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A tavola la tradizione guarda al futuro

Punto di partenza, la curiosità: si osservano, si ascoltano, mamme e nonne che scelgono con cura gli ingredienti, fanno sfoggio di maestria, compiono gesti quasi rituali, spiegando i vari passaggi con pazienza e poche parole. Poi subentra la passione, la tenacia, la voglia di sperimentare, iniziando con il replicare quanto appreso e aggiungendo la giusta dose di inventiva. La tradizione della cucina sarda, con le sue peculiarità locali che regalano sensazioni e sapori unici, nel terzo millennio si veste di abiti nuovi: quelli dati dalla nuova generazione di coraggiosi e talentuosi chef.

Vermentino, fragranza di mare, sole e vento

Intenso, dal carattere forte, profumato e armonioso. Il vermentino racchiude in sé i tratti caratteristici della natura e dell'identità della Sardegna. Pensi al vermentino e ti vengono in mente i vigneti adagiati sui fianchi delle colline di granito della Gallura, accarezzati dalla brezza marina, oppure i filari verdi che decorano i paesaggi ondulati nel resto dell’Isola. Ovunque, sia sui terreni originati dal disfacimento granitico sia sui suoli calcarei e argillosi, vermentino è sinonimo di vini corposi ed eleganti, dall'inconfondibile colore giallo paglierino e dai riflessi tendenti al verde.

Murales, gallerie d’arte a cielo aperto

Fu un gruppo di grandi artisti, in un momento storico contrassegnato da fermento sociale e culturale, a scatenare la ‘scintilla’ creativa. La storia dei murales in Sardegna nasce in un piccolo e vivace centro della campagna campidanese, poi via via se ne accodarono altri, dalla Barbagia alla Planargia, e oltre, verso nord. L’Isola, in breve, diventò capitale del muralismo. Un po’ per ridare vita a scorci pittoreschi in decadenza, a muri in ladiri e vicoli semi-abbandonati, soprattutto per dare impulso alla voglia di far sentire il grido di protesta e sofferenza, che coinvolgeva intere comunità. Anni dopo, una nuova ‘fiamma’, libera e spontanea. Stavolta sono artisti, locali e non, giovani ma già famosi a livello internazionale, a trasformare e ravvivare il tessuto urbano. Dai murales alla street art, dalla protesta alla sperimentazione, la Sardegna è sempre protagonista, come un’immensa tavolozza da colorare.

Piana dei Grandi Sassi

Al ‘padre’ dell’archeologia sarda Giovanni Lilliu sembravano “rottami di giganti divelti da un dio vendicatore dalle guglie dei monti sovrastanti e rotolati al piano dove giacciono distesi da millenni”. In effetti, gli affioramenti granitici che popolano la piana dei Grandi Sassi, nella località Li Parisi, al confine del territorio di Aggius con quello di Trinità d’Agultu e Vignola, danno l’impressione di essere finiti lì non si sa come, disseminati in maniera disordinata per tutta la valle. Al cospetto del pianoro, capirai l’origine del suo secondo nome, ‘valle della luna’, da non confondersi con l’omonima piana accanto al mare dove si apre Cala Grande, a Santa Teresa Gallura. Le candide rocce hanno forme morbide e ondulate, grazie all’erosione di pioggia e vento, e regalano l’effetto di un paesaggio lunare.

Alcuni ammassi presentano singolari fattezze antropomorfe: sia ammirando la piana dal ‘belvedere’ della panoramica provinciale 74, sia addentrandoti nella conca, ti divertirai ad associare le forme dei sassi ad animali o a figure come un frate incappucciato o una testa Moai. La vista sarà ancora più emozionante al tramonto, quando i raggi del sole creano particolari giochi di luce riflettendosi tra i graniti. Alcune rocce, inoltre, presentano anfratti e cavità naturali, dette ‘tafoni’, da sempre usati dalle genti del luogo come riparo. Grazie alla particolarità del suo paesaggio, la piana è comparsa in diversi spot pubblicitari e film, tra i quali ‘Il principe libero’ (2018), basato sulla vita del grande cantautore Fabrizio de André.

La conca dove si estende la valle è attraversata da numerose strade e sentieri, alcune asfaltate e percorribili in auto, mentre quelle che passano accanto agli agglomerati rocciosi sono sterrate e adatte a escursioni di trekking, in mountain bike e a cavallo, che ti permetteranno di osservare – oltre ai graniti – anche la vegetazione che comprende querce da sughero, lecci e profumati corbezzoli. La valle dei Grandi Sassi regala anche altre sorprese: nel suo cuore potrai visitare uno dei più importanti e meglio conservati edifici nuragici in Gallura, nonché probabilmente la struttura più grande risalente all’età del Bronzo: il nuraghe Izzana. È di tipo misto, con caratteristiche dei nuraghi ‘a corridoio’ e a tholos, e presenta due ingressi e una serie di cunicoli e corridoi che lo rendono simile a un labirinto. Le sue particolarità sono dovute al succedersi di varie fasi costruttive. Non mancare poi la visita al borgo di Aggius, sul quale sventola la Bandiera Arancione del Touring Club. Tra viuzze e case in granito spiccano due spazi espositivi: il museo etnografico Olivia Carta Cannas e il museo del Banditismo, un unicum nell’Isola.

