Loculi
Si adagia nella piana solcata dal Sologo, affluente del Cedrino, a pochi chilometri dalle spiagge della Baronìa, circondato da colline e sorvegliato dal maestoso e candido profilo del Monte Albo, la ‘dolomite sarda’. Loculi, paesino di poco più di 500 abitanti, si trova a 34 chilometri da Nuoro. Il nome deriverebbe da locus, ‘bosco sacro’ o ‘piccolo luogo’. Mentre l’origine potrebbe essere fenicio-punica: nel 1959 in paese fu ritrovata una brocca contenente oggetti in bronzo e monete. Tradizioni agropastorali, artigiane e religiose contraddistinguono il centro. Delle 17 chiese esistenti tra XV e XX secolo, rimangono la parrocchiale di san Pietro e la Madonna de sa Defessa (della Difesa), in onore dei quali si festeggia, rispettivamente, a fine agosto e a metà gennaio. Molto sentiti i riti della Settimana Santa. Nel centro del paese sorge sa Domo de sas artes e de sos mestieris, dove scoprirai, attraverso le immagini del fotografo Carlo Bavagnoli, arti e mestieri baroniensi. Parte della lunga cresta del Monte Albo rientra nel territorio di Loculi: il bastione calcareo ti mostrerà scorci suggestivi lungo itinerari segnalati. I sentieri, un tempo percorsi da carbonai e pastori, s’inerpicano fin sulle cime - le vette ‘gemelle’ sono Turuddò e Catirina (1127 metri) – attraverso boschi di lecci e querce secolari. È oasi faunistica, popolata da mufloni e sorvolata dall’aquila reale. Nella parte a nord, dove la vegetazione si dirada, ti apparirà come un paesaggio ‘lunare’.
Il territorio di Loculi fu frequentato sin dal Neolitico, come documentano domus de Janas, scavate in frontoni rocciosi verticali, alcune ‘a camera unica’ (domu di Pira ‘e Tusu, di Locurréris e di Ena Longa), altre pluricellulari (domus di Tùrrighe e di Puntèri). A un periodo di passaggio da età prenuragica a nuragica risalirebbe una tomba megalitica di tipo dolmenico a Santa Maria di Loculi. Non mancano le sepolture nuragiche: la tomba di Giganti s’Iscusorju (‘tesoro nascosto’), a circa due chilometri dall’abitato, è ricoperta da lentischi, da cui appare un corridoio delimitato da massi granitici conficcati ‘a coltello’ e coperto con lastroni piattabandati. A 15 chilometri dal paese, c’è la tomba di Ena Tunda, di cui si conserva la parte inferiore di corpo allungato e absidato, corridoio rettangolare a sezione ogivale e fronte semicircolare (esedra). La tomba di su Gollèi Lupu, con stele centinata e pianta a sviluppo retto-curvilineo, parrebbe addossarsi a una precedente struttura dolmenica: attorno sono disseminate lastre di copertura. La disposizione dei nuraghi, collegati fra loro, rivela un disegno strategico difensivo. Del ben conservato Caraòcu (o Corricanu), resta un torrione alto cinque metri, la porta con architrave e parte della cella. Suggestivo anche il nuraghe Preda Longa.
Valle nuragica di Truculu
Due nuraghi quasi identici risalenti a circa 3500 anni fa: l’Orruttu e il Sanu si stagliano maestosi a due chilometri l’uno dall’altro, impreziosendo la vallata di Truculu. Forse costituivano, insieme a un insediamento abitativo e due sepolture megalitiche, una reggia fortificata nell’altopiano di Osini, al centro dell’Ogliastra, celebre anche per l’imponente e bellissimo complesso di nuraghe Serbissi. Partendo dal paese raggiungerai la valle oltrepassando la Scala di san Giorgio, uno stretto passaggio sovrastato dal Castello, punta rocciosa forse sede fortificata romano-bizantina. Superato il costone, a circa quattro chilometri dal paese, ti ritroverai in un’area verde disseminata di tracce nuragiche.
