Dove ti porta il sole
Segui il percorso del sole coast to coast, dalle incantevoli baie della costa orientale alle incontaminate spiagge della Costa Verde nel Medio Campidano e del Sulcis-Iglesiente, passando attraverso l’affascinante cuore verde della Barbagia. All’alba, mentre ancora brillano le ultime stelle, a nuoto o in canoa, vai incontro al sole che si alza sull’orizzonte di uno degli infiniti gioielli della costa orientale, dal Golfo Aranci a San Teodoro, dal golfo di Orosei al Sarrabus.
Usciamo, a riveder le stelle
Poche luci artificiali e aria pulita, il cielo sopra la Sardegna è al riparo da inquinamento ambientale e luminoso, libero di offrire il meglio di sé e mostrare, nel buio della notte, luna e costellazioni, pianeti e meteore. Sarà tempo di cieli notturni che non temeranno restrizioni, un immenso planetario dove stare a tu per tu con le prime stelle che appaiono al crepuscolo, solitarie e cariche di energia, o in compagnia delle ‘superlune’ al loro massimo perigeo, il punto più vicino alla Terra. Si potranno vedere costellazioni e galassie lontanissime e in ogni stagione ci saranno sciami di stelle cadenti, le più belle ad agosto, che regalano romantiche notti da passare con il naso all’insù. Chi non manca mai all’appuntamento è la via lattea, la puoi contemplare dai solitari osservatori a cielo aperto dell’Isola, è un fiume in piena di luce astrale che riempie il cuore dopo un buio inverno.
Piscine di Venere
Un piacere per la vista e per l’animo. Quando, durante la minicrociera lungo le splendide cale del golfo di Orosei, ti imbatterai in quest’angolo di paradiso, sarai attratto come da una calamita dal turchese e dall’azzurro delle sue acque: impossibile non tuffarsi! Superato l’ingresso della grotta del Fico, a pochi passi dall’altrettanto bella e selvaggia Cala Biriola, brillano le Piscine di Venere, uno dei tratti più suggestivi della costa di Baunei, in Ogliastra, raggiungibili in circa mezz’ora di gommone dai porti di Santa Maria Navarrese o di Cala Gonone (Dorgali). Oppure attraverso un percorso di trekking, attraverso il Supramonte, consigliato solo a escursionisti esperti, che conduce prima alla caletta delle Piscine poi a Cala Biriola.
Lucentezza, limpidezza e i colori brillanti sono dovuti alle numerose risorgive d’acqua dolce che sgorgano nella scogliera prospiciente e alle rocce calcaree chiarissime che punteggiano il suo fondale prevalentemente sabbioso. Il tratto di mare di tale bellezza borda una caletta di sabbia mista a sassolini di ridotte dimensioni - lunga appena 50 metri -, ma ad alto gradimento: nel 2019 è al vertice della classifica stilata da un noto motore di ricerca (Holidu) sulle spiagge italiane più amate in base dalle recensioni dei viaggiatori. A delimitarla, scogli bianchi semisommersi e imponenti falesie calcaree alte 200 metri, bordate a loro volta da fitta e rigogliosa vegetazione mediterranea. Il nome locale (e originario) della località, in particolare delle sua falesie, è su Piggiu ‘e Laori. Piscine di Venere è una denominazione recente, chiaramente derivata dalla bellezza dello specchio d’acqua. Il mare è così cristallino da far sembrare le imbarcazioni - private e charter -, in sosta ‘obbligata’ nei giorni d’estate, quasi sospese per aria.
