Oasi di Tepilora
Dai monti di Lodè al litorale di Posada, passando per gli scenari unici di Bitti e Torpè: un meraviglioso e cangiante ‘intreccio’ di quasi ottomila ettari di picchi calcarei e altopiani granitici, foreste incontaminate, sentieri e panorami mozzafiato, sorgenti, corsi d’acqua e dune di sabbia, che ricadono in quattro Comuni di Baronìe e Barbagia settentrionale. Una lunga storia di rispetto per l’ambiente contraddistingue il parco naturale regionale dell’oasi di Tepilora-rio Posada. L’uomo l’ha protetto, rinverdito e reso fruibile: un tempo destinato a pascolo e taglio della legna, poi oggetto di rimboschimento, oggi riserva attrezzata per l’escursionismo, meta ideale per vivere in armonia con la natura. Dopo una lunga gestazione, il parco è stato istituito soltanto nel 2014 e appena tre anni dopo è stato proclamato dall’Unesco ‘riserva della biosfera’, ossia luogo che si distingue per sostenibilità ambientale e biodiversità.
Il monte di Tepilora (530 metri) è l’elemento distintivo dell’area protetta, una punta rocciosa triangolare che si staglia sullo sfondo dei fitti boschi di Bitti: le foreste di Crastazza e le leccete, miste a macchia bassa, di sos Littos-sas Tumbas, dove vive una popolazione di daini. A caratterizzare la natura selvaggia è l’aquila reale, che nidifica nelle vicinanze del monte. Anche falchi pellegrini, poiane e sparvieri sorvolano la cima. Le aree di Tepilora e Crastazza, nei primi anni Ottanta del XX secolo, furono rimboschite. La nuova vegetazione di conifere ha integrato quella mediterranea sempreverde originaria: vi hanno trovato rifugio cinghiali, donnole, gatti selvatici, lepri, martore e volpi. Dominano vigorosi lecci, poi ginepri, sughere e olivastri. Il sottobosco è composto da corbezzoli, rosmarino, mirto, fillirea, erica e orchidee.
Il parco, la cui vetta è Nodu Pedra Orteddu (quasi mille metri), è ricco di sorgenti: ne vedrai alcune lungo i sentieri, altre sono nascoste dalla folta vegetazione. Non è raro incontrare ruscelli che generano cascatelle. La sua estensione, partendo da Tepilora-Crastazza, attraversa anche i boschi di sant’Anna, nel territorio di Lodè, e gli oltre mille ettari della foresta di Usinavà, nel territorio di Torpè, caratterizzati da aspre rocce che il tempo ha eroso e modellato in sagome del mondo animale. Una natura silenziosa e solitaria, dominata da ondulazioni granitiche tormentate e ravvivata dal verde mediterraneo. Si distinguono le ‘serre’, un susseguirsi di creste simili ai denti di una sega, e i tafoni, concavità e incavi in rocce o massi, talvolta con forme bizzarre. Anche quest’ambiente è oasi faunistica: da punti osservazione vedrai una colonia di mufloni in uno spazio recintato. Agli oltre cinquemila ettari di boschi baroniensi si aggiungono quelli confinanti di Alà dei Sardi, Padru e San Teodoro. Il confine orientale del parco è la foce del rio Posada, elemento di connessione tra montagna e mare. Meandri, anse e foci fossili del suo delta sono il risultato di millenni di evoluzione. Canneti, tamerici e giunchi ‘assecondano’ la nidificazione di vari uccelli acquatici, tra cui il raro pollo sultano. Il fiume si biforca in due rami, uno alimenta lo stagno Longu, contesto ideale per escursioni in kayak. Altre lagune sviluppano parallele alle dune del litorale posadino. Potrai proseguire le passeggiate (in bici) sulle piste ciclabili del lago artificiale Maccheronis e fare trekking nel confinante Montalbo, grazie a una fitta rete di sentieri nel verde raggiungerai la cima dove impera il bianco deserto lunare.