Al centro della valle si erge il nuraghe Orruttu. La struttura è monotorre, coperta a tholos (falsa cupola) e costituita da grandi blocchi calcarei ben squadrati. Alla base il diametro è di 12 metri, mentre l’altezza residua di quattro e mezzo. Noterai un ingresso architravato a forma trapezoidale che immette nella camera interna, dove restano due nicchie e la scala. A completare il quadro, accanto alla torre, ci sono i resti di una capanna circolare con atrio rettangolare. La massiccia struttura è stata frequentata dal Bronzo medio al recente (1600-900 a.C.).
Verso la fine della valle, spicca il nuraghe Sanu, il ‘gigante’ dell’area archeologica. Lo schema è identico: monotorre con camera voltata a tholos, alto (oggi) sei metri e con diametro di dodici e mezzo: praticamente ‘gemello’ dell’Orruttu. Apprezzerai l’opera muraria curata, realizzata con conci ben sbozzati e filari orizzontali. I blocchi disposti regolarmente contribuiscono a esaltare la sagoma slanciata. Gli scavi hanno portato alla luce una nicchia e una scala, oltre a vari anelli di bronzo a cerchio aperto, con verga circolare sottile ed estremità appuntite. Anche il Sanu è stato frequentato nello stesso lungo periodo dell’Orruttu, con frequentazioni successive. Le dimensioni esprimono grandiosità: considerato il diametro imponente, entrambi dovevano essere in origine molto alti.
A poche decine di metri dal Sanu ammirerai due tombe di Giganti. Le sepolture, usate nell’età del Bronzo, sono state rifrequentate in età storica. Hanno uno schema a ‘testa di toro’, divinizzato dai popoli nuragici: la camera funeraria rettangolare absidata è la testa, lo spazio semicircolare antistante (esedra), destinato ai rituali funerari, sono le corna. Nella tomba A noterai parte dell’esedra: si conservano, sul lato destro, cinque lastroni infissi nel terreno, sul lato sinistro, un solo grande blocco, che funge da stipite dell’ingresso. La camera rettangolare è lunga quasi dieci metri e larga meno di uno. Nella tomba B l’esedra è rappresentata da tre blocchi nel lato sinistro e da quattro di quello destro.
Scintille di fuoco nelle notti di metà gennaio
Sant’Antonio discese negli Inferi per rubare una scintilla e donarla all’Umanità. È una leggenda, ma dalla notte dei tempi si ringrazia il santo per questo dono vitale accendendo in suo onore enormi falò all’imbrunire del 16 gennaio: ci si raccoglie intorno e ogni comunità dà vita al proprio rituale. In alcuni paesi il rito si ripete nella serata del 20 con spettacolari falò in onore di San Sebastiano. I fuochi incitano le anime a danzare, prima con movimenti simili a sussulti, poi la festa si vivacizza all’aumentare del crepitio dei rami infuocati, la musica di launeddas e fisarmoniche accompagna balli e canti corali, cibo e vino sono offerti agli ospiti: fave con lardo, coccone, pistiddu, dolci di sapa, mandorle e miele. La magia si ripete anche nel 2024: sacro e profano tornano a mescolarsi in un rito collettivo che rinsalda i legami delle comunità e funge da auspicio per un’annata prospera.
Urzulei
Si arrampica sulle falde dell’imponente monte Gruttas, circondato dai paesaggi impervi e selvaggi del ‘suo’ Supramonte: vette alte mille metri, burroni, pareti a strapiombo, voragini, doline, canaloni che arrivano sino al mare. Urzulei è un centro di mille e 300 abitanti del nord dell’Ogliastra al confine con le Barbagie, basato sull’allevamento, da cui provengono prelibate eccellenze: prosciutti e guanciali (di maiale o di cinghiale) e formaggi, tra cui casu marciu, sa frue e caglio di capretto.
