Al centro esatto dell’Isola c’è un luogo che emana sacralità e genera suggestione. Le percepirai chiaramente visitando il più straordinario raggruppamento di menhir del Mediterraneo, il parco archeologico di Biru ‘e Concas, che letteralmente significa ‘sentiero delle teste’, comunemente è definito ‘Stonehenge sarda’. Sorge a pochi chilometri da Sorgono, borgo immerso nei boschi del Mandrolisai, la più occidentale delle Barbagie. Al suo interno ammirerai circa duecento grossi massi scolpiti e levigati fino a ottenere una forma ogivale: i più antichi, proto-antropomorfi, risalenti al Neolitico recente (3500-2800 a.C.), quelli più lavorati e stilizzati, antropomorfi, da collocare nell’Eneolitico (2700-1700 a.C.). In sostanza, i monumenti megalitici sono pietre sacre ‘allungate’, un tempo conficcate (perdas fittas), che, per certo, rappresentano simboli fallici della fertilità evocanti la dea Madre, primordiale divinità prenuragica, e, forse, ricorderebbero le figure mitiche ed eroiche degli antenati.
Immersi tra conifere, castagni e noccioli e distribuiti tutt’oggi come in origine, vedrai alcune di queste forme d’arte cultuale preistorica isolate, in coppia o in triadi, altre in circoli oppure in allineamenti fino addirittura a venti ‘teste’, una di seguito all’altra. Trenta sono schierate in doppia fila, come guerrieri a difesa dell’area sacra, altre 170 stese per terra e rivolte a ovest, verso il tramonto, molte spezzate, forse per effetto della ‘guerra santa’ contro gli idoli dei barbaricini, dichiarata da papa Gregorio magno nel VI secolo, durante la cristianizzazione della Sardegna più interna. Duecento menhir, ritrovati a fine XX secolo, sono un’enormità per le Barbagie che ne contavano, prima dell’eccezionale scoperta, una cinquantina. E sono tutti concentrati in appena cinque ettari, a brevissima distanza dal famoso santuario di san Mauro, eretto dai monaci benedettini quasi a esorcizzare quelle statue di granito, sacre e falliche, in fila lungo l’antico tracciato di transumanza verso la pianura. Che popolo era quello delle grandi pietre? Collegato in qualche modo al ‘megalitismo’ celtico e bretone o con caratteri propri e autoctoni? Perché una così grande concentrazione di menhir vicino a Sorgono? Sono le domande ricorrenti sulle quali riflettono e dibattono gli archeologici sardi.
A pochi passi dai menhir, una sorgente nascosta fa pensare a un pozzo per il culto delle acque, che conferma di un intreccio di stili e architetture tra Neolitico ed età del Bronzo. Tutt’intorno, scorgerai tracce di capanne circolari, forse di un villaggio nuragico, mentre a poca distanza si ergono due nuraghi, uno ‘a corridoio’ e il maestoso Talei, i ruderi di una tomba di Giganti e un dolmen.