Canto a Tenore, coro di voci e poesia

Risuona dai monti della Barbagia ai Tacchi d’Ogliastra, dagli altopiani del Marghine e della Planargia alle vallate del Montiferru, dai paesaggi granitici della Gallura alle colline del Logudoro. Il canto a tenore è la trasposizione sonora del mondo agro-pastorale, in simbiosi con la natura, di cui su tenore imita le voci. Le sue origini sono misteriose, scarsamente documentate, di certo antichissime. Gli argomenti spaziano dalla poetica bucolica e amorosa ai temi sociali e all’attualità, mantenendo sempre caratteristiche immutabili: quattro voci, in piedi e in circolo, unite dal desiderio di condividere la passione per le tradizioni più profonde.

Fatte a mano, come una volta

Ognuna col suo rito di preparazione, gesti meticolosi e codificati, sempre gli stessi, tramandati di madre in figlia. Le paste della tradizione, secche e fresche, sono trait dunion tra quotidianità e celebrazioni, immancabili nei momenti da ricordare e protagoniste nelle tavole di tutti i giorni, a casa, in ristorante e negli agriturismo. La loro origine si perde nel tempo: sono stati ritrovati semi di grano persino nei nuraghi, non è un caso se poi la Sardegna è diventata il ‘granaio di Roma’. La tradizione è stata coltivata (letteralmente) sino a oggi, generando un inimitabile e solenne mix di arte, convivialità e gusto.

In rada nei mari della Sardegna

In barca a vela si arriva nei tratti di costa più segreti e solitari, insenature nascoste tra i fiordi da scoprire, incantevoli scogliere e falesie da ammirare bordeggiando coast to coast, sparuti arcipelaghi con attorno una vita sommersa da esplorare facendo snorkeling, dune di sabbia e spiagge caraibiche da raggiungere a nuoto e in canoa. Le giornate in barca a vela scorrono così, tra lembi di Eden memorabili set per tramonti indimenticabili. È un modo green e sensoriale, esaltante e fantastico di vivere il mare della Sardegna, eletta dai diportisti paradiso di bellezze, dove la noia è bandita.

Tempio di Malchittu

Per alcuni è un monumento ‘anacronistico’, fuori dal suo tempo: il più antico tempio a megaron attualmente conosciuto in Sardegna sembrerebbe ‘anticipare’ di diversi secoli tutti gli altri. Il misterioso tempio di Malchittu sorge a poco più di due chilometri da Arzachena e rappresenta l’unico edificio religioso di età nuragica finora indagato nel suo territorio. Un’ulteriore particolarità è il fatto che il tempio si è conservato in ottime condizioni: mancano, infatti, soltanto la copertura - che doveva essere in legno a doppio spiovente con trave centrale di sostegno – e il rivestimento del pavimento, originariamente in acciottolato.

La struttura è a pianta sub-rettangolare, con parte terminale absidata, costituita da vestibolo e camera. Come consuetudine nei templi in antis, le pareti del vestibolo sono ricavate dal prolungamento in avanti delle pareti laterali. Sul lato di fondo si apre l’ingresso alla camera, dotato di architrave e finestrino di scarico. Il vano principale è rettangolare, lungo circa 8 metri. Noterai che la parete destra della camera presenta un andamento leggermente curvilineo, dovendosi adattare alla presenza di un affioramento roccioso. La stessa parete ospita anche i sedili, sui quali trovavano posto le persone ammesse ad assistere ai rituali. Nel muro opposto all’ingresso si trova un bancone, dove probabilmente venivano deposte le offerte. Nelle pareti sono state ricavate anche due nicchiette, mentre al centro della camera osserverai il focolare rituale, delimitato da lastre tenute assieme da malta di fango.

L’edificio, costruito con pietre di medie e grandi dimensioni appena sbozzate, è stato datato al Bronzo medio (XVI-XIV secolo a.C.), per via della tipologia di materiali ceramici rinvenuti nella camera principale. Tale collocazione non coincide con quella degli altri templi a megaron conosciuti nell’Isola, generalmente inquadrati tra XII e IX secolo a.C.: il fatto ne acuisce l’alone di mistero. Nei pressi del tempio troverai anche le tracce di un nuraghe quasi completamente crollato, di una capanna circolare con diametro di circa sei metri e di sepolture ricavate in tafoni, cavità ‘scavate’ nella roccia dagli agenti atmosferici.