Al confine con Orgosolo sarai impressionato da su Gorropu, gola profonda 500 metri e lunga un chilometro e mezzo, uno dei canyon più grandi e spettacolari d’Europa, modellato nei millenni dal Flumineddu, uno dei due maggiori corsi d’acqua della zona, insieme al Codula di Luna, che scorre dolcemente sino al golfo di Orosei. Ginepri e tassi millenari, foreste di leccio, come su Fennau, ed essenze mediterranee ricoprono le vallate, colorate in primavera anche da orchidee, rose peonie e oleandri. È l’habitat di muflone e aquila reale. Nell’oasi sa Portiscra vedrai anche il cervo sardo.
Per secoli limite d’accesso per i dominatori romani, questi territori per un terzo sono composti da rocce carbonatiche forate da circa 200 grotte. Si distinguono quelle di su Palu, 15 chilometri di gallerie e sale simili a mondi fiabeschi, de s’Edera, in cui scorrono tre corsi d’acqua che si riuniscono in un torrente riemergente nella sorgente di su Gologone; e di su Eni de Istettai, che arriva sino nel cuore del Supramonte, meta di speleologi di tutto il mondo. I rilievi impervi furono ampiamente abitati in età nuragica. A testimoniarlo le due monumentali tombe di Giganti di s’Arena, parte del complesso comprendente il nuraghe Perdeballa, il villaggio Or Murales, che con oltre cento capanne è uno dei più grandi dell’Isola, e il santuario ipogeico sa Domu ‘e s’Orcu, grotta che sovrasta il paese, dove è stata trovata ‘La madre dell’ucciso’, celebre bronzetto esposto al museo archeologico nazionale di Cagliari. Potrai visitare grotte e siti nel cammino di san Giorgio, da cui ammirerai s’Iscala de su Piscau.
Il paese è impreziosito da antichi edifici di culto: la cinquecentesca chiesa di san Giorgio, in stile gotico-aragonese, la parrocchiale di san Giovanni battista (XVII secolo) che custodisce altare in marmo rosa e pregevole battistero, e chiesetta di sant’Antonio da Padova. Il patrono è celebrato due volte: 26 aprile e fine agosto, quando assisterai al palio di Urzulei. San Giovanni è festeggiato il 24 giugno. Una settimana prima si festeggia nella chiesetta di san Basilio magno del villaggio medioevale di Mannorri, scomparso a fine XVIII secolo per una vicenda misteriosa che racchiude faida e balentia, amore e tradimento. Echi del passato sono in musiche, balli, gare poetiche e nelle casette rionali del museo Andalas de memoria. Dei riti del culto di Dioniso resta memoria nella maschera carnevalesca di su mamuthon’e bruvera, detta anche s’Urcu. Ogni agosto il paese è animato da un torneo di morra, cui partecipano contendenti di tutta Europa. La cucina è tradizione: macarrones imboddiaos, culurgiones, maialetto e capretto arrosto, agnello al tegame e pecora in cappotto, selvaggina alla cacciatora o aromatizzata col mirto. Tutto accompagnato dal cannonau. Su piggiolu è il pane per eccellenza.
Seui
Un affascinante borgo medioevale che s’arrampica a 800 metri d’altitudine sulle pendici meridionali del Gennargentu. Attorno a Seui, paese di mille e 300 abitanti, ammirerai un paesaggio multiforme di colori che si alternano a seconda delle stagioni. Un mondo incantato da percorrere in itinerari di trekking o a bordo del Trenino Verde. Lo scenario è impreziosito dalla foresta di Montarbu: 2800 ettari tra pareti verticali e vallate solcate da ruscelli e cascate, come Serra Middai. È oasi faunistica per aquila reale, cervo, daino e muflone. Nell’ascesa a Punta Margiani Pubusa (1325 metri), ammirerai l’inghiottitoio su Stampu e raggiungerai il monumento Perda Liana. I lecci coprono metà dei 15 mila ettari di territorio seuese, abbondano roverelle, sughere e conifere sulle vette. Un tratto insolito è il bosco di carpino nero e tasso del monte Tonneri. Fanno da cornice al borgo castagni, che in autunno si tingono di colori caldi. Immerse tra rocce e boschi, le testimonianze preistoriche: a mille metri d’altezza spicca il nuraghe Ardasai, una torre centrale cinta da mura, cui sono addossate altri torri. Attorno resti di capanne.