Oltre ad appassionati di natura e trekking, sarà soddisfatto chi ricerca aspetti storico-culturali. Nella cornice naturalistica di Tepilora coglierai le essenze del territorio. A iniziare da testimonianze archeologiche, specie il maestoso nuraghe San Pietro a Torpè e Romanzesu a Bitti, uno tra i più importanti insediamenti abitativi e cultuali della Sardegna nuragica. Proseguirai con monumenti, come la chiesa de su Remèdiu a Lodè, e musei, di nuovo a Bitti, nel museo multimediale del canto a tenore, inestimabile patrimonio immateriale riconosciuto dall’Unesco. Per concludere nel borgo medievale di Posada con vicoli tortuosi, ripide scalinate, archi, piazzette e case in pietra, sormontate dal castello della Fava, roccaforte del giudicato di Gallura.
Santuario di sos Nurattolos
Aspri e silenziosi rilievi granitici, modellati dal vento in bizzarre sculture, vallate con distese di lecci e querce che ‘tagliano’ l’orizzonte, ruscelli che formano laghetti. È lo splendido scenario di punta Senalonga, promontorio che domina l’altopiano di Buddusò, dove sorge uno splendido esempio di santuario nuragico: sos Nurattolos. La massima espressione archeologica del territorio di Alà dei Sardi, dedicata al culto delle acque, è stata scoperta nella seconda metà del XX secolo ed è databile tra 1600 e 900 a.C. Per raggiungerlo dovrai attraversare il piccolo borgo ‘di granito’ ai confini fra Gallura e Nuorese. Dopo aver parcheggiato, percorrerai a piedi un sentiero di ciottoli e gradini in lieve pendenza che si addentra nella folta vegetazione e conduce in cima a Senalonga, rilievo di mille metri dove lo spettacolo della natura lascia spazio alle preziose eredità preistoriche. I segni del passaggio dell’uomo nuragico sono in vetta: è una fonte sacra posta all’interno di un cortile irregolare, dove una capanna circolare in muratura, probabilmente dedicata alle attività cultuali, ‘copre’ il pozzo della sorgente perenne che permetteva ai devoti di purificarsi. Potrai proseguire sulla ‘via sacra’, dopo l’‘immersione’, scoprendo un tempio ‘a megaron’, circondato da un recinto ellittico. La struttura è costituita da due ambienti circolari concentrici: è un luogo caratteristico e misterioso, dove probabilmente erano chiusi gli animali da sacrificare o dove si consultavano gli oracoli. I rituali erano forse rivolti a una divinità che dalle viscere della terra dispensavano la vita: ad essa si rivolgevano i nuragici per invocare fertilità e salute. Poco distante osserverai un’altra grande capanna, anch’essa circolare e dotata di stanza d’ingresso e di una camera. Era un luogo a carattere ‘comunitario’, la cosiddetta ‘capanna delle riunioni’, tipica dei villaggi nuragici. Solitamente qui il pellegrino sostava forse per un colloquio con i sacerdoti.
Dal rilievo di sos Nurattolos, potrai dominare e avventurarti in tutta la vallata, dove spuntano anche il nuraghe Boddò e il villaggio nuragico di su Pedrighinosu. Un luogo che unisce alle testimonianze antiche attrazioni naturalistiche, come le cascate di su Fossu Malu. A breve distanza noterai gli sterrati pianeggianti di Alà dove ogni anno si corrono prove cronometrate del Rally d’Italia Sardegna, tappa del mondiale WRC.
Monte Limbara
L’erosione di acqua e vento nel corso dei millenni ha conferito forme bizzarre e scenografiche ai suoi massi granitici, che sembrano quasi sospesi, imbiancati dalla neve d’inverno, splendenti di tutte le tonalità di verde nel resto dell’anno. Il monte Limbara si erge imponente nel nord-est dell’Isola, già soprannominato dai romani limes Balares, perché segnava il confine tra Gallura, abitata dai corsi, e Monteacuto e parte orientale del Logudoro, abitati dal popolo ‘romanizzato’ dei Balari. Il territorio del massiccio rientra in quattro Comuni: i versanti settentrionale e nord-occidentale sono di Tempio Pausania, quello orientale di Calangianus, quello meridionale di Berchidda, il sud-ovest fa parte di Oschiri.
