Nuraghe Albucciu
Una passeggiata nelle campagne di Arzachena, rinomato centro turistico della Gallura, ti permetterà di scoprire un paesaggio fatto di vigneti e campi destinati al pascolo, un territorio abitato da sempre, che custodisce un ricco patrimonio archeologico ereditato dalle civiltà che popolarono l’area nella preistoria. Ad appena due chilometri e mezzo di distanza dall’abitato arzachenese troverai il nuraghe Albucciu, uno dei più caratteristici e rilevanti esempi di edificio ‘a corridoio’ (o protonuraghe), ossia gli antenati dei nuraghi, anche se le coperture tronco-ogivali risentono della successiva tecnica di edificazione a tholos.
Risalente all’età del Bronzo Medio (XV secolo a.C.), i secoli, anzi i millenni, hanno fatto sì che il nuraghe sia del tutto nascosto in un frastagliato boschetto di olivastri e di macchia mediterranea. La peculiarità, che lo differenzia da vari nuraghi della zona, è la tecnica costruttiva. Gli imponenti blocchi di granito furono addossati con cura a un’imponente roccia granitica chiara che costituisce parte della muratura dell’edificio principale, nonché parte preponderante di tutto il nuraghe.
La struttura è molto ben conservata nonostante alcuni crolli. La pianta è irregolare, tipica dei protonuraghi (o ‘pseudonuraghi’). La forma è rettangolare con orientamento a nord-sud e facciata a oriente. Giunto all’ingresso, sovrastato da un’architrave e aperto sull’ampia facciata, osserverai, a sinistra, un profondo ripostiglio e, a destra, un’ampia camera ellittica coperta a tholos. Noterai anche una serie di mensoloni che, in passato, dovevano reggere una balaustra a protezione del terrazzo. Superato l’ingresso, scorgerai due nicchiette contrapposte sui due lati. Andando ancora oltre troverai un andito trapezoidale, mentre sollevando lo sguardo apparirà un soffitto chiuso a falsa cupola. Nel versante meridionale si estende l’ambiente più ampio del pianoterra. La copertura molto alta permise la creazione di un soppalco in legno che divideva la sala in due piani. In quello inferiore su un lato è aperta una finestra bifora, mentre nel pavimento un sedile vicino al focolare e un armadietto a muro danno ancora oggi l’impressione di ‘vissuto’. Il piano superiore è uno degli ambienti più ampi dell’intero edificio: ci accederai tramite una scala. È composto da un’area semicircolare a cielo aperto e da una serie di vani, tra cui una vasta camera circolare, la più grande del nuraghe, accessibile soltanto dalla terrazza. Nel piano superiore si svolgevano le principali attività quotidiane: lavorazione di latte e cereali, la cottura di pane e altri cibi.
Tra i reperti più importanti che il sito ha restituito, spiccano un pugnaletto a elsa gammata, una statuetta di offerente e un ripostiglio di bronzi. Gli oggetti permettono di datare il nuraghe Albucciu tra fine del Bronzo Medio ed età del Ferro (1400-650 a.C. circa). L’area archeologica, oltre al nuraghe, comprende anche i resti di capanne circolari, che formavano il villaggio nuragico, e a 80 metri dal complesso i resti della tomba di Giganti detta tomba Moro, probabilmente collegata alla vita dell’Albucciu. Non lontano si trova anche il tempietto nuragico di Malchittu.
Cala di Budoni
Borgo marinaro ricco di fascino, movida, storia e tradizioni, Budoni, comune gallurese al confine con la Baronìa, non poteva non annoverare fra le sue perle un corollario di spiagge da sogno. Cala di Budoni ne è senza dubbio un fulgido esempio. Lunga circa quattro chilometri, si estende tra le punte Li Cucutti e Porto Ainu e si affaccia su un mare cristallino, con fondale basso, adatto ai più piccoli, con un arenile di sabbia fine e chiara. Nella sua lunga e sinuosa estensione il litorale di Cala di Budoni assume vari nomi: Li Salineddi, Salamaghe, Lido del Sole e sa Capannizza.