Seui è un ‘paese-museo’ a partire dalla palazzina liberty, dimora signorile divenuta esposizione d’arte e tradizioni popolari, che conserva anche i ricordi dell’attività mineraria: il complesso dismesso di Fundu e’ Corongiu sfruttava l’unico giacimento di antracite nell’Isola, attivo per oltre un secolo (1850-1960). L’itinerario si snoda attraverso case in scisto con archi, balconi in ferro battuto e tetti in coppo che seguono l’andamento tortuoso delle viuzze del centro. Dalla palazzina-museo passerai al carcere spagnolo, in funzione da metà del XVII secolo al 1975: alloggio di guardia, cucina e tre celle per tre secoli sono stati strumento di giustizia (e di tortura). Percorrendo via Roma arriverai alla casa-museo Farci, dove visse lo scrittore e politico Filiberto Farci, amico di Emilio Lussu e cofondatore del partito sardo d’azione. Ultima tappa è la galleria civica, dentro s’Omu comunali, imponente palazzo civico di fine XIX secolo, ricco di opere d’arte, tra cui pregevoli dipinti di scuola caravaggesca. Stradine e case in pietra gravitano attorno alla parrocchiale di santa Maria Maddalena, che ospita un fonte battesimale marmoreo con fregi (1644) e una ‘particolare’ statua in legno policromo della santa. La settecentesca chiesa di san Giovanni battista custodisce il carro che porta in processione la Madonna del Carmelo nella festa più sentita, a fine luglio. In onore del santo, a fine giugno, c’è su Cardamponi (pranzo comunitario). Famoso, durante la commemorazione dei defunti, è su Prugadoriu, ‘Halloween sarda’. Nelle feste gusterai le prelibatezze di tradizione agropastorale: culurgionis, civargèddus, ceci, lardo e patate, pecora in cappotto, còrda e piselli, carni arrosto e formaggi.
Tortolì
Tortolì è la porta d’Ogliastra, dà accesso a un territorio multiforme e sorprendente: attorno alla città, abitata da undicimila residenti e animata da decine di migliaia di visitatori in estate, troverai spiagge tropicali, boschi e macchia mediterranea, fertili pianure e stagni, dolci colline coltivate e una particolarità, una striscia di porfido rosso che corre parallela alla costa. Le Rocce Rosse sono l’esempio più spettacolare. Il monumento naturale della frazione di Arbatax affiora da acque verdi smeraldo offrendo un suggestivo contrasto cromatico: è scenario del festival musicale Rocce Rosse Blues. Accanto c’è il porto, punto d’arrivo dei turisti e luogo di imbarco alla scoperta delle splendide cale ogliastrine. Il mare di Tortolì è un incanto, il litorale isolano più premiato con le ‘bandiere blu’. Dietro le Rocce Rosse spicca Cala Moresca, perla ‘cittadina’ con scogli granitici e sabbia dorata. Poco più a sud le tonalità azzurre di Porto Frailis e il lungo Lido di Orrì: sedici chilometri di insenature nascoste e spiaggette, tra cui la splendida Cala Ginepro, con sabbia fine, sassolini levigati e un boschetto di ginepri, e San Gemiliano. Gli scogli rossi affiorano anche nel paradiso di Cea, quattro chilometri di sabbia bianca e soffice. Lo spettacolo della natura è completato da accoglienti aree verdi: il parco urbano La Sughereta e il parco Batteria, in cime a una collina, con vista su tutto il golfo.
