Museo Archeologico di Olbia
La storia di Olbía, in greco ‘felice’, del suo porto e delle sue millenarie stratificazioni culturali. Sull’isolotto Peddone, a pochi passi dal porto vecchio, il museo archeologico di Olbia, città principale della Gallura, espone una rassegna completa delle civiltà sviluppatesi in Sardegna. A simboleggiare sua posizione sul mare e ruolo svolto dalla città portuale nella storia, il museo ha forma di una nave ormeggiata con finestre circolari e passerelle sospese. L’esposizione, dedicata a porto e città, ripercorre le epoche fenicia, greca, punica, romana, medioevale, moderna e contemporanea.
Il percorso museale si articola su due piani. Nella prima sala del pianoterra troverai timoni e alberi di navi autentici e la ricostruzione di due relitti di navi onerarie andate a fuoco durante l’attacco dei Vandali (450 d.C. circa). Rivivrai ‘dal di dentro’ l’incursione, nella quarta sala, con affondamento di undici navi, che decretò la fine dell’Olbia romana, grazie a una suggestiva proiezione. Secondo e terzo ambiente mostrano altri resti del porto, tra cui il relitto di un’imbarcazione medievale, unica in Italia. Un plastico del porto nel II secolo d.C. è ospitato nell’ultima sala del piano. La prima sala del piano superiore documenta età prenuragica e nuragica, insediamento fenicio (750 a.C.) e quello greco-focese (630-520 a.C.), durante il quale Olbia era l’unico porto greco del Mediterraneo occidentale. Negli scavi sono state rinvenute, non a caso, reliquie greche. La seconda è dedicata a dominio cartaginese, simboleggiato dalla stele di granito con la dea Tanit, e passaggio a quello romano. La terza sala ospita terrecotte, corredi funebri e anfore risalenti al passaggio da punici a romani, mentre quella successiva documenta la piena ‘romanizzazione’ (da metà I sec. a.C.) Vedrai sculture come le teste di Domiziano, Domizia e quella straordinaria di Ercole, principale divinità cittadina. La quinta sala racconta rapporti tra Olbia romana e Mediterraneo, nonché il traumatico avvento dei Vandali. Tra i reperti spiccano lucerne, monete, anelli, collane e una statuetta egizia di Osiride. L’ultima sala è dedicata a età bizantina, con la città ridotta a borgo, e successive: capitale del giudicato di Gallura, età aragonese-spagnola (col nome ‘Terranova’), piemontese, unitaria e postunitaria.
Pasqua in Sardegna, autentica tradizione di fede
Ascendenza medievale mediata dalla tradizione spagnola e fusa con usanze arcaiche risalenti al paganesimo nuragico: la lunga genesi dei riti de sa chida santa si perde nella notte dei tempi e ha contribuito a renderli, tutt'oggi, sentitissimi, appassionanti e struggenti. Processioni per le strade e riti nelle piccole e preziose chiese dei borghi, nelle cattedrali delle città e nei santuari, tornano, come ogni anno, nel 2025, per essere rivissuti coralmente, secondo le antiche usanze, diverse da luogo a luogo. La Setmana santa di Alghero ha origini catalane, inizia il venerdì che precede la domenica delle Palme, con la processione dell’Addolorata, e si conclude a Pasqua con l’Encontre. Toccante e scenografico è il rito del desclavament, la deposizione del corpo del Cristo accompagnato in processione sul letto di morte. Dall’imbrunire, fiaccole e lampioni coperti da veli rossi illuminano i vicoli della città.
Riu Mulinu
Dai suoi quasi 250 metri d’altitudine, in cima al picco di Cabu Abbas, controllava da posizione strategica l’arrivo di imbarcazioni nemiche, il suo orizzonte arrivava sino all’isola di Tavolara. Il nuraghe Riu Mulinu è una delle fortificazioni nuragiche più conosciute del nord dell’Isola. Sorge a pochi chilometri da Olbia ed è databile intorno al XIV-XIII a.C. La torre centrale è ben protetta da una possente muraglia che cinge il colle per 220 metri di lunghezza, con altezza e larghezza che raggiungevano fino a cinque metri. La caratteristica principale della cinta muraria è il fatto di essere inglobata negli spuntoni rocciosi che si trovano lungo il suo perimetro. Si apre in due ingressi: uno a nord, l’altro a sud. Dentro le mura, la costruzione è monotorre con forma circolare di circa otto metri di diametro.