Alle spalle, le scogliere a strapiombo arretrano dalla linea di costa lasciando spazio a una foresta di macchia mediterranea, lecci secolari e ginepri abbarbicati sulle rocce. Da qui passa il lungo e impegnativo trekking – tappa del Selvaggio Blu – che giunge alla caletta della Piscine e a Cala Biriola. Il sentiero corre lungo la falesia regalando scorci da brivido sul mare sottostante. Qua pastori e carbonai hanno lasciato numerose tracce: scale, passerelle di tronchi avvinghiati e guide in ferro per facilitare passaggio di uomini e animali. L’itinerario presenta anche tratti di arrampicata, da percorrere assistiti da guide esperte e attrezzatura adeguata, e si conclude nella splendida Cala Sisine, spiaggia che si apre alla fine di un canalone, un tempo letto di un fiume. Accanto si apre la grotta del Miracolo, prodigio della natura fatto di stalattiti e stalagmiti dalle forme più sorprendenti. Più a nord l’ultima spiaggia baunese - a metà con Dorgali - è Cala Luna, altro luogo magico, simbolo dell’Isola. Verso sud, la tua minicrociera toccherà la celebre Cala Mariolu, caratterizzata da sassolini simili a confetti, e il suo naturale, bellissimo, proseguimento, Cala dei Gabbiani. Infine nella parte meridionale del golfo, ecco Cala Goloritzè, altra ‘perla’ del Mediterraneo: mare turchese, sassolini bianchi e il pinnacolo dell’Aguglia a dominarla dall’alto.
Mercatini, presepi e delizie, ecco il Natale in Sardegna
Sfavillanti decorazioni artistiche, villaggi di bancarelle colorate, profumi e sapori di dolci tradizionali, classiche sinfonie natalizie. È l’avvolgente atmosfera che caratterizza tanti centri storici di città, paesi e borghi sardi a Natale. Casette artigianali, specialità gastronomiche, colori e melodie animano i mercatini del Sulcis-Iglesiente, a Iglesias e Carbonia, il 'Villaggio del Gusto' natalizio a Sant’Antioco e quello di Babbo Natale a Tratalias, nel quale le case medievali diventano i laboratori degli elfi. Nell’Oristanese troverai eventi e mercatini a Marrubiu – che con Paschixedda Marrubiesa fa rivivere il Natale degli anni Venti e Trenta -, Narbolia, Terralba con l'undicesima edizione de ‘Le vie del Natale’ e in piazza Othoca a Santa Giusta, animata dal ‘Natale in Laguna’. Mentre, a Oristano le casette di legno del mercatino sono ospitate in piazza Manno. Il clima natalizio nel Medio Campidano si respira a Senorbì, dove risplendono le decine di migliaia di luci della ‘casa di Natale’, a Serrenti, a Samassi e a Serramanna, che ripropone le Passilladas de Paschixedda. Quasi omonimo l’evento di Esterzili, nella Barbagia di Seulo: Donus de Paschixedda è il tradizionale mercatino nel ‘paese dei presepi’. La neve contribuisce all’atmosfera in Barbagia e in Baronia, con appuntamenti a Dorgali, Sarule, Irgoli, Posada e a Siniscola.
Il fascino misterioso del Carnevale in Sardegna
Una volta spenti gli spettacolari falò in onore di Sant’Antonio abate e di San Sebastiano, l’atmosfera di festa e stordente euforia prosegue a febbraio (sino a inizio marzo) col Carnevale, anzi coi carnevali di Sardegna. Su Carrasegare ha tanti volti: ogni comunità lo celebra secondo propri codici, vocazioni e particolarità. I fuochi di Sant’Antonio ne segnano l’inizio con la prima uscita delle maschere tradizionali, la fine arriva col mercoledì delle Ceneri, la cui celebrazione più affascinante è a Ovodda. I primi eventi del 2025 animano un popolo che rivive ogni inverno rituali tramandati da secoli. Sacro e profano, passione e identità, ritmi cadenzati e slanci inebrianti, come a Gavoi, con il suono festaiolo dei tumbarinos (suonatori di tamburi). In tutti i paesi, da nord a sud dell’Isola, durante la festa, si assaporano le prelibatezze tipiche carnevalesche: fave e lardo, pistiddu e coccone, zeppole e buon vino.
Perdas fittas tra terra e cielo
Luoghi avvolti da leggende e suggestioni, un mondo ancestrale che parla attraverso enormi pietre. È l’atmosfera che respirerai a Pranu Mutteddu di Goni e Bir’e Concas di Sorgono, nel cuore verde dell’Isola, dove si concentrano centinaia di menhir: solitari, a coppie, a circolo o in lunghi filari simboleggianti percorsi cultuali, forse orientati in base a fenomeni celesti. Magia, sacralità e potenza magnetica, come nella famosa Stonehenge, ma qui i menhir sono più antichi e numerosi.
