Skip to main content

Cerca nel sito

51 - 60 di 199 risultati
Est

Perdasdefogu

Contribuisce alla blue zone Ogliastra, una delle cinque aree del mondo che vantano le più alte percentuali di persone longeve tra i loro abitanti. Non è un caso se nel 2014 la famiglia più longeva al mondo era di Perdasdefogu: otto fratelli per un totale di 828 anni (le sorelle maggiori avevano 107 e 101 anni). Il toponimo significa ‘pietre da fuoco’, ossia le pietre calcaree usate nelle fornaci per produrre calce. I suoi duemila abitanti (foghesini) sono soliti chiamare il paese Foghesu, ossia ‘fornace’: è un centro montano di origine medioevale della parte meridionale dell’Ogliastra. Secondo una leggenda, i profughi di Turu, villaggio distrutto da mori, avrebbero costruito le prime case di Perdas. Oggi l’abitato si arrampica a 600 metri d’altitudine, isolato, a margine dei ‘Tacchi’, rilievi calcarei dalla forma singolare.

Il tessuto urbano è formato da edifici ottocenteschi e case in pietra con al centro la classicheggiante parrocchiale di san Pietro apostolo, costruita a fine XIX secolo, che custodisce seicenteschi pezzi d’argenteria e statue settecentesche. Nella parte alta del paese si erge la chiesa di San Sebastiano con forme proto-romaniche dell’XI secolo. Il santo è celebrato il 20 gennaio con l’accensione di falò. In campagna si trovano le chiese di Santa Barbara, festeggiata a fine maggio con processione in abiti tradizionali, e di San Salvatore, in onore del quale si svolge un’antica e suggestiva festa. I foghesini sono molto legati alle tradizioni religiose, specie alla Settimana Santa, quando si prepara su nenniri, cestino di germogli di grano che abbellisce gli altari, protagonista di un rito propiziatorio di fertilità.

L’economia è basata su allevamento e coltivazione di cereali, frutteti e vigneti. In periferia sorge da metà XX secolo il poligono interforze di Quirra, centro militare e di ricerca scientifica, integrato nella vita del paese. Accanto c’è il parco di Bruncu Santoru con boschi di lecci e macchia mediterranea, popolati dal cervo sardo. La terra ‘si apre’ all’improvviso (diaclasi) nel cuore della montagna del parco: è sa Brecca de is Tapparas, una sorta di canyon o grotta a cielo aperto, dove percorrerai uno stretto sentiero di 300 metri con pareti incombenti (di 40 metri), illuminato dalla luce che filtra tra alberi e rocce. Da non perdere anche le grotte di is Angurtidorgius. Dalle carrarecce di montagna ammirerai i paesaggi solitari del Salto di Quirra e dei ‘tacchi’ di Jerzu e incontrerai, immerse tra le querce, le cascate di Luesu, tra cui il ‘salto’ di 70 metri de su Strumpu. Nel centro di educazione ambientale ti aspetta una mostra su fauna, minerali e fossili: Perdasdefogu fa parte del parco geominerario della Sardegna grazie a un giacimento di antracite, sfruttato fino a metà XX secolo, ora ‘pezzo’ di archeologia industriale. Mentre le eredità preistoriche sono tombe di Giganti, la fonte sacra di Peddi de cani e i nuraghi Arras, Florentina, Perdixeddu, Prediargiu e Trutturis.

Est

Gairo Sant'Elena

Il suo attuale abitato si arrampica sul versante di una ripida gola, tra 700 e 800 metri d’altitudine, costruito dopo che le frane, dovute all’alluvione del 1951, costrinsero a evacuare ‘Gairo vecchia’, ora affascinante villaggio fantasma. Una parte di popolazione fondò sulla costa Cardedu, l’altra andò ad abitare Gairo Sant’Elena (‘nuova Gairo’), oggi popolata da 1500 abitanti. A otto chilometri di distanza c’è la frazione di Gairo Taquisara, con la stazione del Trenino Verde lungo il tratto Mandas-Arbatax, un tempo scalo della più breve linea ferroviaria sarda, che partiva da Gairo seguendo il corso del rio Pardu e giungeva al capolinea di Jerzu, oggi riconvertito in museo: la Stazione dell’Arte (nel Comune di Ulassai).