II manto verde varia secondo l’altitudine: sulle vette prevalgono cespugli, a media-bassa quota il complesso montuoso è coperto da profumati arbusti di macchia mediterranea: corbezzolo, erica, fillirea e lentisco nei terreni umidi, cisto, ginepro nano e ginestra in quelli più aridi. Nonostante i danni incendiari, in alcuni tratti predomina ancora il leccio, che, nelle valli, è associato ad aceri, agrifogli, frassini e tassi (rari nell’Isola). In altri settori al posto dei ‘vecchi’ boschi di lecci e sughere, sono state impiantate conifere. Noterai anche pioppi tremuli e, lungo i corsi d’acqua, oleandri, ontani neri e salici. Nel sottobosco si nascondono piante rare, come ribes del Limbara, viola di Corsica e felce florida - tre dei 56 endemismi del territorio -, e trovano riparo mammiferi come cinghiale, donnola, lepre, martora, volpe e due specie reintrodotte, daino e muflone, simboli della fauna sarda. Le cime sono sorvolate da aquila reale, ‘sovrana’ dei cieli del Limbara, astore, falco pellegrino, poiana e sparviero. Tra gli anfibi da segnalare euprotto e discoglosso.
Gran parte del territorio (quasi settemila ettari) è gestito dall’agenzia regionale Forestas, che lo ha suddiviso in due cantieri forestali e vi ha allestito vari percorsi escursionistici, i cui nomi richiamano le particolarità del monte, alcuni percorribili in mountain bike. I nove chilometri dell’itinerario dei ‘tafoni’ porta alla scoperta delle rocce granitiche erose dagli agenti atmosferici; ‘il collegamento’ attraversa boschi e laghetti artificiali, popolati da uccelli acquatici e pesci; ‘animali e piante’ conduce al recinto dove vivono mufloni e daini; ‘versante sud’ dalle cime si addentra nelle vallate meridionali. Il percorso ‘la sommità’, di 12 chilometri, attraversa il giardino del Pavari - con specie vegetali esotiche - e raggiunge punta Balistreri, la cima più alta del Limbara (1362 metri), che prende nome da un latitante tempiese che vi si rifugiò nel XVII secolo: non fu mai scovato, protetto da montagna e comunità solidale con lui. La vetta è stata prima di base comunicazioni NATO, poi dell’Aeronautica militare. Vicino si trova la chiesetta della Madonna della Neve. Altre punte ad alta quota sono Berritta, Bandiera e Giugantinu. ‘La via delle acque’ è il percorso di 30 chilometri che raggiunge le innumerevoli sorgenti d’acqua di ottime qualità oligominerali che punteggiano le pendici del massiccio. Sono state censite 29 fonti e fontane, tutte in granito perfettamente intonate con l’ambiente e immerse nel verde. Vari itinerari specifici con aree ristoro e pic-nic permettono di visitarle. Attorno i panorami ti lasceranno col fiato sospeso: dalle valli attorno al lago Coghinas alla costa nord-occidentale.
Il monte fa parte della storia del climbing: qua sono state intraprese le prime arrampicate sull’Isola (1921). Sono numerosi gli itinerari di arrampicata classica clean (ossia che lascia inalterata la roccia) anche con più di 200 metri di sviluppo. Spicca la salita di Monti Longu, detto anche torre Littaghjesu, una delle guglie di granito più belle dell’Isola. Il Limbara è teatro ogni anno di un evento di fama musicale internazionale, Time in jazz: il suono si diffonde tra rocce e boschi, scenario suggestivo per espressioni ritmiche. Sulle sue pendici è custodito anche l’ecomuseo di arte e natura Semida (sentiero): il visitatore è accompagnato alla scoperta di opere d’arte incastonate nell’oasi naturale. Mentre a fondo valle, in periferia di Berchidda, terra del vermentino, spicca il museo del vino, nonché enoteca regionale: il percorso enologico-etnografico illustra aspetti culturali della produzione vitivinicola in Sardegna.
