura romanica gallurese. Vicino, altri santuari: San Gavino di Li Coddi, coperto in ginepro, e San Salvatore, tutto in granito. Vicino al paese c’è la chiesa di san Quirico, che ospita a inizio agosto una delle sagre campestri che da aprile a novembre animano la comunità. Il culmine è a inizio settembre con la festa manna. Da non perdere ad agosto Calici DiVini, occasione per gustare il vermentino.

La Cinta

La spiaggia più famosa di San Teodoro in uno dei contesti naturalistici più belli del Mediterraneo, raggiungibile a piedi dalla periferia nord del centro abitato. La Cinta crea un arco lungo cinque chilometri di dune di sabbia bianca e sottile che degradano dolcemente, prive di scogli, in un mare azzurro e limpido, profumate da ginepro, giglio marino ed elicriso, che adornano un paesaggio rimasto incontaminato nonostante sia frequentatissimo. Il suo fondale è basso e limpido: è una spiaggia amata da famiglie con bambini, giovani e appassionati della natura.

La Cinta si affaccia, verso il mare, sull’a​rea marina di Punta Coda Cavallo – isola di Tavolara, che si erge col suo profilo imponente quasi di fronte alla baia, e verso l’entroterra sulla laguna di San Teodoro. Grazie alla sua varietà ambientale, è un lucente angolo di biodiversità dove si coniugano relax del mare e gusto dell’avventura.

È il luogo ideale per lunghe passeggiate. Ammirerai aspetti di grande interesse legati all’avifauna e al birdwatching: folaghe, fraticelli, aironi rossi e germani reali vivono indisturbati nella laguna. Se desideri vedere da vicino i fenicotteri rosa, qui resterai a bocca aperta: tantissimi popolano le acque salmastre a ridosso delle dune.

La spiaggia è attrezzata di tutti servizi: parcheggi, punto informazioni turistiche - per organizzare itinerari nei dintorni - beach bar, noleggio di attrezzatura balneare, canoe e pattino, escursioni in gommone e gite di pesca, sport acquatici, scuola di vela e di kite surf. Per questa emozionante specialità c’è un’area dedicata agli appassionati di vacanze attive (la kite zone).

La Cinta è la spiaggia simbolo di San Teodoro e si chiude a nord con Puntaldìa. Appena superato il promontorio, troverai altre due opere d’arte delle natura, separate fra loro da Capo Capicciolu: Lu Impostu, un chilometro di dune di sabbia candida, finissima e soffice, punteggiate da ginepri e mimose, e Cala Brandinchi, conosciuta come Tahiti, una delle attrazioni maggiori di tutta l’Isola. Ancora più a sud, troverai s’Isuledda, che non è da meno per bellezza dell’arenile e limpidezza del mare.

Calangianus

Famoso per la produzione di sughero, che l’ha reso uno dei centri sardi più ricchi (e l’ha collocato dal 1979 tra i cento Comuni più industrializzati d’Italia), si adagia, a 500 metri d’altitudine, in una conca protetta da rilievi granitici e boscosi del massiccio del Limbara, nella Gallura più profonda. La prima notizia su Calangianus, identificato nell’Antichità con l’oppidum Calangiani nella strada tra Olbia e Tibula (odierna Castelsardo), risale al 1100. Il suo centro storico è articolato in strade lastricate di granito (altro tratto della sua prosperità), con case in pietra disposte attorno alla parrocchiale di Santa Giusta. Caratterizzata anch’essa da facciata in granito del XIV secolo, è stata arricchita nel XVI secolo da un dipinto raffigurante l’Assunzione e a inizio Novecento da affreschi e opere marmoree. Alla chiesa è legato il museo diocesano d’Arte sacra, spazio espositivo ricavato nell’oratorio di Nostra Signora del Rosario, adiacente alla parrocchiale: ammirerai una collezione di preziosi pezzi risalenti al XVI e XVIII secolo, specie oggetti liturgici.