La spiaggia è ricca di comfort e servizi: è accessibile ai diversamente abili e dotata di ampio parcheggio. Nella zona, inoltre, sono presenti strutture ricettive come hotel e campeggi, bar e punti di ristoro. Potrai noleggiare attrezzatura balneare. La cala è amata da quanti praticano windsurfing e dagli appassionati di immersioni subacquee e snorkeling.
Nelle vicinanze un habitat naturale di grande varietà. La macchia mediterranea, che sorge fra la sabbia, borda il litorale e lo impreziosisce di sfumature verdi. In questo paesaggio spettacolare sono presenti piccole dune, stagni e pinete, che accolgono una ricca avifauna. Nel territorio di Budoni conoscerai anche altre perle costiere: Li Cucutti, ‘colline’ in gallurese, come quelle ricoperte da rigogliosa e verde pineta che attorniano la spiaggia ampia che si immerge nel mare turchese; la bella (e mai affollata) spiaggia di Baia sant’Anna, fatta di sabbia dorata piuttosto grossa e bagnata da un mare cristallino e verde, con fondale che diventa subito profondo, e cala Ottiolu, a ridosso della piccola frazione di Porto Ottiolu, stupendo arenile di fine sabbia bianca che si immerge nel mare cristallino, molto amata e frequentata.
Posada
Si arrocca su un colle calcareo, sormontato da un castello, dalla cui cima osserverai uno splendido panorama. Posada, paese di tremila abitanti inserito nel club dei borghi più belli d’Italia, è uno dei luoghi più suggestivi dell’Isola per storia, cultura e paesaggi. Ai piedi del borgo si distende la valle del rio Posada (da risalire in kayak), ideale per amanti di natura e archeologia. Lo sbarramento del fiume crea il lago di Maccheronis: intorno itinerari per mountain bike, sullo sfondo il Montalbo. Siamo nel parco di Tepilora, una delle aree verdi più grandi e belle dell’Isola con sentieri che si insinuano tra foreste, sorgenti, lagune e dune di sabbia, ideali per escursioni di trekking, biking e a cavallo. Potrai fare birdwatching nello stagno di San Giovanni, popolato da cavalieri d’Italia e fenicotteri rosa, o, accanto, rilassarti nella spiaggia omonima, ‘perla’ di un tratto costiero premiato ogni anno con le Cinque Vele blu. Da non perdere anche le spiagge di su Tiriarzu, Iscraios e Orvile.
Sorta sulle ceneri della fenicia Feronia (nome di una dea etrusca), Posada è uno dei centri sardi più antichi: forse fu insediamento italico-etrusco (V-IV secolo a.C.). Il maggior reperto dell’epoca è una statuetta di Ercole. In età romana tutto ruotava attorno al portus Liquidonis, attuale San Giovanni di Posada, borgata di mare dominata da una torre aragonese. Il toponimo latino Pausata ne incarna il destino: fu stazione di sosta e luogo di frontiera. Papa Urbano II per primo citò Posada in documenti ufficiali nel 1095, in età giudicale: il centro era all’apice della sua storia, confine tra giudicati di Gallura e d’Arborea, che se ne contesero a lungo il possesso, con incursioni aragonesi. A dominare il borgo, dal XIII secolo, il castello della Fava: forse era una residenza turistica ante litteram dei giudici, compresa Eleonora d’Arborea. Potrai visitare la fortezza scalando il colle: ammirerai la torre e i ruderi della cinta muraria. Deve il nome a una leggenda, che narra dell’assedio di una flotta turca e dell’inganno ‘ingegnato’ dai posadini che fecero mangiare l’ultima manciata di fave a un piccione inducendo gli invasori a sovrastimare le loro risorse. La realtà non si discosta: a partire dal XIV secolo Posada fu ‘vittima’ di incursioni dei pirati saraceni, che l’adocchiarono dal mare come un tesoro. Oggi conserva il fascino medievale: è un ‘labirinto di pietra’ con intricati vicoli, ripide scalinate, archi e piazzette inaspettate, che sanno di fughe e rappresaglie. Al centro spicca la parrocchiale di sant’Antonio abate, e ricostruita nel Seicento su un impianto del 1324: i festeggiamenti in onore del patrono sono a metà gennaio, tra enormi falò, processioni e degustazioni di dolci (cogoneddos e aranzada). Le celebrazioni più sentite sono per la Madonna del soccorso, la prima domenica dopo Pasqua.