Infisse ‘a coltello’ nel suolo, le perdas fittas (pietre conficcate, in sardo) s’innalzano verso il cielo circondate da un paesaggio fiabesco: boschi di querce secolari, prati di ciclamini e orchidee selvatiche, cespugli di lavanda e mirto che profumano l’aria. Anche il cielo fa la sua parte, il sole filtra tra la natura vigorosa e fa brillare di una luce soffusa le enormi pietre dalla forma allungata e affusolata. Sono rifugi dell’anima, luoghi sensoriali che accendono la fantasia: è tutto reale o è una fiaba raccontata dalla natura?
Scenografie sotto cieli di stelle
‘Le isole del cinema’ è un circuito di quattro festival dedicati alla settima arte, che vanno in scena nelle isole minori della Sardegna. La sede storica è l’isola Tavolara, dove a metà luglio si celebra la 34esima edizione di Una notte in Italia, incentrato su regia e creatività. Dal 1991 a oggi il meglio del cinema italiano ha camminato sull’unico red carpet bagnato direttamente dal mare, nell’incantevole scenario dell’area protetta di Capo Coda Cavallo. L’incontro tra pubblico, artisti e addetti ai lavori avviene già a bordo delle barche che raggiungono l’isola partendo da Porto San Paolo. Apertura martedì 16 luglio, alla Peschiera di San Teodoro. Due giorni dopo il festival si sposta nella piazzetta a mare di Porto San Paolo, mentre da venerdì 19 fino alla serata conclusiva di domenica gli spettacoli vanno in scena nell’immensa sala sotto le stelle di Tavolara, la montagna di granito che spunta dal mare.
In viaggio con gusto
Frue, burrida, civraxiu, fregula, malloreddusu, casizolu, pani frattau, filindeu, tzilicca... nessuna preparazione ad hoc per stupire i palati, note semplici e ricercate, sapori delicati e insieme robusti di mare e terra sapientemente miscelati, fragranze di speciali condimenti, dagli oli extravergine alle erbe selvatiche. È una cucina dove si ripetono gesti antichi e rituali che esaltano la maestria della cucina tradizionale e dove si esprime l’arte dei giovani chef capaci di far filtrare l’anima della loro terra dai piatti che affondano le radici nella memoria e nella storia, mai la stessa da luogo a un altro. In Sardegna niente è uguale, paese che vai e tradizioni, cultura e persino lingua che trovi, incredibilmente differenti. Anche il più popolare dolce ‘non dolce’ ne è coinvolto, per gustarlo a Nuoro devi ordinare una sevada, a Cagliari una seada, altrove sebada, seatta, sabada. Ogni volta ti sembrerà un dolce dalle sfumature nuove, perché diversi saranno il tipo di formaggio, pecorino o vaccino, cucinato o crudo, e il tipo di miele a fine cottura, delicato al sud, più aspro in altri territori.
Sardegna, una bella storia
È una culla circondata dal mare dove ottomila anni fa inizia una misteriosa e originale civiltà aperta alle innovazioni e alle contaminazioni culturali, portate per mare da una sponda all'altra del Mediterraneo antico. I sardi costruiscono sulle coste nuraghi con ridossi per le barche, uniti tra loro per il controllo del mare e collegati a quelli costruiti nell'entroterra. La posizione dell'Isola è strategica, è un vivace crocevia sulle rotte commerciali frequentate dai popoli navigatori, tra questi gli evoluti e pacifici fenici che faranno base in Sardegna. Fondano quelle che saranno le più belle, colte e ricche città dei tempi, Sulky, Bithia, Nora, Tharros, Karaly. Beni, idee e saperi circoleranno liberamente tra le città fenice e i villaggi nuragici sino a quando approderanno i popoli imperialisti assettati di nuovi domini.
S'Ortali 'e su Monti
Domus de Janas, menhir, circolo megalitico, nuraghe, tomba di Giganti, villaggio e granaio: s’Ortali ‘e su monti, a pochi passi dal mare d’Ogliastra, riassume tre millenni di preistoria raccontati da consistenti tracce prenuragiche (IV-III millennio a.C.) e da monumenti nuragici realizzati tra l’età del Bronzo medio e la prima età del Ferro (XVI-IX secolo a.C.). Il parco archeologico sorge su due colline contigue in località San Salvatore, a circa cinque chilometri di Tortolì: lo raggiungerai da una deviazione sulla strada che dal centro abitato porta al lido di Orrì, consentendo di arrivare anche alla chiesetta di san Salvatore.