Il territorio di Gairo va dal Gennargentu al mare. Ammirerai bellissimi paesaggi: da lontano spicca l’imponente Perda ‘e Liana, monumento naturale ‘protetto’. È la vetta più alta dei tacchi d’Ogliastra (1300 metri), popolato da mufloni e sorvolato dal gipeto. La sua singolare mole è una delle curiosità morfologiche della Sardegna, con un profilo composito: sul basamento troncoconico sorge un imponente torrione, le cui pareti si ergono per 50 metri, con un diametro di circa cento. Salendo la vegetazione si dirada, fino quasi a scomparire a ridosso della base. Fra le attrazioni naturali anche la grotta Taquisara, che visiterai grazie a un percorso turistico. La cavità è sovrastata dal monte Ferru, dove osserverai piscine naturali alimentate dalla sorgente su Accu ‘e axina: ci potrai fare il bagno. Il Ferru e il monte Cartucceddu incombono sulla costa con rocce di porfido rosso, mentre i ginepri la incorniciano e inebriano di profumi. È il suggestivo scenario della Marina di Gairo, litorale incantevole e poco frequentato. Le sue perle indiscusse sono Coccorrocci e su Sirboni (il cinghiale). La prima è una distesa di quattro chilometri di sassolini tondi, lisci e di tanti colori. Le pietroline modellate dal tempo si combinano con le tonalità azzurre del mare. Potrai percorrere il promontorio che la separa a sud dalla Marina di Tertenia, con un lungo e suggestivo trekking. L’altro gioiello dal fascino incontaminato e selvaggio è su Sirboni (o Cala Francese): la sabbia fine e bianca si immerge nel mare con fondale basso sino al largo, attorno verde mediterraneo. Numerosi monumenti di età prenuragica e nuragica sono disseminati nel territorio gairese, tra cui gli insediamenti di is Tostoinus e Perdu Isu e la tomba di Giganti del bastione roccioso di Taquisara. Nelle vicinanze, di notevole interesse è il famoso nuraghe Serbissi, nel territorio di Osini. Le feste più sentite sono, a inizio agosto, in onore della Madonna della Neve e la Pentecoste, ‘addolcite’ da piricchittus e amaretti e accompagnate da altre prelibatezze e rinomati vini.

Est

Nuraghe Serbissi

Farai un viaggio nel tempo in mezzo a gole, dirupi e falesie coperte di macchia mediterranea, passando per la Scala di San Giorgio a arrivando in cima al Taccu di Osini, altopiano a quasi mille metri d’altezza, che sovrasta il paese - distante otto chilometri - e domina l’Ogliastra. Qui su, dopo un breve tratto a piedi, a circa mille metri d’altitudine, troverai il nuraghe Serbissi, abitato tra Bronzo antico e recente (XVII-X secolo a.C.), un luogo dove storia millenaria e bellezze naturali si incontrano in un connubio perfetto. Le architetture, raro esempio di complesso nuragico ad alta quota, torreggiano in una panoramica rocca calcarea dalle ripide pareti, cui si poggiano adattandosi con un’insolita tecnica a terrazzamenti. La struttura, in ottimo stato, è composta da nuraghe a quattro torri, villaggio, grotta, due tombe di giganti e, vicino, altri due nuraghi monotorre.

Da lontano, ti colpirà la sagoma slanciata del mastio centrale, realizzato con filari regolari di blocchi e alto, oggi, più di sei metri. Mentre, da vicino, ti incuriosirà la tessitura curata della muratura. La camera al piano terra è integra con copertura a tholos (falsa cupola), quella superiore, a pianta ovale, è pavimentata a lastre di pietra. Una cinta muraria collega mastio e le altre tre torri. Anche qui troverai ambienti intatti: la torre nord-est presenta camera inferiore a tholos e una stanza superiore con focolare, nella torre a ovest troverai una camera con sei feritoie. Gli ingressi delle torri si affacciano su un cortile-corridoio con pavimento a selciato. Attorno al nuraghe riconoscerai otto capanne di forma circolare in pietra e argilla, pavimentate con ciottoli: qui potrai soffermarti a immaginare la vita quotidiana e i misteriosi riti dei popoli nuragici. A fianco noterai una grotta carsica con due ingressi, forse era usata come magazzino per derrate alimentari. Sopra, nella piana di Troculu, troverai due tombe di giganti, una a filari con stele centinata, e i nuraghi monotorre di Sanu e Orruttu, forse un tempo inclusi in un villaggio.