Lu Impostu
La spiaggia simbolo, La Cinta, si chiude a nord con Puntaldìa, appena superato il promontorio, troverai altre due gioielli di San Teodoro che per bellezza dell’arenile e limpidezza del mare le fanno una concorrenza spietata. Una è Lu Impostu, del quale l’origine del nome (‘luogo di spedizione’) non è chiara: forse era un avamposto commerciale e di imbarco merci. Certo è che si tratta di un’opera d’arte delle natura, una delle attrazioni principali della Gallura.
Lunga un chilometro e molto larga, la spiaggia è fatta di dune di sabbia finissima e soffice, candida e brillante, punteggiate da ginepri e mimose, cardi e gigli marini. L’acqua è limpida e riflette i raggi del sole assumendo tutte le tonalità dell’azzurro e del verde. Il fondale è basso, adatto ai bimbi, in gran parte sabbioso e digrada dolcemente verso il largo.
Il confine settentrionale di Lu Impostu è Puntaldìa, mentre a sud è Capo Capicciolu, oltre il quale si apre l’altra meraviglia teodorina: Cala Brandinchi. Di fronte si allunga la penisola di Capo Coda Cavallo, un po’ più a nord domina l’imponente sagoma dell’isola di Tavolara. Insieme costituiscono l’area marina protetta, della quale fa parte anche Lu Impostu, alle cui spalle si estende il secondo stagno più grande di San Teodoro, comunicante col mare attraverso un canale a sud della spiaggia. Intorno fioriscono vegetazione palustre e macchia mediterranea contribuendo a rendere la location un ‘museo’ naturalistico. Ancora più a sud, al confine del territorio di San Teodoro, perla del turismo in Sardegna, troverai un’altra bellissima spiaggia, s’Isuledda.
Lu Impostu ti garantisce tutti i comfort e servizi: è accessibile ai diversamente abili e ha un ampio parcheggio (adatto anche ai camper), punti ristoro, noleggio imbarcazioni e attrezzatura balneare. Nelle vicinanze troverai campeggio, alberghi, ristoranti, locali, guardia medica e ufficio informazioni.
Santa Teresa Gallura
Il mare è l’indiscusso protagonista di Santa Teresa Gallura, borgo di circa cinquemila abitanti, che d’estate si moltiplicano con l’arrivo di decine di migliaia di turisti, che la animano fra aperitivi in locali alla moda e musica dal vivo. Vittorio Emanuele I di Savoia la fondò nel 1808, ribattezzando col nome della moglie Maria Teresa una località detta Longosardo (o Longone), ‘finestra’ privilegiata verso le scogliere di Bonifacio. L’abitato segue il sinuoso andamento di due insenature. A oriente Porto Longone, dove sorge il porto turistico, a occidente la baia di Rena Bianca, distesa di sabbia finissima dai colori abbaglianti, a pochi passi dalla piazza principale del paese. Le sue limpide acque ammaliano con mille tonalità, più volte premiate con la ‘Bandiera Blu’. È controllata dall’alto dalla suggestiva torre di Longonsardo, costruita per volere di Filippo II di Spagna. Intorno al borgo altre affascinanti spiagge, ne potrai visitare una o più al giorno: l’ampia e attrezzata La Marmorata, la pittoresca Cala Sambuco, la suggestiva Cala Balcaccia e santa Reparata, che ti colpirà per mare limpido e scogliere rocciose, perfette per immersioni. Proseguendo verso ovest, troverai il promontorio di Capo Testa, punta settentrionale dell’Isola. Lungo l’istmo che unisce la penisola-promontorio alla terraferma si distendono due bellissime spiagge: Rena di Ponente e Rena di Levante. Con qualsiasi condizione di vento, godrai del mare calmo frequentando una o l’altra. Dalla spiaggia occidentale si arriva fino a Capicciolu (o spiaggia di zia Colomba), fatta di granelli dorati. Qui (forse) sorgeva l’antica Tibula (e il suo porto), punto di partenza per le navi cariche di granito, usato per ornare i palazzi dell’antica Roma. Nella parte occidentale del capo, spicca lo spettacolo di Cala Grande - Valle della Luna, simbolo di Santa Teresa: tra pareti di granito, modellate dalla natura, affiorano calette nascoste. È lo scenario magico del festival Musiche sulle Bocche, ancora più spettacolare se illuminato dal chiarore lunare. Mentre in direzione Palau troverai le piscine granitiche della Valle dell’Erica, la lunga Porto Liscia-Sciumara, patria del surf, e la pace incantevole della Conca Verde. In una romantica pineta a tre chilometri dal paese, risplende la cupola rivestita di rame della chiesa del Buoncammino, costruita a inizio XX secolo su un edificio medievale. Da non perdere la Batteria Ferrero, rudere di fortificazioni della seconda guerra mondiale con postazioni di artiglieria, bunker, caserme e miniere. I complessi archeologici più interessanti sono nuragici: Lu Brandali e sa Testa.