Monte Albo
Percorrendo la statale 131 da Nuoro a Olbia, ti rapiranno la sua bianca imponenza e i suoi precipizi. Il Monte Albo, che prende nome dal colore chiaro delle rocce calcaree, ha una dorsale allungata, di circa venti chilometri, che domina le Baronìe. Il massiccio, compreso principalmente nel territorio di Lula e Siniscola e in parte in quello di Galtellì, Irgoli, Loculi e Lodè, è così ricco di gole e grotte, pareti verticali e burroni profondi, da meritare l’appellativo di ‘dolomite sarda’. Le sue cavità sono state usate spesso come rifugi. In quella di Bona Fraule, in tempi remoti forse luogo di culto, sono state trovate spade e pugnali di ferro. Molte cime del bastione calcareo superano i mille metri: le vette sono Punta Turuddò e Punta Catirina, dove si apre la grotta di Janna Manna, lunga 200 metri. Le due punte ‘gemelle’ stanno una di fronte all’altra, alte entrambe 1127 metri. Tra esse si cela l’inghiottitoio di sa Tumba 'e Nurai.
La montagna ha percorsi escursionistici ben segnalati: lungo i costoni e attraverso i passi vedrai suggestivi panorami. Pochi gli angoli di bosco e ovunque macchia mediterranea ed endemismi, non a caso la Società botanica ha inserito Monte Albo tra i luoghi di interesse nazionale. L’aspro territorio è molto popolato: potrai avvistare cinghiali e mufloni sulle rocce o martore e gatti selvatici arrampicati su pini secolari. Sulle cime innevate volano aquila reale, astore, corvo imperiale e gracchio corallino. Nella parte a nord, salendo dove la vegetazione si dirada, affiorano le rocce. Ti apparirà come un paesaggio ‘lunare’, specie la bianchissima punta sos Aspros. Attorno spuntano affioramenti granitici e piccoli altopiani basaltici,detti gollei.
L’uomo ha abitato il monte almeno dal Neolitico, come dimostra la domu de Janas di Mannu ‘e Gruris. Numerose le testimonianze nuragiche sulle cime, per esempio Littu Ertiches. Dell’età romana rimane in particolare una statuina in bronzo del dio Esculapio. Lungo i sentieri osserverai anche i segni lasciati dall’uomo più di recente, in particolare i pinnettos in pietra e legno, per secoli dimore dei pastori.
Isuledda
Un paradiso isolato per una vacanza da sogno. Un cordone sabbioso di 50 metri, formato dalla foce del fiume Liscia, collega la terraferma e l’Isuledda, nota anche come Isola dei Gabbiani, nome diffusosi più di recente per associazione con un camping. La penisola, circondata da mare cristallino con tonalità blu e turchese e dominata dal verde della vegetazione, ha una superficie di 18 ettari all’interno del territorio di Palau. In quello che è anche un piccolo santuario di mammiferi marini, sono presenti servizi adatti a diversamente abili, a camper, e camping, ampio parcheggio, noleggio natanti e attrezzatura balneare, bar e ristoranti.
La costa è adatta a famiglie, ragazzi, coppie e single, e a turisti attivi e sportivi. Da una parte c’è la spiaggia dell’Arenaria e dall’altra quella di Porto Puddu (o Porto Pollo). Le due spiagge si aprono a ventaglio, circondate da dune, che superano i venti metri di altezza e cadono direttamente sul mare. L’arenile ha un fondo di sabbia color crema, mentre il fondale è poco profondo e digradante, adatto al gioco dei bambini e ideale per immersioni e snorkeling.
Le caratteristiche termiche garantiscono in tutte le stagioni una brezza costante, non ‘rafficata’, mentre la posizione assicura un’ottima esposizione ai venti di nord-ovest. Perciò l’Isuledda è il luogo simbolo in Sardegna per appassionati windsurfer, kitsurfer e funboarder, dilettanti e professionisti. Attira campioni da tutto il mondo, che possono scegliere tra la baia di ponente, sopravento, e quella di levante, sottovento. Oppure tra Porto Pollo e la vicina località Barrabisa.