Nel tour archeologico noterai lo splendore del Taccu di Osini. La leggenda racconta che, durante uno viaggio nei paesi della diocesi, san Giorgio vescovo giunse ai piedi dell’altopiano, da aggirare o scalare. Recitò una preghiera e aprì un angusto varco fra le pareti calcaree e dolomitiche: da qui il nome del monumento naturale, la suggestiva Scala (o gola) di san Giorgio, cui è dedicata anche una chiesa campestre. Non perderti anche una visita alla ‘Osini storica’, paese fantasma abbandonato dopo l’alluvione del 1951 e rifondato un chilometro più a nord.

Est

Ispinigoli

Un caleidoscopio di forme e colori dal passato misterioso, dentro le viscere terrestri. La visita a Ispinigoli, nel Supramonte di Dorgali, a pochi chilometri dal paese, è un’emozionante e suggestiva discesa nel sottosuolo, all’interno di una sala di 80 metri di diametro, che ti colpirà per bellezza naturalistica e valore storico. Dentro la grotta, aperta al pubblico dal 1974, camminerai attraverso un percorso attrezzato: il fresco perenne - 15 gradi sempre - ti accompagnerà lungo i 280 gradini d​ella discesa. Varcato l’ingresso, dal terrazzamento naturale, lo sguardo sarà catturato da una colonna alta 38 metri,​ tra le più imponenti in Europa, maestosa concrezione calcarea che unisce volta e base della cavità. È l’inizio di uno spettacolo che ti rapirà gli occhi.

Un ambiente eccezionale in ogni dettaglio: dalle enormi concrezioni che spiccano dalle pareti alle piccole e minuscole stalagmiti​, fino alle formazioni ondulate. È un gioco di colori e chiaroscuri, sempre più intenso man mano che si scende lungo la scala in profondità, sfiorando il calcare giallastro con varie forme e sfumature, fino alla base dell’enorme colonna.

Oltre, nell’‘a​bisso delle Vergini’, possono proseguire solo gli speleologi esperti. È uno stretto canale profondo 60 metri, che si sviluppa per circa 12 chilometri e collega alla grotta di san Giovanni su Anzu. In pratica, Ispinigoli è la parte visitabile dell’accesso a un enorme sistema carsico, con diramazioni e ruscelli sotterranei. Eccezionale è l’interesse storico-archeologico della voragine: sono stati rinvenuti reperti nuragici, punici e romani, testimoni di un lungo uso come luogo di sepoltura e di culto. Il ritrovamento di piccoli resti umani, anelli, monili e simboli solari fa pensare a un pozzo sacrificale fenicio: forse qui si compivano sacrifici umani. Durante le guerre mondiali, Ispinigoli fu luogo di rifugio e, fino a metà XX secolo, era usata dai pastori come riparo per il gregge. Vicino alla grotta, ci sono una sorgente d’acqua calda in cui è possibile immergersi e un rinomato ristorante, dove gustare la cucina tipica sarda.

Il Supramonte è uno degli scrigni più remoti dell’Isola, costellato di torrioni, valli, sorgenti e altre profonde grotte. Per completare il tour ‘sotterraneo’, a Dorgali è immancabile un’escursione in battello dalle grotte del Bue marino, mentre nel confinante territorio di Oliena, non puoi perderti sa Oche e su Bentu, sistema carsico tra i più grandi d’Europa, e la grotta Corbeddu, nella maestosa valle di Lanaittu, che deve il nome a un famoso bandito che vi si rifugiò.

Est

Tempio di Janna 'e Pruna e Su Notante

Abbarbicati lungo un costone montuoso, da millenni caratterizzano la zona e l’hanno consacrata al culto dell’acqua: un tempio, una fonte sacra e altre misteriose strutture nelle quali le genti nuragiche compivano i loro arcani riti e affermavano il loro dominio territoriale. Il tempio di Janna ‘e Pruna e il vicino pozzo sacro di su Notante si ergono sulla cima granitica del monte Senes, nel territorio di Irgoli, esattamente nel valico che ha dato il nome al tempio e che già nella preistoria era un punto strategico di passaggio dalla costa all’entroterra, collegando le valli del riu Siniscola e del Cedrino. Il paesaggio qui, a quota di quasi 600 metri di altitudine, è incantevole: verso sud-ovest la vista domina la valle del rio Remulis, la Baronia meridionale fino a scorgere Supramonte e Gennargentu.