Nel nucleo più antico del paese sorge la chiesetta di Sant’Anna (1665), sempre in granito, che conserva un dipinto ottocentesco raffigurante la santa. In periferia, si trova la chiesa di Santa Maria degli Angeli, dietro cui c’è il convento dei cappuccini, costruito nel 1705 e soppresso nel 1866. Restaurato, oggi ospita il museo del sughero, che racconta tradizione-simbolo del paese con esposizione di antichi macchinari e oggetti in sughero. In campagna spiccano anche le chiese di santa Caterina e di san Leonardo, risalente al 1623. Tra le sugherete del parco omonimo, si trova il santuario di San Sebastiano martire, del Settecento. Ai margini dell’abitato, su un colle, si trova la fonte Sigara, meta di passeggiate tra boschi e panorami mozzafiato.

Nei boschi di sughere vicino al paese, in località Badu Mela, alle falde settentrionali del monte di Deu, sorgono le tombe di Giganti di Pascareddha, monumento del Bronzo medio-recente (1700-1400 a.C.). Altre realtà archeologiche interessanti del II millennio a.C. sono anche la fonte sacra di Li Paladini e il nuraghe Agnu, affiancato da un dolmen. Degli altri otto nuraghi calangianesi, tre sono in buone condizioni. Il territorio di Calangianus occupa il versante orientale del monte Limbara, dove si distendono foreste di leccio, conifere e macchia mediterranea. In particolare, la rigogliosa vallata del rio santu Paulu, parte suggestiva del parco del Limbara, con percorsi da fare a piedi e in bici, lungo i quali godrai di splendidi panorami, così come nel parco di Stazzana, impreziosito da lecci secolari.

Oschiri

Ai confini tra Logudoro e Gallura, si distende ai piedi del massiccio granitico del Limbara e si affaccia sullo splendido scenario del Coghinas, meta di appassionati di pesca sportiva, sci nautico e kayak. Oschiri è un centro agropastorale di tremila e 300 abitanti, noto per carni bovine, vermentino, formaggi e soprattutto per le panadas, pasta sfoglia ripiena di carni e aromi naturali. A questo piatto-simbolo del paese, ad agosto, è dedicata una sagra, in combinazione con la fiera agroalimentare della Gallura. Attorno all’abitato si perdono a vista d’occhio vallate punteggiate di lecci, sugherete e macchia mediterranea. Imperdibile è l’escursione nella foresta su Filigosu, oasi protetta dove ammirare cervi, daini, donnole, mufloni e il volo di aquile, falchi e sparvieri.

Case basse e strade strette, pavimentate in pietra, caratterizzano il centro storico. Qui sorgono la parrocchiale della beata Vergine Immacolata, del XVIII secolo, rifatta nel 1903, e la chiesa romanica di san Demetrio dell’XI secolo. Allo stesso secolo risalgono le chiese campestri di san Giorgio, san Pietro, san Sebastiano, Nostra Signora di Othi, parrocchiale di un villaggio abitato sino al XVII secolo, e soprattutto, a cinque chilometri da Oschiri, Nostra Signora di Castro, cattedrale da fine XI secolo al 1508. Il complesso, circondato da mura, è costituito da chiesa, cumbessias (alloggi per pellegrini) e un edificio a due piani. La chiesa, coeva di Nostra Signora del Regno di Ardara, rispecchia lo stile romanico-lombardo con facciata in trachite rosa. Le celebrazioni sono la domenica dopo Pasqua. L’ex cattedrale è ciò che rimane dell’antico villaggio di Castra: l’area, frequentata da età nuragica fino all’alto Medioevo, è una delle più ‘romanizzate’ dell’Isola. Sul colle di san Simeone spuntano le rovine di un insediamento fortificato, il castrum di Luguido, centro militare e stazione di sosta e controllo, dove sono stati rinvenuti tesoretti monetali. Forse ci fu continuità tra epoca romana e bizantina: materiali archeologici ed elementi culturali confermano che si diffusero soldati, mercanti e religiosi di origine greca.