Formato da blocchi di granito il nuraghe è caratterizzato da un andito che presenta una piccola nicchia e una scala che portava al piano superiore non più agibile. Il vano sotto la scala conduce a una fossa sacrificale, nella quale sono stati ritrovati frammenti di ossa bruciate e reperti ceramici. Gli scavi, risalenti al 1936, hanno riportato alla luce un bronzetto che raffigura una donna con un’anfora sulla testa. Grazie all’importante scoperta, gli studiosi hanno potuto datare la costruzione e individuare il nuraghe come luogo legato ai rituali sacri del culto dell’acqua.
Il Riu Mulinu è la massima espressione nuragica di Olbia, ma hanno grande rilievo anche altri due monumenti del II millennio a.C.: il pozzo sacro sa Testa, poco fuori dal centro abitato, anch’esso dedicato al culto delle acque, e la tomba di Giganti di su Monte de s’Aba (o de s’Ape), che ha la particolarità di essere stata una ‘fossa’ comune, dove i defunti erano sepolti collettivamente. Abitata da fenici e greci, Olbìa (che significa ‘felice’) diventò colonia romana, che ci ha lasciato in eredità soprattutto l’acquedotto, le terme e s’Imbalconadu, tipica fattoria romana. Per completare il tour nella preistoria e nella storia della città, non puoi perderti l’occasione di fare un viaggio attraverso varie epoche nel museo Archeologico, allestito sull’isolotto di Peddone, e nel museo della necropoli, sotto la suggestiva basilica di san Simplicio, patrono della città.
Su Mont’e s’Abe
Di fronte al castello di Pedres, vicino al centro abitato di Olbia, un alone di mistero circonda un luogo di sepolture nuragiche. Nella tomba di Giganti de su mont’e s’Abe (o s’Ape), a differenza delle migliaia di sepolture preistoriche del suo genere, i defunti erano sepolti in forma collettiva. Nella sala funeraria venivano officiati i riti sacri legati al defunto ma qui, rispetto a quanto capitava altrove, non sono stati rinvenuti nel pozzetto sacro i documenti funerari che accompagnavano il defunto sino al congiungimento con la divinità.
La costruzione fu edificata in due fasi. Nella prima, risalente al periodo della cultura di Bonnanaro, venne costruita la tomba ad allée couverte - una sorta di dolmen allungato -, successivamente, attorno al 1600 a.C., fu trasformata in tomba di Giganti con esedra e stele, delle quali potrai ammirare alcune tracce. La costruzione, originariamente costruita a forma di testa di toro, divinità generatrice di vita, era delimitata frontalmente da un semicerchio.
Al centro dell’esedra si trovavano una stele di granito alta quattro metri e, alla base, una piccola apertura usata come ingresso della tomba. Al suo interno, il sepolcro era formato da una camera lunga dieci metri, mentre l’intera struttura tuttora ben visibile è lunga 28 metri e larga sei, una delle più grandi di tutta la Sardegna.
La civiltà nuragica è testimoniata nel territorio olbiese anche dal nuraghe Riu Mulinu, uno dei più importanti monumenti preistorici del nord Sardegna, e dal pozzo sacro sa Testa, dove si svolgevano i rituali del culto dell’acqua. Olbìa, ossia ‘felice’, fu fondata dai greci, poi divenne colonia romana, che ci ha lasciato in eredità suggestive ed evidenti tracce: l’acquedotto, le terme e s’Imbalconadu, tipica fattoria romana. Per completare il tour culturale, imperdibile una visita al prezioso museo Archeologico, allestito sull’isolotto di Peddone, che ti permetterà un viaggio attraverso varie epoche, e al museo della necropoli, sotto la suggestiva basilica di San Simplicio, patrono della città. Mentre, la chiesa di san Paolo, con la sua iridescente cupola di maioliche, sarà protagonista delle tue foto.