Il primo sito che incontrerai accedendo all’area sacra è il tempio di Janna ‘e Pruna, costruito in blocchi di granito ben lavorati e disposti in filari regolari. È composto da un atrio rettangolare, dotato di bancone-sedile sulla parete di sinistra, e da una cella circolare – in origine forse dotata di copertura a tholos -, con un focolare centrale e anche qui una panchina in pietra addossata alla parete. Il tempio era circondato da un temenos, il recinto sacro, dalla pianta a trapezio e con un cortile ellittico antistante, dove venivano deposte le offerte votive. All’esterno del recinto vedrai le tracce di un’altra struttura circolare circondata da una recinzione muraria. Tutti gli edifici sono poi circondati da un ulteriore ampia cortina muraria rettangolare. I materiali rinvenuti durante gli scavi permettono di datare il monumento a un’età compresa tra Bronzo Finale e inizio dell’età del Ferro (XII-IX secolo a.C.).

Proseguendo verso sud-ovest, a circa 150 metri dal tempio, incontrerai altre due strutture, la cui funzione è ancora misteriosa. La prima ha pianta circolare e al suo interno presenta una nicchia architravata, l’altra è rettangolare, con tre filari di gradoni sul lato est. Più a valle, a ridosso del corso del Remulis, affiancato da una fila di ontani neri, ammirerai la fonte di su Notante, realizzata in opera isodoma con blocchi squadrati di basalto, pietra non rintracciabile in loco, perciò fu necessario trasportare fin qui la materia prima per costruire il pozzo. Rimangono in piedi la parte ovest della facciata e il pozzo di captazione della sorgente, dalla quale sgorga ancora l’acqua. Il pozzo sacro ha un’apertura trapezoidale e una vasca rettangolare ed è coperto a piattabanda. Noterai anche un tratto di mura di terrazzamento in granito. Terminata la visita, potrai osservare i reperti provenienti dal santuario nell’Antiquarium comunale di Irgoli. Il percorso museale, articolato in due piani, racconta la storia del paese e del suo territorio dal Neolitico recente al Medioevo.

Est

Lanusei

Fa parte delle città delle ciliegie, la cui imperdibile sagra si svolge a fine giugno, ed è stazione delle linea ferroviaria turistica Mandas-Arbatax del Trenino Verde. Lanusei è un antico borgo di 5400 abitanti, attestato dal XII secolo, che si arrampica sui costoni sud-orientali del parco del Gennargentu, sede vescovile della diocesi d’Ogliastra e della prima ‘casa dei salesiani’ in Sardegna (1902), ossia il ‘tempio di san Giovanni Bosco’, patrono del paese, festeggiato a inizio giugno. Ulteriore lustro cittadino proviene da famiglia e casa Mameli, dimora natale di Goffredo Mameli, compositore dell’inno nazionale. È uno dei palazzi ottocenteschi che abbelliscono il centro storico, tra cui va ricordato anche il palazzo Piroddi, opera neoclassica del celebre architetto Gaetano Cima. Al centro del paese spicca la seicentesca cattedrale di Santa Maria Maddalena, che custodisce affreschi del pittore Mario Delitala dedicati alla vita della Maddalena e di Cristo. Altro importante edificio di culto è il santuario della Madonna d’Ogliastra, sede dei frati francescani, nella parte alta del paese. Fuori dall’abitato ci sono le chiese di Maria ausiliatrice, in un bosco a nord-ovest, e quella campestre dei santi Cosma e Damiano, festeggiati a fine agosto e a fine settembre. Nel monte Armidda potrai visitare l’osservatorio astronomico Caliumi, fra quelli pubblici uno dei più grandi in Italia.