Mentre le prime testimonianze umane sono del III millennio a.C: 70 domus de Janas, oltre metà delle quali compongono le necropoli di Malghesi (25 domus) e di Pedredu (tredici). Altre tre sono in località Puttu Iscia, immerse nel verde. A riti sacri e funerari neolitici fanno riferimento anche dolmen e menhir di monte Cuccu, monte Ulìa e di Berre. Il sito prenuragico più celebre ed enigmatico è il complesso di santo Stefano, un’area in periferia del paese ricca di rocce tafonate, compresa tra una necropoli con otto domus e la chiesa di santo Stefano (forse bizantina). Ammirerai un altare rupestre e pareti granitiche istoriate, nelle quali sono state scolpite nicchie con incisioni geometriche e coppelle. Nel territorio oschirese sono censiti circa 60 insediamenti nuragici, tra cui i nuraghi monotorre Accas Alvas, Longu e monte Uri con singolare pianta quadrangolare, e i complessi Lu Nuraconi e sa Conchedda. Dal sito nuragico di Lughéria proviene un famoso carretto in bronzo, forse cofanetto per oggetti preziosi, esposto in paese al MuseOs, insieme a due navicelle votive bronzee e monete. Il museo è anche etnografico e dedicato al castrum romano.

Bortigiadas

Un caratteristico borgo agropastorale, un tempo enclave logudorese in Gallura, Comune più piccolo del nord-est dell’Isola: meno 800 abitanti che vivono in 22 fra frazioni e stazzi (stanziamenti rurali), alcuni distanti decine di chilometri dal centro. Bortigiadas si erge a 450 metri d’altitudine in mezzo a rilievi che sfiorano i mille metri, a controllo di un territorio che si distende a oriente del fiume Coghinas e di Tempio Pausania e presenta interessanti aspetti geologici. Non a caso ospita (dal 1984) il museo mineralogico, che espone 800 esemplari di minerali, che rappresentano 250 specie, provenienti in prevalenza dalla zona del borgo e anche da altri territori sardi. Fra i reperti, numerosi ‘pezzi’ unici nell’Isola. A proposito di geologia, da non perdere a punta Salizi le rocce modellate dal vento nei secoli in meravigliose sculture naturali, che spuntano tra macchia mediterranea e boschi di sughere e lecci, in mezzo a splendidi panorami.

Le prime tracce documentali sul centro abitato risalgono al XIV secolo col nome di Orticlada, che apparteneva alla diocesi di Civita (oggi Olbia). Altri testi della Corona d’Aragona citano Gortiglaca o Bortiglassa. La forma attuale Bortigiadas è attestata nel 1779. Oggi vi si parla il gallurese ma fino alla metà del XX secolo la lingua era il logudorese. L’economia è prevalentemente basata sulla lavorazione della terra, in particolare sulle viticoltura: è area di produzione del vermentino di Gallura. Intorno all’agricoltura gravitano allevamento, artigianato, silvicoltura e ricettività rurale. Il borgo è caratterizzato da strette stradine che si articolano attorno alla parrocchiale san Nicola di Bari, costruita nel 1607 con cantoni in granito a vista nella facciata e tetto a capanna. La volta interna a botte è sostenuta da tre arcate; vetrate artistiche decorano le finestre. Conserva un dipinto di fine Seicento: ‘san Nicola e san Lucifero difensori della divina Maternità’. La devozione locale è simboleggiata da altre sei chiese, tutte nel centro abitato, comprese Santa Croce del XVIII secolo (restaurata nel 1980) e chiesa del Carmelo in stile tipicamente gallurese (XVIII secolo), eccetto San Pancrazio, poco fuori dal paese, dove viene celebrata la festa più sentita dalla comunità, a fine settembre. Tra le feste ‘profane’, da non perdere il festival della birra a metà agosto.

