Trenta nuraghi e dieci tombe di Giganti in 37 chilometri quadrati: è la densità delle eredità risalenti all’età del Bronzo che ha fatto sì che fosse attribuito a Cabu Abbas, zona del Logudoro-Meilogu dove sorge Torralba, l’appellativo di ‘valle dei nuraghi’. Su tutte le testimonianze protostoriche spicca il Santu Antine e sui reperti di scavo provenienti dal più imponente complesso nuragico, insieme a su Nuraxi di Barumini, si basa l’esposizione del museo della valle dei nuraghi.
Il museo torralbese si articola in due sezioni, archeologica ed etnografica. La prima occupa quattro sale e il giardino-lapidario e ricopre un arco temporale che parte dalla preistoria per giungere fino al Medioevo.
Trenta nuraghi e dieci tombe di Giganti in 37 chilometri quadrati: è la densità delle eredità risalenti all’età del Bronzo che ha fatto sì che fosse attribuito a Cabu Abbas, zona del Logudoro-Meilogu dove sorge Torralba, l’appellativo di ‘valle dei nuraghi’. Su tutte le testimonianze protostoriche spicca il Santu Antine e sui reperti di scavo provenienti dal più imponente complesso nuragico, insieme a su Nuraxi di Barumini, si basa l’esposizione del museo della valle dei nuraghi.
Il museo torralbese si articola in due sezioni, archeologica ed etnografica. La prima occupa quattro sale e il giardino-lapidario e ricopre un arco temporale che parte dalla preistoria per giungere fino al Medioevo. Ammirerai un plastico della ‘reggia’ di Santu Antine, proiettili in pietra calcarea, strumenti da lavoro e cucina, un frammento di un modellino di nuraghe e due ritrovamenti particolari: un bronzetto raffigurante un cagnolino e un misterioso vaso. Il recipiente fu ritrovato casualmente sul fondo di un pozzo non ancora indagato all’interno di una delle torri del nuraghe. Si tratta di un unicum, in quanto finora non è stato ritrovato un vaso di simile tipologia, è alto quasi 20 centimetri e fu intenzionalmente danneggiato per impedirne l’uso, forse per motivi cultuali o funerari, come omaggio al proprietario. Numerosi anche i reperti di epoca romana, come capitelli, betili e cippi sepolcrali. Nel giardino osserverai pietre miliari del III-IV secolo d.C., che ricostruiscono il tracciato viario del territorio e il percorso che, partendo da Karales, giungeva a Ulbia e a Turris Libisonis, collegando i tre principali porti della Sardegna romana. La sezione etnografica, ospitata in due sale del piano terra, è dedicata a mostre temporanee sulle tradizioni isolane: artigianato, abiti e tessuti, enogastronomia.
La visita al museo non può prescindere da quella a sa Domu de su Re, l’altro nome con cui è identificato il Santu Antine, che si erge a quattro chilometri dal centro di Torralba. Il complesso ha una pianta triangolare, dove al centro svetta il mastio – attualmente alto più di 17 metri, ma che forse toccava i 24 in origine - circondato da tre torri collegate da una cortina muraria. All’esterno noterai tracce di capanne e altre strutture reimpiegate in età romana. A ottocento metri dalla fortezza, ma in territorio di Giave, sorge il particolarissimo nuraghe Oes, dove il mastio e una torre secondaria contengono un’unica camera. Il diametro della torre principale è tra i maggiori finora riscontrati, 11 metri e mezzo. Attorno sorgono le tracce di un’area sacra, con recinto (temenos), tempietto a megaron e resti di una tomba di Giganti.