Lanusei vanta una cucina di tradizione agropastorale, dove spiccano prelibatezze come culurgiones e coccois prenas. Classico borgo di montagna, ha anche uno sbocco nel mare cristallino d’Ogliastra: le spiaggette ciottolose attorniate dal verde della macchia mediterranea di Porto Santoru, dove c’è un molo e strutture abbandonate un tempo usate per il carico dei minerali. Il suo territorio fu abitato sin dalla preistoria. Numerose sono le tracce di età neolitica, ancora maggiori quelle nuragiche, specie all’interno dell’altipiano granitico di Selene, ricoperto da un magnifico bosco di lecci e castagni e costellato di sorgenti d’acqua, famose per le loro capacità benefiche. All’interno è racchiuso il parco archeologico di Selene costituito dai basamenti di un nuraghe e di varie capanne di un villaggio e da due tombe di Giganti, posizionate a 80 metri l’una dall’altra, la cui datazione oscilla tra Bronzo medio e finale (XV-XII secolo a.C.). Delle sepolture ammirerai integri corpo absidato, corridoio coperto e prospetto architettonico che si apre a emiciclo (esedra). La tomba I è dotata anche di un bancone-sedile, mentre negli scavi della tomba II, è stato ritrovato un blocco troncopiramidale con tre fori: era la sommità dell’esedra, dove venivano inseriti i betilini votivi.

Est

Su Marmuri

Per raggiungerne le sue parti più interne e profonde dovrai percorrere centinaia di gradini, ma la ciò che vedrai ricompenserà ampiamente la fatica: rimarrai sorpreso e a bocca aperta di fronte al fascino e alla bellezza di stalagmiti e festoni pendenti dalle pareti e alla maestosità degli ambienti. La Grotta di su Marmuri - il marmo, per il particolare aspetto della roccia calcarea - si apre a 880 metri di altitudine e si estende per 850 metri visitabili, nel taccu di Ulassai, massiccio che sovrasta il piccolo paese dell’Ogliastra più profonda, da sempre punto di riferimento per amanti di arrampicata e trekking. L’immensa cavità, distante un chilometro dal borgo, si è formata 150 milioni di anni fa grazie alla forza erosiva dell’acqua.

Per arrivarci percorrerai una strada fra rilievi scoscesi e profonde gole. L’ingresso si apre su una ripida scarpata percorribile grazie a una scalinata, aperta al pubblico sin da metà del XX secolo. Lasciata alle spalle la fatica della discesa, ti immergerai in un comodo camminamento in piano attraverso magnifiche concrezioni ancora in formazione. A quel punto potrai ‘scalare’ con lo sguardo altezze vertiginose, poichè in alcuni tratti le pareti raggiungono i 70 metri: è la grotta più imponente d’Europa.

La visita di un’ora si svolge lungo un agevole sentiero che supera una serie di altissimi saloni e di vaschette, due laghetti alimentati dall’incessante gocciolio, fino al succeguirsi di stalattiti, stalagmiti, colonne, pisoliti e splash, forme globulari dovute allo stillicidio. A completare l’atmosfera contribuisce la temperatura, costante sui dieci gradi. Tra i numerosi ambienti da visitare, soffermati nella ‘grande sala’, lunga 72 metri e larga 30, nella ‘sala dell’organo’, le cui concrezioni sembrano canne dello strumento musicale, nella ‘sala del cactus’, caratterizzata da due stalagmiti alte venti metri, simili a piante cactacee, e ancora nella ‘sala dei pipistrelli’, nella ‘galleria delle vaschette’ e in quella terminale. Ovunque la tua vista spazierà, sarà un’emozione indimenticabile.

Su Marmuri è uno dei monumenti naturali più celebri della Sardegna, non l’unico di Ulassai, che vanta un ‘paesaggio d’acqua’ con pochi paragoni, è quello creato dalle imponenti cascate di Lequarci e Lecorci, che scendono vorticosamente da pareti calcaree verticali ad appena mezzo chilometro dall’abitato. Le acque di Lecorci sgorgano proprio poco al di sotto della celebre grotta e vanno a unirsi più a valle a quelle di Lequarci.

All’escursione naturalistica, non perdere occasione per abbinare un tuffo nella grande tradizione culturale di Ulassai, vero e proprio paese-museo che ha dato i natali alla celebre artista Maria Lai, alle cui opere è dedicata la Stazione dell’Arte.