Castello della Fava
Intorno al 1300 una flotta turca (o saracena) assediò Posada cercando di conquistarla per sfinimento e fame. Per ingannare gli assedianti gli abitanti del borgo fortificato, ormai stremati e non in grado di reggere la battaglia, fecero mangiare una manciata di fave, ossia ciò che rimaneva delle loro derrate alimentari, a un piccione. Prima di liberarlo in volo, lo ferirono. L’uccello cadde nell’accampamento nemico con lo stomaco pieno: lo strano gonfiore fu notato e così anche l’abbondante pasto, inducendo gli arabi a sovrastimare le risorse del castello: a quel punto desistettero dall’assedio. È la leggenda da cui deriva il nome del castello della Fava, fortezza costruita dai giudici di Gallura nel XIII secolo. Il racconto leggendario non si discosta tanto dalla realtà: a partire dal XIV secolo Posada fu ‘vittima’ di incursioni dei pirati saraceni, che l’adocchiarono dal mare come un tesoro e spesso la depredarono. Non a caso, il borgo medioevale, inserito nel club dei borghi più belli d’Italia, è un ‘labirinto’ di stretti vicoli e piazzette nascoste: l’architettura stessa richiama imboscate, assalti e fughe.
Il castello, realizzato con conci di pietrame poco lavorati, è visitabile: si erge in cima a un verdeggiante colle calcareo, sul cui pendio è arroccato l’attuale centro abitato. Scalando agevolmente il rilievo, ne ammirerai la torre merlata e i ruderi della cinta muraria, che, con pianta quadrangolare irregolare, un tempo cingeva anche una serie di cisterne. Dall’alto godrai di un panorama che va dalla valle del rio Posada (da percorrere in kayak) alle incantevoli spiagge attorno alla borgata marina di San Giovanni di Posada. Siamo nel territorio del parco di Tepilora, una delle aree verdi più grandi e belle dell’Isola con sentieri che si insinuano tra foreste, sorgenti, lagune e dune di sabbia, ideali per escursioni di trekking e biking.
In età giudicale Posada era all’apice delle sue vicende storiche, terra di confine tra i giudicati di Gallura e d’Arborea. Il castello fu a lungo conteso fra i due regni e nel 1380 finì anche nelle mani degli aragonesi per poi tornare agli arborensi sotto il comando di Brancaleone Doria. Improbabile che fosse presidio militare, piuttosto dimora dei giudici, forse anche di Eleonora d’Arborea. C’è chi pensa fosse una residenza turistica ante litteram. Posada fu luogo di confine anche prima del Medioevo, lo stesso toponimo Pausata indica ‘stazione di sosta’ e ‘luogo di frontiera’. La sua storia iniziò circa nel V secolo a.C. sulle ceneri della fenicia Feronia, forse insediamento italico-etrusco, uno dei centri abitati sardi più antichi.