L’età nuragica ha lasciato nel territorio più di 200 monumenti, il sito di s’Ortali ‘e su Monti ne è completa rappresentazione: nei suoi sette ettari sono compresi un nuraghe complesso, una tomba di Giganti, due menhir, capanne, una domu de Janas, un muro e resti di un altro nuraghe. Con l’arrivo di fenici (VII secolo a.C.) e punici nell’area sorse Sulci Tirrenica, porto strategico per i navigatori antichi. Tracce puniche si trovano nello stagno di Tortolì, mentre vestigia del dominio romano sono i relitti di navi nei fondali del golfo. Eredità spagnola sono le torri di controllo, tra cui la torre di san Miguel. Tra i monumenti cittadini, il museo d’arte moderna su Logu de s’Iscultura e l’ex cattedrale di sant’Andrea, realizzata a fine XVIII secolo in stile classicheggiante su una chiesa più antica, di cui restano due cappelle, in una fu trovato il simulacro di santa Elisabetta d’Ungheria. All’interno c’è un sontuoso altare in marmi policromi. La festa tortoliense più sentita è Stella Maris, a fine luglio, nella chiesetta di Arbatax, con processione a mare.
Nei ristoranti assaporerai i culurgiones, ravioli chiusi ‘a spiga’, e le zuppe, porcetto e agnello arrosto e pecora bollita. Tutto accompagnato da un bicchiere di cannonau, immancabile nell’esperienza ogliastrina.
Cardedu
Un borgo turistico a pochi minuti da splendide spiagge nato in seguito a un tragico evento. Cardedu è il Comune più giovane d’Ogliastra, un centro di meno di duemila abitanti che si affaccia sulla costa ogliastrina, il cui nucleo originario è composto da alcune famiglie di Gairo, che dopo una violenta alluvione di metà XX secolo, furono costrette ad abbandonare le case della Gairo Vecchia e a trasferirsi parte nella nuova Gairo e parte nella piana vicino al mare. Nell’area dove sorge il paese ci fu prima un insediamento sparso, detto ‘la borgata’, poi attorno ad esso, nel 1966 furono costruite le abitazioni per le famiglie gairesi e nacque il vero e proprio paese. Cardedu fu frazione di Gairo sino al 1984, anno dell’autonomia comunale. All’interno dell’abitato sono da segnalare la chiesa parrocchiale di San Paolo Apostolo, al cui interno c’è una Via Crucis, frutto del talento multiforme di Maria Lai. Il centro è di recente formazione, ma la popolazione ha un patrimonio culturale millenario, che affonda le proprie radici in Gairo Vecchio e si manifesta nel saper fare locale (coltelleria, cestineria ed enogastronomia), nelle tradizioni popolari e nelle celebrazioni religiose.
Nel suo territorio, abitato dalla preistoria, compaiono diversi siti archeologici. Al Neolitico sono da riportare le domus de Janas di monte Arista le domus de Janas di Cucuddadas e i menhir di Costa Iba. La fase maggiormente testimoniata è quella nuragica: quattro nuraghi, tra i quali nuraghe Perda ‘e pera, e un imponente pozzo sacro su Presoneddu, ancora integro.
Il territorio ha una conformazione molto varia: ampie pianure, dolci colline, rilievi montuosi, tra cui l’oasi naturalistica del monte Ferru, ed estesi litorali, in cui si alternano sabbia e rocce. La costa sabbiosa è lunga quasi cinque chilometri: nella Marina di Cardedu si susseguono, con un fondo di sabbia chiara abbastanza sottile mista a piccoli ciottoli, le spiagge di Foddini, di Tramalitza, di Museddu e di Perd’e Pera. Le acque sono trasparenti e limpidissime. Poi inizia un tratto roccioso e frastagliato di un chilometro, caratterizzato da colorazione rossastra tipica dell’Ogliastra e da bassa macchia mediterranea. All’estremo sud della costa di Cardedu c’è sa Spiaggetta, con ciottoli levigati di notevoli dimensioni.