Di fronte al tuo sguardo si aprirà il panorama offerto dall’isolotto Cavalli e, in lontananza, dalle isole dell’arcipelago della Maddalena: Spargi, Spargiotto e Budelli. Nel tuo soggiorno a Palau, non perdere occasione anche per distenderti su altri paradisi costieri come Cala Trana, Porto Faro e Porto Rafael e di ammirare monumenti naturali come la Roccia dell’Orso.Lodè
Nel Medioevo limite meridionale del giudicato di Gallura, oggi confine tra le province di Nuoro e Sassari, si distende ai piedi del monte Calvario, circondato dalla catena del Monte Albo e dai rilievi granitici dei paesi vicini. Lodè è un centro montano dell’alta Baronia di mille e 700 abitanti, che fa parte dei borghi autentici d’Italia, il cui territorio è reso fertile da sorgenti e riu Mannu che forma la cascata di sos Golleos. Il paese di tradizione agropastorale ha case in pietra con balconi in legno, strade ‘spezzate’, vicoli stretti e portici, disposti attorno a chiese medioevali: la parrocchiale di Sant’Antonio abate, in onore del quale si accendono i fuochi a metà gennaio, le chiese de su Rimediu e della Vergine d’Itria. Caratteristica è quella campestre di San Giovanni battista, festeggiato a fine giugno con un palio in suo onore. Molto sentito il carnevale con maschere tipiche del paese (sas mascheras nettas e su Maimone) e suggestivi i riti della Settimana Santa. Nel corso delle celebrazioni assaporerai le specialità gastronomiche. A iniziare dai pani: calistros, coccone, simula, cozzulasa (con ricotta o pezzi lardo) e cocconeddu chin s’ovu, per Pasqua. Tra le ricette spiccano sa manicatura con maiale o pecora, patate, cavolo, ceci e cipolla, e su pane vratau con strati di carasau ‘sbollentato’, sugo, pecorino e uovo. Dolci tipici sono amarettos con pasta di mandorla, aranzata, con mandorle e buccia d’arancia, e orugliettas, con pasta sfoglia e miele.
Nel territorio di Lodè ricade parte del parco di Tepilora, una delle aree più rigogliose dell’Isola con quasi ottomila ettari di foreste incontaminate (premiata dall’Unesco nel 2017). Comprende altopiano e boschi di Sant’Anna, con un suggestivo santuario dedicato alla santa, parte della foresta di Usinavà, punteggiata da rocce modellate in varie forme, e il Monte Albo, imponente bastione di rocce calcaree chiare, con gole, doline, grotte, burroni, vette oltre i mille metri e la bianchissima punta sos Aspros, un’oasi faunistica popolata da mufloni e sorvolata da aquile reali. Il parco si estende dai boschi di Tepilora sino alla foce del Posada, elemento di connessione tra montagna e mare. Nel suo delta nidificano aironi, cavalieri d’Italia e fenicotteri ed è contesto ideale di escursioni in kayak. Troverai itinerari segnalati, un tempo sentieri di carbonai, con siti preistorici e pinnettos, antiche dimore dei pastori. Per i trekker, ideali i percorsi sino a punta Cupetti. Le prime tracce umane a Lodè risalgono al Neolitico, alcune domus de Janas, qui dette calas ‘e sos naneddos (grotticelle dei nani). La maggiore testimonianza dell’età del Bronzo è il nuraghe sa Mela, sul monte Prana, dove vedrai anche le fondamenta degli antichi villaggi di sos Lothos e Thilameddu.
Bados
Nel suo bagnasciuga genitori e loro piccoli giocano in tranquillità e sicurezza, grazie al fondale basso, più a largo sfrecciano windsurf, kite e tavole da surf, grazie a venti costanti che regalano le onde giuste, mentre tutti i bagnanti possono ammirare lo splendido panorama che si para davanti, l’imponente profilo dell’isola di Tavolara. La spiaggia di Bados è uno dei gioielli del litorale di Olbia, nella parte settentrionale della borgata marina di Pittulongu. Si estende per 300 metri tra lo sperone roccioso della punta omonima, interamente ricoperto di macchia mediterranea, e la frastagliata scogliera che la separa dalle altre calette della frazione olbiese. La sua sabbia è fine, soffice, di colore grigio chiaro, il fondale è sabbioso con qualche scoglio affiorante, il mare limpido con colori cangianti che vanno dall’azzurro al verde acquamarina. Se all’orizzonte si staglia la sagoma di Tavolara, alla tua destra, invece, ammirerai Capo Ceraso, limite settentrionale dell’area marina protetta di Capo Coda Cavallo. Alle spalle dell’arenile i corsi d’acqua rio Bados e rio sa Pischina sfociano in una laguna, generalmente secca in estate, nel cui sbocco sul mare si trova un piccolo attracco per le barche.