San Teodoro
La Cinta, una sottile e lunga distesa di sabbia dorata abbracciata dal mare azzurro e cristallino, Cala Brandinchi, un litorale bianco e acque simili a paradisi tropicali ribattezzato, non a caso, Tahiti, Lu Impostu, suo naturale proseguimento, la magnifica Marina di Puntaldìa con il suo moderno porto turistico e lo spettacolo caraibico di s’Isuledda. Sono le spiagge simbolo di San Teodoro, rinomato centro turistico, particolarmente amato dai giovani per la sua movida estiva, il cui territorio vanta anche altre famose perle costiere: impossibile non visitare anche Cala Ginepro, baia profumata dalla macchia mediterranea, la spiaggia di Coda Cavallo, che ti spalancherà con stupore lo sguardo verso l’imponenza di Tavolara e la sua area marina protetta, Cala Ghjlgolu, che sorprenderà con una roccia modellata da vento e mare a forma di tartaruga, una delle attrazioni naturali più amate, soprattutto dai bambini. E poi ci sono le meno famose e altrettanto belle: Baia Salinedda, Cala d’Ambra, Cala Suaraccia, Li Corri di Li Becchi, Li Marini e Seghefusti. Lo spettacolo della costa è completato, alle spalle delle spiagge, dalla la laguna di San Teodoro, punto di sosta dei fenicotteri rosa nei periodi migratori e residenza del cavaliere d’Italia, luogo ideale per passeggiate e birdwatching.
Conosciuto in Gallura come Santu Diàdoru, il borgo è abitato da poco meno di cinquemila residenti in inverno, animato da decine di migliaia di turisti d’estate. Il centro prese vita nel XVII secolo, nell’immediato entroterra alle pendici orientali del massiccio di monte Nieddu, quando pastori e pescatori popolarono la splendida porzione di terra, frequentata comunque sin dalla preistoria. Il nuraghe della borgata Naracheddu è la testimonianza più rilevante. Esisteva un centro abitato anche in età romana: i reperti archeologici sono documentati nel museo del Mare.
Fra gli appuntamenti da non perdere, le feste del patrono san Teodoro, la cui chiesa fu ricostruita a metà XX secolo, e quella di sant’Andrea, che si svolge nel quartiere di Montipitrosu. Molto suggestivi i fuochi di sant’Antonio Abate, festa detta Lu Fuculoni, durante la quale la popolazione si raccoglie attorno ai falò in onore del santo. San Teodoro è luogo di delizie per il palato: a maggio ecco l’Aglióla, dove assaporare i piatti tipici. La cucina ti conquisterà con la zuppa gallurese, fatta con pane, formaggio e brodo di manzo. Arrivato al dolce, fatti tentare da cucciuléddi milàti, fagottini al miele, frisjióli léti, frittelle, e niuléddha, con mandorla e arancia grattugiata. Tutto accompagnato da un calice di vermentino di Gallura.
Parco dell'Arcipelago della Maddalena
Istituito nel 1994, primo in Sardegna, il parco nazionale dell’arcipelago della Maddalena si estende su terra e mare per oltre 20 mila ettari. Abbraccia 180 chilometri di coste, comprendendo oltre 60 isole, grandi e piccole, granitiche e scistose, modellate da vento e correnti. Spiccano Budelli, Caprera, Razzoli, Santa Maria, Santo Stefano e Spargi, mete di indimenticabili tour in barca partendo da Baja Sardinia, La Maddalena, Palau e Santa Teresa Gallura. Le insenature creano una miriade di approdi, i colori del mare sono unici, le rocce plasmate come monumenti naturali e i fondali un paradiso del diving, in particolare le secche di Spargiotello e di Washington, punta Coticcio e grottino di san Francesco.