La Sardegna svela i suoi tesori architettonici
Magnificenza artistica, memoria storica, identità culturale e senso di comunità: Monumenti Aperti è la più grande ‘mobilitazione’ popolare di tutela, valorizzazione e promozione dei beni culturali in Sardegna. Così come l’anno scorso, l’edizione 2025, la 29esima, si articola in due fasi, nell’arco di nove fine settimana: la prima fase dal 3 maggio al 1° giugno, la seconda tra ottobre e novembre. Durante queste giornate si apriranno centinaia di luoghi di cultura: musei e siti archeologici, chiese ed edifici storici, monumenti naturali e parchi. Ogni comunità ‘si racconta’ attraverso itinerari letterari e percorsi nell’architettura urbana, in borghi e città segnate da secoli di evoluzione e trasformazioni. Volontari e studenti saranno pronti a guidarti in un viaggio nella bellezza che attraversa i millenni, sin nel passato più lontano, tra resti di antiche civiltà. Luoghi di ieri e di oggi, dove coesistono memoria e idee per il futuro.
Bassa Trinità
Nel tratto più settentrionale della strada costiera che percorre tutto il perimetro dell’isola della Maddalena troverai la suggestiva spiaggia di Bassa Trinità. È custodita tra uno sperone di roccia alto 128 metri, un tempo usato come batteria militare, e piccole calette di granito collegate tra loro. Il nome deriva da una antica chiesetta, detta ‘Della Trinità’, costruita subito dopo l’occupazione dell’isola (nel 1767) e che si erge al centro di un piccolo insediamento un tempo abitato da gente corsa.
La località è luogo di culto molto sentito dagli isolani, ma anche una zona molto apprezzata dagli amanti del mare. A valle della chiesetta, la spiaggia in origine era chiamata abbassu à Trinita, che significa ‘sotto la Trinità’. È caratterizzata da sabbia bianca a grana fine e contornata da scogli granitici che si sollevano dal mare. Il fondale è basso e sabbioso, i colori dell’acqua tra turchese, azzurro e verde. Alle spalle dell’arenile è protagonista la macchia mediterranea, arricchita da numerose specie vegetali tipiche della costa gallurese. L’area è dotata di tutti i servizi per la balneazione, comodo parcheggio e punti ristoro. Da Bassa Trinita potrai intraprendere un sentiero naturalistico di trekking che porta a visitare tutta l’area circostante.
Perlustrata l’area vicina, rimettiti in marcia per visitare tutti i 45 chilometri di costa maddalenina: graniti e porfidi delimitano insenature e calette. A nord troverai rocce modellate dal vento e spiagge di dune bianche simili a Bassa Trinita, come Cala Lunga e Monti d’a Rena. A est, poco oltre l’istmo che collega La Maddalena a Caprera, Spalmatore ti offrirà un suggestivo paesaggio. A Cala Francese alcuni sentieri ti faranno scoprire baie silenziose e spiagge da sogno. Nella parte sud-occidentale, seguendo il lungomare di Padule, si arriva all’affascinante Nido d’Aquila. Non lontano, un’altra meraviglia: Punta Tegge.
La primavera nei borghi
L’esplosione dei colori primaverili nell’Isola fa rima con una delle sue ‘cartoline’ più caratteristiche: le variopinte case di Bosa. Passeggiando lungo il Temo le ammirerai specchiarsi nelle acque del fiume e inerpicarsi sul colle dominato dal castello dei Malaspina, mentre attraversando il Ponte Vecchio raggiungerai la sponda sud per scoprire le antiche concerie. Sarai accolto da un calice di malvasia e estasiato da gioielli di corallo, cesti di asfodelo e tessuti preziosi. Bosa è un mix di storia e artigianato, archeologia industriale e prelibatezze. Da visitare le sue chiese: il ‘duomo’ dell’Immacolata Concezione, Nostra Signora de sos Regnos Altos dentro il castello e San Pietro extra muros, centro di Bosa vetus. E da non perdere le bellezze naturali sulla costa: il parco di Capo Marrargiu, Bosa Marina, s’Abba Druche, Cane Malu e Compoltitu.
Monti d'à Rena
Una duna alta dieci metri, che sembra un candido e soffice monte, dal cui versante sinistro la distesa di sabbia degrada dolcemente sino a immergersi nel mare cristallino dalle tonalità tra azzurro e verde smeraldo. È il paesaggio che ti attende nella spiaggia Monti d’Arena, nella parte settentrionale dell’isola della Maddalena, racchiusa fra le punte Abbatoggia e Marginetto, poco prima di arrivare al villaggio turistico di Punta Cannone.