Est

Tomba di Giganti di Osono

Oltre venti metri di lunghezza, quasi altrettanti quelli misurati dall’arco dell’esedra, a formare la struttura di un’antichissima sepoltura incastonata in un anfiteatro naturale, con le creste dei monti di Baunei come quinta scenografica. La tomba di Giganti di Osono è uno dei gioielli del patrimonio nuragico ogliastrino, situato in una vallata di Triei. Il monumento funebre presenta un aspetto particolare, dovuto alla pendenza del terreno, con un tumulo – il cui lato sud è gradonato - ed elementi di rinforzo alle spalle dell’esedra semicircolare.

L’ingresso è architravato e introduce alla camera funeraria, lunga poco più di dieci metri. È costruita con blocchi di granito in filari aggettanti, mentre nel tumulo sono stati usati anche scisto e calcare. La copertura è a piattabanda, ne vedrai ancora in posa sette grandi lastroni. L’esedra, forse realizzata durante una seconda fase costruttiva (intorno al X secolo a.C.) conta ventidue monoliti granitici infissi a coltello sul terreno. Grazie ai materiali rinvenuti durante le campagne di scavo è stato possibile datare la frequentazione del sito dal Bronzo medio (XVI a.C.) all’età imperiale, in quanto alcuni reperti risalgono sino al III secolo d.C. Da allora la tomba è sempre rimasta nascosta, ‘protetta’ da terriccio e da fitti cespugli di lentischi e rovi. Attorno, noterai tracce di altri ambienti non ancora indagati, la cui funzione rimane per ora sconosciuta. Oltre al Supramonte di Baunei, la vista dal pianoro dove sorge la tomba ti permetterà di ammirare le colline circostanti a nord e a ovest, mentre in direzione sud-est la tua vista si aprirà sulla vallata di Ardali, giungendo fino a scorgere in lontananza il litorale di Arbatax.

Proseguirai l’esplorazione delle testimonianze nuragiche nel territorio di Triei spostandoti per due chilometri in direzione sud-est: nei pressi di una sorgente, troverai i resti del complesso nuragico di Bau Nuraxi. Lo costituiscono un nuraghe, un antemurale e un ampio villaggio di capanne circolari e rettangolari absidate, queste ultime addossate al profilo interno della cinta muraria. Il nuraghe è di tipo complesso: al mastio furono addossate due torri secondarie, mentre attorno vi correva l’antemurale curvilineo, che inglobava altre quattro torri. Dall’archeologia all’arte: Triei merita una visita per i suggestivi murales che impreziosiscono gli scorci del suo centro storico. Un affascinante patrimonio pittorico è custodito anche nella parrocchiale, dedicata ai santi Cosma e Damiano: ammirerai una serie di affreschi del XVIII secolo, attribuiti alla bottega Are di Nuoro.

Est

Golfo di Orosei - Gennargentu

Paesaggi immensi, stupendi e mai uguali, come un enorme mosaico: cime inaccessibili, pascoli verdi, altopiani, canyon, foreste secolari, falesie a picco su acque cristalline, grotte e spiagge. Dalla montagna al mare: l’oasi naturalistica che comprende il golfo di Orosei e il massiccio del Gennargentu è una delle mete più spettacolari della Sardegna, ideale per escursioni in itinerari di trekking e mountain bike. L’area protetta, istituita nel 1998, copre 74 mila ettari nel territorio di 27 centri di Barbagie, Mandrolisai e Ogliastra: ogni Comune gestisce e salvaguarda la sua porzione di paradiso.

Nel sistema montuoso del Gennargentu spiccano Punta Lamarmora (1834 metri) e Bruncu Spina (1829), vette dalle quali il tuo sguardo spazierà a 360 gradi su tutta l’Isola. Il massiccio è legato ad altopiani di calcari e dolomie, i supramontes di Orgosolo e di Oliena, con la v​alle di Lanaittu e il monte Corrasi. Sino ai 1200 metri d’altezza domina il leccio, oltre stanno roverelle e querce. Sui versanti crescono anche agrifogli altissimi. Non perderti le foreste di Uatzo, Montarbu e Montes, dove risiede la lecceta secolare sas Baddes. Attorno spuntano distese di macchia mediterranea: corbezzoli, ginepri, lentischi, accompagnati dal profumo di elicriso, rosmarino e arbusti aromatici. Qui vivono anfibi, insetti e rettili rari: geotritone (nelle grotte), euprotto sardo e la farfalla papilio hospiton. Le zone più impervie sono habitat del muflone, accanto al quale sono ‘tornati’ cervo e daino. Il cinghiale è ovunque, accompagnato da donnola, gatto selvatico, ghiro, lepre, martora e volpe. Sulle creste più alte volano aquila reale e falco pellegrino, nelle falesie a picco sul mare il falco della regina. Sono diffusi astore, picchio rosso, poiana e sparviero.