La più antica testimonianza del complesso risale al Neolitico recente (3500-2700 a.C.), è una domus de Janas, parte delle più vasta necropoli di monte Terli. La grotticella funeraria è costituita da un breve corridoio e da una grande camera dotata di cinque nicchie. Fu scavata nel granito almeno un millennio, forse due, prima dell'avvento dei nuragici, che la riutilizzarono. Proprio accanto alla domus fu eretto il nuraghe a pianta complessa, chiamato alternativamente s’Ortali ‘e su monti o San Salvatore e costruito con blocchi di granito sbozzati e sovrapposti sommariamente. La torre centrale (mastio), indagata nel 2010, è del tipo a tholos (falsa cupola), ha 'vissuto' un lungo utilizzo, il più recente in epoca storica, come testimoniano sepolture romane e bizantine. Oggi il nuraghe è alto cinque metri e mezzo, ma tutto lascia intendere che in origine sfiorasse i venti metri, più alto de su Nuraxi di Barumini. Il diametro è di 15 metri, analogo a quello del Santu Antine, reggia nuragica di Torralba. Accederai al mastio da un ingresso sormontato da un architrave – un menhir riusato - e da una finestrella triangolare. L’accesso immette in un corridoio coperto da lastroni sapientemente lavorati. Lasciato a sinistra l’ampio vano scala, l’andito conduce a una camera circolare, con tre nicchie disposte a croce.
Attorno alla torre si sviluppa un muro di cinta con pianta atipica, irregolarmente ellittica, che ingloba tre torri secondarie: quella a nord appare come la meglio conservata. Dei tre accessi originari, è agibile quello a est, che immetteva nel cortile antistante il mastio. All’esterno del bastione noterai alcune strutture che si addossano alla cinta muraria e i resti di una decina di capanne: due con focolare che hanno restituito ceramiche e oggetti di vita quotidiana. A nord, addossata alla cortina muraria, vedrai un’area destinata alla conservazione delle derrate alimentari, costituita da un piano dove erano alloggiati dieci silos. Uno di essi ha restituito una significativa quantità di grano, altrettanto era contenuto in grosse giare nelle capanne, le quali, quasi tutte, erano dotate di macine. Una si configura come ‘capanna-mulino’. Pochi dubbi, dunque, sulla principale attività degli abitanti del villaggio: raccolta, lavorazione e stoccaggio del grano, che presuppone una coltivazione intensiva delle fertili pianure ai piedi del nuraghe. Il grano era prodotto in quantità tali da scambiarlo con altri beni, base per traffici commerciali: s’Ortali ‘e su Monti è il massimo esempio di granaio della Sardegna nuragica. È verosimile che l’estensione dell’insediamento, stimato in cento capanne, spaziasse oltre l’attuale parco archeologico.
Nella parte della collina maggiormente rivolta verso il mare, vedrai un spazio delimitato da massi disposti a cerchio, del diametro di quasi dodici metri: non una disposizione casuale. Qui i ritrovamenti, riconducibili alla cultura di monte Claro, attestano la frequentazione del sito durante l’età del Rame (2500-1800 a.C.). Sull'altra collina, nell'area dove un tempo sorgeva l'area sacra neolitica, i nuragici impiantarono una tomba di Giganti del tipo a filari. La loro tipica sepoltura fu costruita contestualmente al nuraghe, nel XV secolo a.C. Il fronte è formato da lastre infisse nel terreno a formare un semicerchio (esedra), al centro è posta la parte inferiore di un’imponente stele centinata con scorniciatura in bassorilievo, in origine costituita da due o tre blocchi. Alle spalle, ammirerai parte del corpo tombale absidato, un tempo lungo oltre 15 metri e largo dieci. Le pareti sono formate da lastre infisse su cui poggiano grossi blocchi granitici. In gran parte si tratta di menhir riusati, provenienti da allineamenti vicini, costituiti da decine di monoliti. Due di essi sono ancora eretti accanto alla tomba, insieme simboli di fertilità e lapidi funerarie, il più alto sfiora i quattro metri.