Proseguirai il tour archeologico di Arzachena visitando il vicino nuraghe Albucciu, del tipo ‘a corridoio’, immerso in un boschetto di olivastri, e la tomba di Giganti Moru, l’unica a filari presente nel territorio. Dalla cultura all’ambiente e al divertimento: le emozioni proseguono in Costa Smeralda, la località simbolo del turismo d’élite. Imperdibili Porto Cervo e le spiagge incontaminate di Romazzino, Cala di Volpe, Liscia di Vacca e Liscia Ruja.

Città romana di Olbia

Alcune sono visibili in città e nei dintorni, altre giacciono sott’acqua o attendono di essere scoperte: molte tracce testimoniano il ruolo determinante di Olbia in età imperiale, come centro commerciale e come base navale militare. Divenuta romana con la conquista della Sardegna nel 238 a. C., Olbia – chiamata talvolta anche Olvia o Olbi -, fu dotata di tre vie di collegamento con il resto dell’Isola e contava circa 5000 abitanti. Il foro si trovava nell’area dell’attuale municipio, vicinissimo al porto: potrai osservare un tratto della pavimentazione originale all’incrocio tra via Dante e corso Umberto I. Secondo alcuni, fu voluto da Atte, schiava e amante di Nerone, divenuta liberta e successivamente esiliata nella città gallurese – dove ottenne vasti latifondi - in seguito al matrimonio dell’imperatore con Poppea. Non mancavano le terme pubbliche, ma spicca soprattutto l’acquedotto, considerato il più integro di tutta la Sardegna.

Alcuni studiosi ne propongono la datazione al II-III secolo d.C., ma recenti teorie lo retrodatano al I-II d.C. Si pensa inoltre che tra III e IV secolo fu restaurato o forse ricostruito a un livello superiore. L’opera trasportava l’acqua dalle sorgenti granitiche di Cabu Abbas fino alle terme, compiendo un percorso di tre chilometri e mezzo. Ne osserverai un tratto di circa cento metri in località sa Rughittula, dove vedrai anche un’ampia cisterna rettangolare. Altri resti sono visibili in via Canova e in via Nanni, dove correva il tratto finale.

Le necropoli inizialmente si sovrapposero a quelle puniche – Abba Noa, Funtana Noa e Juanne Canu -, espandendosi in direzione sud e ovest nel corso del II secolo. Nell’area di via D’Annunzio furono rinvenuti resti dell’antico porto romano, compresi i relitti di 24 imbarcazioni. Due di esse risalgono al I d.C., 16 sono state datate al V secolo, mentre altre due sono di età giudicale. È probabile che la flotta del V secolo sia stata distrutta durante un assedio vandalico. Altra suggestiva testimonianza romana è la villa-fattoria di s’Imbalconadu, a due chilometri dalla città: databile tra II e I secolo a. C., era una vera e propria azienda agricola autosufficiente, che sfruttava il fiume attiguo per l’irrigazione e per collegarsi al porto. Osserverai una ventina di ambienti disposti attorno a una corte centrale, in alcuni di essi sono stati individuati i calcatoria, ovvero vasche per la vinificazione.

Tappa fondamentale per conoscere la storia romana di Olbia è il museo archeologico, situato sull’isolotto Peddone, accanto al porto. Nelle sale del piano terra vedrai parti autentiche di navi romane e la ricostruzione di due relitti affondati dai vandali, mentre al primo piano, oltre alle eredità preistoriche e nuragiche del territorio, approfondirai lo sviluppo della città in età imperiale.

Oasi protette tra terra e mare

Con scarpe da trekking o in sella a una bici, e sempre a portata di mano binocolo e smartphone. E poi, ovviamente, tanta curiosità di esplorare la natura. È ciò che serve per tuffarti in un mondo ‘acquatico’ vicinissimo al mare, eppure lontano per caratteristiche e modi di viverlo: sono le aree umide e palustri della Sardegna, ecosistemi popolati da esemplari di flora e fauna spesso rari, dove regna un delicato equilibrio tra uomo e ambiente. Mete ideali per passeggiate rilassanti, specie con i colori caldi dell’alba o del tramonto. Qualche volta mare e stagno sono separati appena da una striscia di sabbia, come a Villasimius, nell’area marina protetta di Capo Carbonara: dietro la candida spiaggia di Porto Giunco troverai lo stagno di Notteri, le cui azzurre acque si colorano del rosa dei suoi più famosi abitanti, i fenicotteri.