Grotta del Miracolo
Dall’entroterra alla costa, il Supramonte cela un mondo sotterraneo segnato dal lavoro paziente dell’acqua. Il disciogliersi dei calcari ha generato tesori come sa rutta ‘e su Meraculu, la grotta del Miracolo, che dalle pendici di Baccu Erettili si affaccia su Cala Sisine. Visitando la ‘mistica’ bellezza del gioiello di Baunei, capirai l’origine del nome. In milioni di anni la natura ha plasmato le rocce creando una successione di ambienti delimitati da pareti con formazioni calcaree che sono opere d’arte. Una scenografia ‘espressionista’ formata da colonne, stalattiti, stalagmiti, pisoliti, vaschette e pavimenti lucidi.
La grotta si sviluppa per 200 metri con una temperatura di 17°. L’atrio si immette, tramite uno stretto corridoio con stalagmiti ‘a cavolfiore’, al vano centrale, lungo cento metri e alto da quattro a sei: una splendida galleria di sculture naturali.
Tra cavità e volte intrecciate, gli effetti cromatici e luminosi sono affascinanti. C’è anche una sorgente, un tempo cara ai pastori. Il percorso offre un’emozione dietro l’altra. Fra le varie concrezioni, una ha forma di anfora, mentre una colonna ricorda la Torre di Pisa. La ‘stanza del tesoro’ dalle tonalità rosse e grigie, è coperta da volte innervate da costole trasparenti, che riproducono un cielo stellato. Lo vedrai meglio salendo su un soppalco di scisti. Le forme sono bizzarre: ci sono una clessidra e un ranocchio. Persino un’aula: una robusta stalagmite è il maestro mentre i cumuli intorno gli scolari. Il camminamento interno ti consentirà di ammirarne i profili e intravedere ambienti ancora da esplorare. Nel buio, il ritmo lento dell’acqua procede indisturbato.
Ti immergerai nell’atmosfera sacrale ‘del Miracolo’ via mare con i servizi in funzione da Arbatax e Santa Maria Navarrese. Via terra arriverai a Cala Sisine con un lungo, impegnativo ed emozionante trekking. Da qui un sentiero, segnato dal rosa degli oleandri e dal grigio perla dei ciottoli di una stretta gola incassata, sale gradatamente sino all’imboccatura della grotta. Nel tuo soggiorno in Ogliastra non perdere occasione per ammirare coi tuoi occhi le altre magnifiche perle del golfo di Orosei: Cala Goloritzè, Cala Biriola, Cala Mariolu e Cala Luna.
Villagrande Strisaili
È il paese della longevità, con la più alta concentrazione al mondo di ultracentenari in proporzione alle nascite: dal secondo dopoguerra ne ha registrato più di trenta. Villagrande Strisaili, popolato da tremila e 200 abitanti, si arrampica a 750 metri d’altitudine sulle pendici meridionali del Gennargentu, nell’Ogliastra più profonda, ma a pochi minuti dalla costa orientale. Il monte Suana la protegge a ovest, a nord incombono i monti Isadalu e Orguda e a sud il monte Idòlo. Tutti superano i 1300 metri e si alternano ad altopiani e valli. A oriente il paese si affaccia sulla piana ogliastrina con vista sul golfo di Arbatax. Il territorio di Villagrande è il terzo per estensione fra i Comuni sardi: è fatto di vertiginose pareti rocciose, è ricoperto da querce, rovere e lecci secolari, dove vivono mufloni e aquila reale, ed è ricco di torrenti e sorgenti. Include anche il monte Novu e il parco di santa Barbara, un bosco che custodisce tante testimonianze preistoriche: sette tombe di Giganti e una megalitica, 17 nuraghi e dieci villaggi nuragici. A inizio luglio si celebra la santa con una sagra nel parco. Da qui un sentiero ti porterà alla spettacolare cascata di Sothai, formata dal Flumendosa che si riversa nel canyon Bau Vigo. A sette chilometri da Villagrande, al centro di un altopiano, distesa sulle sponde del lago del Flumendosa, sorge la frazione di Villanova Strisaili, che conserva i tesori naturali più selvaggi: la gola di Pirincanes e le cascate di Rio ‘e Forru. Potrai raggiungere le due meraviglie con un itinerario e ammirarli da un balcone naturale. Foreste attorno completano lo scenario con sottobosco di macchia mediterranea. Qui affiorano altre testimonianze prenuragiche: cinque domus de Janas e il menhir sa Pred’e s’Orcu. Il sito nuragico più importante è s’Arcu ‘e is Forros, vicino al lago: accanto a nuraghe trilobato e capanne sorge un tempio a megaron, in blocchi di granito e scisto. Tesori archeologici sono anche il complesso di Troculu, con due nuraghi, villaggio e tomba di Giganti e l’area archeologica sa Carcaredda con quattro tombe di Giganti vicine a un raro tempio in antis e a un villaggio.
