È centro geografico ed economico della Trexenta, territorio storicamente ricco, soprannominato in Antichità ‘granaio di Roma’. Senorbì è un paese di cinquemila abitanti in crescita demografica - raro caso tra i Comuni sardi non costieri - basato su coltivazione di barbabietole da zucchero, frumento, oliveti e vigneti, e riferimento commerciale della zona. Il suo fertile territorio abbraccia colline e tratti pianeggianti, solcati da sentieri da percorrere in mountain bike o a cavallo. I colori cambiano col ciclo agricolo: il bruno della terra in autunno, il verde del grano in crescita in primavera, distese bionde delle messi in estate. La passione per il cavallo è fortissima: per la festa di santa Vitalia, cavalieri di tutto il sud Sardegna si sfidano al trotto durante is Cuaddus de santa Vida, con arrivo nella frazione di Sisini, nell’ottocentesca villa Aresu.
Altre dimore padronali impreziosiscono il centro storico, formato da un intreccio di strade strette su cui si affacciano case di matrice rurale. Completano il quadro la parrocchiale di santa Barbara, la seicentesca chiesa di san Sebastiano e la chiesa di santa Mariedda, costruita a fine XIII secolo come santuario di Segolay, villa medioevale principale della Trexenta. In facciata si distinguono gli ordinati filari di conci di arenaria della ‘fabbrica’ romanica. La festa per la santa è a inizio agosto, preceduta a fine luglio dalla festival del folklore. Un’altra casa ottocentesca è stata adibita a museo archeologico: sa Domu nosta. Manufatti prenuragici provengono da abitati e necropoli: del III millennio a.C. è la celebre dea madre mediterranea, idoletto ritrovato in località Turriga (Selegas), testimone degli scambi con l’Egeo. Nel percorso museale segue l’età nuragica. Nelle campagne di Senorbì sono rimasti l’imponente su Nuraxi a Sisini con planimetria inconsueta, simile a un tempio a pozzo, parte della torre del nuraghe di Simieri e resti di quello di monte Uda. Fondamentale reperto nuragico è il miles cornutus, bronzetto che raffigura un guerriero con altissime corna sull’elmo, rinvenuto vicino al paese (1841), oggi custodito nel museo archeologico nazionale di Cagliari. L’arrivo dei cartaginesi mutò profondamente l’area: acropoli e abitazioni (forse anche officine fusorie) costituiscono l’insediamento della collina di Santu Teru (VI-III a.C.), connesso alla necropoli di monte Luna, composta da 120 tombe, per lo più ‘a pozzo’, altre a fossa, alcune decorate con ocra rossa. I ricchi corredi funebri confermano che si trattava di un fiorente centro: amuleti in talco, pasta silicea, metallo, osso e vetro, anfore, brocche, bruciaprofumi, coppe, lucerne, piatti, monete, monili e gioielli in oro, argento, bronzo e ferro (anelli, bracciali, diademi orecchini e vaghi di collana). Sono attestati manufatti d’ispirazione egizia e d’importazione greca e centro-italica. Insieme ai resti di una villa in località Bangiu, Monte Luna rappresentò anche il centro più importante in epoca romana. Si ipotizza che gli abitanti superstiti abbiano fondato Senorbì.