La domu de Janas di Tisiennari, scavata nella roccia e formata da quattro camere decorate, è la testimonianza più antica del territorio, risalente al Neolitico recente (IV millennio a.C.). Una cella presenta tipologia architettonica a falsa porta sormontata da corna taurine. Secondo alcuni archeologi l’uomo avrebbe abitato Tisiennari sin dal Paleolitico Inferiore, 300 mila anni fa. Altre domus de Janas testimoniano insediamenti umani sulla sponda destra del Coghinas. All’età nuragica risale il complesso su Nuracu, vicino al paese. In epoca romana forse Bortigiadas gravitava lungo la strada da Olbia a Tibula, vicino all’attuale Castelsardo.

La Marmorata

Giace ai piedi del promontorio che si allunga fino al punto più a nord della Sardegna, di fronte al mare turchese dai riflessi smeraldini, con di fronte le splendide isole settentrionali del parco dell’arcipelago della Maddalena. La spiaggia della Marmorata occupa un tratto costiero alla base di Capo Falcone, nel territorio di Santa Teresa Gallura, a cinque chilometri dall’abitato della cittadina gallurese. In realtà, la lunga distesa di sabbia morbida e bianca - con qualche sfumatura rosata in prossimità della battigia - è divisa in due parti da un tratto di scogliera, per cui le spiagge in realtà sono due. L’arenile più piccolo, a nord, è conosciuto come Marmoratina o La Laurina. Bellezza del mare e panorama, però, sono gli stessi: ammirerai acque dalle spettacolari tonalità verde smeraldo, dal quale affiorano alcuni scogli granitici. All’orizzonte, il tuo sguardo individuerà le isole più lontane dell’arcipelago maddalenino: Budelli, Razzoli e Santa Maria. Verso il promontorio, invece, noterai l’isolotto della Marmorata: raggiungibile a bordo di un pedalò, conserva i resti di una cava di granito di età romana.

La spiaggia è dotata di parcheggio, punti di ristoro, servizi di noleggio sdraio e ombrelloni, inoltre in acqua è presente una piccola area giochi per bambini. I più grandi possono divertirsi a cavalcare le onde: la Marmorata è un ottimo spot per wind e kite surf, specie quando soffia il grecale. La trasparenza dell’acqua, invece, invita allo snorkeling, mentre gli appassionati di diving e immersioni possono esplorare il relitto dell’Angelica, una nave da carico affondata negli anni Sessanta del XX secolo per una mareggiata. Uno dei picchi di carico del relitto sporge dall’acqua per alcuni metri, di fronte all’isolotto. Attraverso un sentiero di trekking, partendo dalla spiaggetta della Marmoratina, potrai addentrarti nel promontorio di Capo Falcone fino a raggiungere Punta Falcone, l’estremo limite settentrionale della Sardegna, intesa come isola. Il sentiero passa attraverso l’area di una fortificazione militare, costruita all’alba del secondo conflitto mondiale: osserverai fortini, casermette, vedette e, soprattutto i resti della batteria Ferrero. Contava cinque cannoni antinave disposti a livelli sfalsati, collocati in piazzole circolari. Attorno, si conservano tracce di bunker e binari. Ti sorprenderà notare alcune strutture ‘camuffate’ da nuraghe. Settecento metri più a sud osserverai anche ciò che resta dell’ex stazione semaforica di Capo Falcone, che durante il XX secolo regolava il traffico navale nel pericoloso braccio di mare delle Bocche di Bonifacio.

Porto Pollo

Un’insenatura dall’acqua turchese e dalla sabbia bianca e fine, completamente circondata da arbusti di macchia mediterranea. A metà strada tra Palau e Santa Teresa Gallura, nei pressi della foce del Liscia, Porto Pollo (in gallurese Portu Puddu) unisce la terraferma alla bellissima i​sola dei Gabbiani (o Isuledda) con una sottile lingua sabbiosa. Le due ‘spiagge-istmo’ - la seconda è detta dell’Arenaria - si aprono a ventaglio con dune coperte di lavanda, ​lentisco e ginepro e sono una palestra naturale per gli sport acquatici. La località è costantemente battuta dal vento, a tratti forte, perciò è una meta particolarmente ambita di velisti e appassionati di windsurf e kite surf. Da una parte o dall’altra della baia, ci saranno, alternativamente, condizioni ideali per surfare oppure di mare piatto.