Il parco rientra nella rete europea delle aree di eccellenza ambientale ed è estremamente salvaguardato: diporto, pesca, immersioni sono consentite ma devono essere autorizzate. È un paesaggio suggestivo per morfologia e flora. Quasi mille le specie vegetali, circa 50 endemiche, altre rarissime. Molto particolare la fauna. La spiaggia Rosa di Budelli, per esempio, deriva dai sedimenti di un piccolo organismo che aderisce a conchiglie, alghe, coralli e gusci. Caratteristica è la pinna nobilis, il più grande mollusco bivalve del Mediterraneo. Mentre il delfino tursiope è il cetaceo più comune: potrebbe capitarti di avvistarne persino gruppi da trenta esemplari. Incontrerai facilmente nel parco anche la tartaruga caretta caretta. Tra i volatili dominano gabbiano corso e marangone dal ciuffo.
Oltre all’agglomerato di Stagnali a Caprera, sede dei centri di educazione ambientale e di ricerca sui cetacei e dei musei mineralogico e del Mare, che espongono minerali, fossili, sabbie, conchiglie, flora e fauna, l’unico centro abitato dell’arcipelago è La Maddalena, fondata nel 1770 e a lungo base della Marina, di cui è testimone il museo Nino Lamboglia. Fra le sue spiagge di acque limpide e sabbia fine non perdere Bassa Trinita, le cale Francese e Lunga, Monti d’a Rena, Punta Tegge e Spalmatore. L’arcipelago è passaggio obbligato del Mediterraneo: la sua posizione strategica attrasse Napoleone Bonaparte e l’ammiraglio Nelson. Mentre Garibaldi visse a Caprera i suoi ultimi 26 anni: la figura dell’Eroe dei due mondi è raccontata nel Compendio Garibaldino.
Tempio Pausania
È la ‘città di pietra’, con parchi e sorgenti, luogo di relax e aria salubre di montagna. Al centro della Gallura, ai piedi del Limbara, Tempio Pausania è una cittadina di 14 mila abitanti con un pittoresco centro storico fatto di edifici e pavimentazioni in granito e viali alberati. Da sempre riferimento per l’entroterra gallurese, è sede vescovile e di tribunale. Citato come Templo in età giudicale, ha aggiunto il ‘secondo’ nome nel 1879 con riferimento all’antica sede di diocesi Phausania. La città è celebre per la lavorazione di granito e sughero, cui è dedicato il museo delle macchine del sughero, per i vini (vermentino, karana e moscato) e per lu carrasciali timpiesu, carnevale allegorico per eccellenza, evento che conta ogni anno centomila presenze. Nella festa è incluso lu palu di la frisgiola, giostra equestre con protagonista un tipico dolce carnevalesco, un altro è lu acciuleddu ‘e meli. Li casgiatini sono i dolci pasquali, i papassini di Natale. Tra i piatti ‘regna’ la suppa cuata. Il clou della Settimana Santa sono via Crucis e lu Sgraamentu. Ad agosto sono celebrati i patroni San Paolo e Vergine di Buoncammino.
Dove un tempo risiedeva il convento delle cappuccine, oggi sorgono palazzo municipale e piazza Gallura: qui si affaccia il palazzo settecentesco dei marchesi Pes di Villamarina, attuale sede della Curia e del Museum Templense. Accanto sorge la cattedrale di San Pietro apostolo: di inizio XIII secolo, ampliata e ristrutturata, fu riconsacrata nel 1839. Di fronte al suo monumentale prospetto vedrai l’oratorio del Rosario (XIII-XIV secolo), sorto forse in luogo del tempio di Castore e Polluce, protettori della milizia romana di stanza a Milizzana. Gemellae, la ‘Tempio romana’, deriverebbe il nome dai Gemini romani. Cattedrale, oratorio e duecentesca chiesa di Santa Croce formano il principale complesso di culto. Nel centro ammirerai anche la ‘spagnoleggiante’ Nostra Signora del Pilar. Chiesa di San Francesco e convento dei frati minori osservanti sono la prima testimonianza rinascimentale nell’Isola (1543-48). Altre storiche chiese sono quella del Purgatorio (XVIII secolo), di Sant’Antonio (1657) e di San Giuseppe. Influente è stato il convento degli padri Scolopi, collegio istituito nel 1665, oggi biblioteca, protagonista dell’opera di alfabetizzazione. Tra gli edifici civili spiccano i palazzi Massidda, Sanguinetti e dell’Ex Me (1663), che fu prima prigione, poi mercato, il teatro del Carmine, la stazione ferroviaria con dipinti di Giuseppe Biasi e la residenza medioevale attribuita a Nino Visconti, giudice di Gallura e amico di Dante, citato nell’VIII canto del Purgatorio. Piazza Faber è intitolata a Fabrizio De André, con un’installazione progettata in collaborazione con Renzo Piano. Al cantautore, che visse a lungo nella tenuta dell’Agnata, è dedicato l’evento Incontri. A metà luglio c’è l’incontro internazionale del folklore: Tempio vanta un elegante e pregiato abito tradizionale femminile.