All’elenco di meraviglie assolutamente da visitare aggiungi ​la sorgente carsica​ de su Gologone, il canyon su Gorropu, con pareti sino a 450 metri, l’enorme dolina su Suercone, ​inghiottitoio con dentro tassi secolari, le g​rotte su Bentu e sa Oche, Perda ‘e Liana, Perda Longa, su Sterru, su Texile e il villaggio nuragico di Tiscali.

I rilievi scivolano fino al mare, uno dei tratti di costa più affascinanti del Mediterraneo: 40 chilometri da Cala Gonone​ (Dorgali) a Santa Maria Navarrese (Baunei) con scenografiche pareti a strapiombo dove si aprono grotte, come quelle del Bue Marino, codule lucenti di oleandri e ginestre e incantevoli calette: Fuili, Luna, Sisine, Biriola, Mariolu e Goloritzè. Nel golfo, un tempo regno della foca monaca, nuotano balene e delfini.

Est

Bauladu

Si estende sulle pendici collinari dell’altopiano basaltico di Abbasanta, delimitato a nord dai contrafforti del Montiferru e a sud dalla pianure dell’alto Campidano, una zona ricca di sorgenti e molto fertile. Bauladu è un piccolo centro, popolato da circa 700 abitanti, distante 18 chilometri da Oristano, di nuovo autonomo dal 1946, dopo essere stato unito a Milis nel 1927. Si basa essenzialmente su una florida agricoltura, praticata nella parte pianeggiante del territorio, mentre la parte collinare è destinata al pascolo. Il toponimo significa ‘guado largo’, in riferimento al guado del fiume rio Cispiri, che ne attraversa il territorio e una volta unitosi al riu Mare Foghe, sbocca nello stagno di Cabras. In quest’area c’è un grande parco naturalistico, con rettili rari, il colubro di Esculapio e quello sardo.

La tradizione indica in Santa Barbara de Turre il più antico insediamento di Bauladu, abbandonato in seguito a un’epidemia. Gli abitanti scampati alla peste, passarono sotto la protezione dei camaldolesi, fondatori delle chiese di san Lorenzo e di san Gregorio. Il villaggio divenne un importante villa monastica sotto il giudicato d’Arborea. Il suo sviluppo è legato soprattutto alla grande abbazia di santa Maria di Bonarcado. Le due chiese medioevali sono tutt’oggi le principali del paese, oltre che le più antiche. La parrocchiale di san Gregorio Magno è nel centro storico: il primo impianto romanico risale al XIII secolo, così come la sua facciata in pietre a vista. Ristrutturata nel XVIII secolo, conserva all’interno di una cappella la scultura lignea della Madonna col Bambino, dorata e policroma, attribuita a un intagliatore di scuola napoletana del 1600. La chiesa di san Lorenzo, precedente alla parrocchiale, è immersa nel verde di un giardino. Tra le feste religiose spiccano le celebrazioni di santa Vittoria (metà maggio), con accensione di un grande falò, e di san Giovanni battista (fine giugno). Alla processione in onore del santo partecipano donne e uomini in abiti tradizionali (quello femminile di colore rosso) e cavalieri, che poi si sfidano in giostre e prove d’abilità. Il pranzo è a base di pecora bollita e vino locale. La festa si svolge in concomitanza con la sagra della pecora e del formaggio, a conferma della tradizione agropastorale.

La presenza umana nel territorio è documentata da età nuragica con le tombe di Giganti di Muraguada, edificate con blocchi basaltici e ingresso rettangolare, e il nuraghe Crabia, in ottimo stato di conservazione, con tholos (copertura a falsa cupola) intatta al pian terreno e una scala che d’accesso al piano superiore.