Il nome deriva, appunto, dal caratteristico ‘monte’ di sabbia chiara e fine circondata da una fitta macchia mediterranea. Il fondale è basso e sabbioso e affiorano qua e là piccoli scogli di granito, il vero protagonista della zona. Sgretolato in piccoli granelli e modellato dal maestrale, forma i grandi depositi di sabbia che rendono unica Monti d’Arena.
La spiaggia è caratterizza anche da un piccolo stagno alle sue spalle, dove vivono specie animali tipiche delle aree mediterranee. Inoltre, è dotata di punto di ristoro, ampio parcheggio e collegamenti autobus. Potrai noleggiare pedalò e imbarcazioni. Grazie al vento costante, è meta apprezzata dagli amanti del windsurf..
Nelle vicinanze, nella parte nord della Maddalena, non perdere occasione per goderti altre due spiagge con caratteristiche simili, Bassa Trinita e Cala Lunga, fatte di rocce modellate dal vento e soffici dune. Tutto il perimetro costiero dell’isola ti affascinerà con scogliere, insenature e calette. Nel versante opposto, a sud-ovest, troverai i colori scintillanti di Punta Tegge. E risalendo lungo la costa occidentale le baie nascoste di Cala Francese. A oriente, poco oltre l’istmo che collega La Maddalena a Caprera, dove le attrazioni naturalistiche e culturali sono molteplici, troverai l’incantevole scenario di Spalmatore. Dalla Maddalena, inoltre, potrai partire alla scoperta delle altre isole del parco nazionale: Santo Stefano, Budelli, Razzoli, Santa Maria e Spargi.
L’anima jazz&blues della Sardegna
Cale granitiche modellate dal tempo, sale ricavate tra pareti di candide rocce calcaree o di porfido rosso, piazze di suggestivi borghi, siti archeologici e, persino, grotte marine. Da giugno a ottobre, scorci naturali e paesaggistici diventano palcoscenici e prendono vitalità sugli spartiti di celebri artisti internazionali. Caratteri e suoni si armonizzano con l’ambiente ed entrano in simbiosi con lo stile di vita isolano. Da quasi quattro decenni a questa parte, la Sardegna è sempre più terra d’elezione del jazz, grazie soprattutto a un artista che ha fatto scoprire una nuova anima musicale alla sua terra. Paolo Fresu è nato nella piccola Berchidda, con lui è nato e cresciuto Time in jazz, giunto alla 38esima edizione. Tra gli appuntamenti da non perdere, sabato 9 agosto a L’Agnata, ‘rifugio’ sardo di Fabrizio de Andrè, il tributo all’indimenticato cantautore genovese, con protagonista Paola Turci.
Un’Isola da film
Da spiagge deserte a promontori a picco sul mare, dal selvaggio Supramonte ai villaggi minerari abbandonati del Sulcis, da foreste secolari a borghi fermi nel tempo: da sempre la Sardegna ispira autori e registi in cerca di scenografie fuori dall’ordinario. Tra gli ultimi successi ci sono alcune serie tv, genere oggi tanto in voga: ‘L'isola di Pietro’, interpretata da Gianni Morandi e ambientata nell’isola di san Pietro e nel suo borgo, Carloforte, e ‘Catch-22’, con protagonista George Clooney, la cui location principale è nei dintorni di Olbia. Gli esordi, però, furono in bianco e nero con pellicole girate tra le due guerre mondiali. Il primo film cult, invece, fu ‘Proibito’ (1954) di Mario Monicelli, tratto dal romanzo ‘Madre’ di Grazia Deledda e girato tra Codrongianos, Ittiri e Tissi. Di un decennio dopo è la scena del sacrificio di Isacco nel kolossal ‘La Bibbia’(1966) di John Huston, che ha come sfondo il monte Corrasi di Oliena. Tutto un filone è stato espressione della Barbagia più aspra, da ‘Banditi ad Orgosolo’ (1958) a ‘Padre Padrone’ (1977) dei fratelli Taviani. Il tema è tornato in ‘Disamistade’(1988) di Gianfranco Cabiddu, ambientato tra Nuoro e Ghilarza.