Per chi ha il windsurf nell’anima, vento fra i capelli, vela spiegata e scia sulle onde saranno la costante della vacanza. Anche nella vicina località Barrabisa. Mentre per i meno sportivi o per chi è alla ricerca di distensione, ecco giornate rilassanti e tramonti poetici, al riparo da venti.

La baia è molto frequentata. Ha un ampio parcheggio, adatto anche ai camper, e accessibile a diversamente abili. Grazie al basso fondale è adatta al gioco dei bambini. Potrai noleggiarvi ombrelloni e natanti. Immancabile anche una scuola di windsurf e vela. Bar, ristoranti, alberghi e camping sono immersi in calette rocciose riparate con attorno i colori e gli odori della macchia mediterranea, tratto caratterizzante della costa gallurese. Non perdere occasione per perlustrare tutti i 18 ettari del paradiso naturalistico dell’isola dei Gabbiani, e nelle vicinanze, non mancare la visita gli atri tesori di Palau: la bellezza indomabile di punta Sardegna, le fattezze esotiche di C​ala Trana​, la splendida Porto Faro e il monumento naturale della Roccia dell’Orso. Di fronte al tuo sguardo si aprirà il panorama offerto dalle isole dell’arcipelago della Maddalena.

Palau Vecchio

Il tratto finale della vecchia ferrovia segue per pochi metri la linea di costa, regalando una vista sul mare aperto, poi le rotaie oggi percorse dalla tratta turistica del Trenino Verde, proseguono il loro andamento affiancandosi alla pineta, a pochi passi dall’arenile. Qualche gradino più in basso si distende un ‘tappeto’ di sabbia dorata, incorniciato da una scenografica passeggiata e lambito da acque limpide. Palau Vecchio è un luogo che non si dimentica, un paesaggio da cartolina, incantevole e un po’ retrò, è il litorale al quale gli abitanti di Palau sono più affezionati e che più volte è stato premiato con la Bandiera Blu della Foundation for Environmental Education (Fee).

La spiaggia è ideale per le famiglie con bambini, grazie al basso fondale sabbioso e al riparo dalla calura pomeridiana garantito dalla pineta, mentre la trasparenza delle sue acque la rende una meta adatta agli appassionati di snorkeling. È accessibile ai diversamente abili, con una passerella in legno che conduce direttamente in acqua, nelle vicinanze, inoltre, ci sono bar e punti ristoro. Il panorama che ti si presenta davanti alla spiaggia è spettacolare: il mare dai riflessi tra verde smeraldo e azzurro all’orizzonte lascia spazio al profilo di Santo Stefano, e, dietro alle due isole maggiori del parco nazionale dell’arcipelago, La Maddalena e Caprera. Oltre la pineta, pochi passi ti condurranno alla spiaggia di Porto Faro, distesa lungo un’insenatura e dominata da un caratteristico faro. Qui la sabbia è bianca e fine e affiorano rocce granitiche rosa. Il verde mediterraneo arriva quasi a lambire il mare.

Palau Vecchio non è la sola spiaggia palaese a fregiarsi della Bandiera Blu: le fa compagnia l’Isolotto, piccola spiaggia accanto al porto turistico, con caratteristiche simili a Porto Faro: sabbia bianca e scogli affioranti, mare dalle tonalità cangianti.

Pochi chilometri separano le spiagge cittadine dal simbolo di Palau, un monumento scolpito da un’artista d’eccezione, la Natura: è la Roccia dell’Orso, il cui capo è rivolto verso il mare e anticamente veniva usata come punto di riferimento dai marinai. Nella direzione opposta, a ovest dell’abitato, compaiono altre ‘perle’ del litorale palaese:Sciumara, caratterizzata da sabbia color crema, fitta macchia mediterranea e un mare azzurro intenso, e Porto Rafael, una delle prime borgate esclusivamente turistiche nate nel nord Sardegna, dove spiccano bianche casette sparse nel verde.