Sullo scenario del Limbara si affacciano le fonti di Rinaggiu, note da epoca romana per proprietà terapeutiche, e il parco delle Rimembranze dove ogni leccio simboleggia un tempiese caduto nella Grande Guerra. Le prime attestazioni umane sono neolitiche, gli insediamenti più frequenti nuragici: restano il villaggio di monte Lu Finocchiu, tombe di Giganti e una decina di nuraghi, tra cui Majori e Izzana, forse il più grande della Gallura.
Nuraghe Loelle
Compare all’improvviso lungo la strada che collega Buddusò, centro del Monte Acuto, ai confini con la Gallura, a Bitti, paese della Barbagia settentrionale. Il nuraghe Loelle, nascosto tra sugherete e lecci, mostra a poco a poco le sue affascinanti e misteriose particolarità e, issato su un affioramento di granito, roccia principe locale, domina l’altopiano e le case di Buddusò.
La sua struttura, formata da una torre centrale, alla quale si addossa un bastione trilobato, è considerata di tipo ‘misto’, avendo caratteristiche sia dei nuraghi ‘a corridoio’ sia di quelli a tholos. Si ipotizza, infatti, che si tratti di un protonuraghe riadattato in fasi successive per rispondere a rinnovate esigenze architettoniche e culturali. Tutt’intorno noterai le tracce del villaggio di capanne, a pianta circolare. Entrando, ti sorprenderai nell’osservare che l’ingresso non si apre su un cortile o su un corridoio che porta a una sala centrale, come consuetudine in questi edifici dell’età del Bronzo. Nel Loelle, invece, una rampa di scale porta a girare in senso orario attorno alla torre, conducendo direttamente al secondo livello. Qui parte un altro corridoio che, se percorso per intero scende al ‘piano terra’, mentre circa a metà del suo sviluppo un’ulteriore rampa sale al terzo livello, dove si apre infine la camera principale. Prima dell’ingresso alla camera noterai una nicchia di forma absidata sulla destra.
Di fronte al mastio fu edificato un bastione attraversato da corridoi, con cortine dalla linea concava-convessa. All’esterno del bastione, sul lato est, ecco un’altra particolarità del Loelle: sfruttando un anfratto naturale fu creato un ambiente indipendente, voltato a tholos, che si apre a circa un metro di profondità rispetto al livello del terreno. Spostandoti di circa centro metri da nuraghe e villaggio troverai una tomba di Giganti, della quale sono visibili i filari del corridoio e tracce dell’esedra. Poco distante, nascosta da querce e lecci, compare una seconda tomba, anch’essa con poche tracce superstiti, e un piccolo dolmen. L’ultimo mistero che riserva l’area del Loelle è la probabile esistenza anche di un pozzo sacro: la notizia arriva da varie fonti ma finora non ne è stata trovata traccia.
Percorrendo la strada dal nuraghe a Buddusò, che è ogni anno parte della tappa del Rally Italia Sardegna, potrai visitare anche la necropoli di Ludurru, risalente al Neolitico finale: conta sei ipogei scavati in un unico affioramento di granito. In direzione opposta, verso Bitti, raggiungerai, invece, uno delle massime espressioni dell’età nuragica: è il villaggio-santuario Romanzesu, al centro di un bosco, composto da un centinaio di capanne e vari edifici di culto, tra cui un tempio a pozzo con anfiteatro a gradoni, due a megaron e un misterioso percorso a labirinto.