Le tradizioni sono inalterate da secoli: Fuochi di sant’Antonio abate e festa di san Sebastiano inaugurano l’anno. La festa patronale è il primo agosto in onore di san Gabriele, cui è intitolata la parrocchiale. Anche la cucina ha sapori antichi: il prodotto d’eccellenza è il prosciutto. Tra le specialità spiccano: is gathulis, ciambelle fritte, is culurgiones, ravioli con ripieno di patate, pecorino e basilico, carni arrosto e sa paniscedda, dolce con miele, uva e mandorle.
Grotte del Bue Marino
La regina qua era il ‘bue marino’: così la popolazione locale chiamava la foca monaca per sagoma affusolata, comportamento mite e caratteristico verso simile a quello di un bue. Il magnifico esemplare di mammifero, oggi (forse) scomparso, ha dato il nome a una meraviglia della natura: le Grotte del Bue marino, fin dagli anni Cinquanta, una delle maggiori attrattive del golfo di Orosei, in particolare di Cala Gonone, nel territorio di Dorgali. Oggi sono meta ambita degli amanti della natura e ideale unione fra mare e montagna: rientrano nel sistema carsico Codula di Luna, il più vasto d’Italia, settanta chilometri di tunnel nelle viscere del Gennargentu.
L’ingresso maestoso, formato da due arcate a picco sul mare, si trova a tre chilometri dalla splendida Cala Luna. Le cavità marine sono lunghe in tutto 15 chilometri e suddivise in due diramazioni principali. Il ramo nord , divenuto fossile a causa della cessata attività carsica, non è accessibile. Potrai visitare, invece, il ramo sud grazie a percorsi attrezzati e illuminati per circa 900 metri. Agli speleologi è consentito perlustrare gli altri quattro chilometri (dei cinque totali del ramo). Nell’ampia galleria penetra l’acqua del mare e affiorano numerosi laghetti d’acqua dolce alimentati da fiumi sotterranei e separati da spiaggette sabbiose, ricche di concrezioni. Il percorso ‘turistico’ tra stalattiti e stalagmiti offre uno straordinario spettacolo cromatico grazie ai fasci di luce che penetrano all’interno. Non riuscirai a rimanere indifferente di fronte alle lunghe ombre proiettate sulle acque di un lago salato sotterraneo con superficie di oltre un chilometro quadrato.
La cavità è famosa anche per esoteriche incisioni rupestri, risalenti al Neolitico, raffiguranti un cerchio umano attorno a una (supposta) rappresentazione del sole. La passeggiata si conclude nella spiaggia delle foche, che un tempo qui sostavano per accoppiarsi e partorire i loro piccoli. La visita, assistita da guide esperte, dura circa un’ora. Per raggiungere le grotte avrai a disposizione i servizi con battello nei porti di Arbatax, Cala Gonone, La Caletta, Orosei e Santa Maria Navarrese. Altra unicità è la celebrazione ogni anno, all’interno delle grotte, di uno spettacolare concerto nell’ambito del festival Cala Gonone Jazz. Nella visita al golfo di Orosei, non perdere occasione per conoscere il mondo magico di Dorgali: storia, archeologia, arte manifatturiera e patrimonio naturalistico di 225 chilometri quadrati.