I servizi sulla spiaggia sono numerosi: parcheggio, accessibilità per diversamente abili, punti ristoro, noleggio di attrezzatura balneare e natanti, scuola di windsurf. In esplorazione nei fondali in prossimità della scogliera osserverai spugne nere, serranidi e triglie. Attorno al promontorio di tanto in tanto spunta anche la stella marina rossa. Oltre la laguna e il promontorio, un altro spuntone roccioso – attraversato da un sentiero - separa due strisce di sabbia candida: sono le spiagge di Cala Banana e Nodu Pianu, circondate da una folta vegetazione. Nodu Pianu è caratterizzata anche da un pontile e dall’isolotto dei Porri che ne delimita scenograficamente il confine ovest. Dal lato opposto, Pittulongu vanta quattro spiagge, tutte meritevoli di essere visitate. A partire da La Playa, il litorale prediletto dagli olbiesi: sabbia bianca mista a conchiglie, fondale basso e servizi la rendono suggestiva e accogliente. Tante spiagge del nord-est isolano sono incastonate tra punte rocciose, le cale del lido di Pittulongu lo confermano: Lo Squalo, Il Pellicano e Mare e Rocce si aprono a mezzaluna delimitate da più o meno ampi speroni. La prima è la più ampia, prende il nome dallo stagno retrostante e presenta sabbia fine con colorazione grigio tenue. Nella spiaggia del Pellicano l’arenile è più tendente al bianco e alcuni scogli movimentano il paesaggio, mentre il mare mostra riflessi turchesi. Mare e Rocce si tinge di smeraldo, è lunga circa 250 metri, e come suggerisce il nome si caratterizza per gli scogli scistosi affioranti.
Isola Piana e Isola dei Cavalli
Acque limpide con infinite tonalità azzurre, verdi smeraldo e turchesi si apriranno davanti ai tuoi occhi. Per vivere veri e propri paradisi naturali, potrai sbarcare in luoghi paradisiaci e nuotare nel mare di approdi di rara bellezza come le isole Piana e dei Cavalli, inserite nell’area marina di Tavolara - Punta Coda Cavallo. Nella piccola isola dei Cavalli, accessibile via mare seguendo le indicazioni del parco, troverai una spiaggia di sabbia chiara, fine e compatta, circondata da rigogliosa macchia mediterranea. Tutt’intorno il mare è cristallino con un fondale basso. Più a largo scogli affioranti segnano le rotte delle imbarcazioni. In lontananza, al largo di Porto san Paolo e a est della ‘sorella minore’, scorgerai la più grande isola Piana. Qua sono presenti varie spiaggette di sabbia finissima, dal colore grigiastro con riflessi rosa e ocra. All’orizzonte potrai scorgere nei bassi fondali scogli levigati con tonalità rosate e giallastre, tipici della costa gallurese.
Insieme ai due isolotti, potrai visitare con imbarcazioni private o con gite organizzate, tutta l’area protetta che si estende da Capo Ceraso all’isola Ruia, a sud di capo Coda Cavallo: 76 chilometri di costa nei territori di Loiri Porto San Paolo, Olbia e San Teodoro e i 15 mila ettari di mare. Ammirerai l’imponenza granitica di Tavolara e le rocce di porfido rosso di Molara. Sfiorando lembi di terra ricoperti di macchia mediterranea, ti imbatterai nelle isole dei Porri, dei Topi, del Drago e nell’isolotto Rosso. Tra una pausa e l’altra, durante la navigazione, tuffati in acque cristalline per esplorare meravigliosi fondali. Potrai fare immersioni mozzafiato per vivere un documentario in diretta a Punta del Papa, nella secca di Punta Arresto e in quella a nord-est dello scoglio di Molarotto. Ti immergerai in luoghi ricchi di varietà ittiche e segnati dal passaggio di cetacei e delfini, e dove è usuale trovare resti di navi e imbarcazioni di qualsiasi epoca, tra cui il misterioso relitto di Molara, che giace a circa 40 metri di profondità. Si tratta di un motoveliero di fine XIX secolo, lungo 70 metri e di oltre 2 mila tonnellate di stazza (già allora un bellissimo ‘pezzo d’antiquariato’), diretto a Marsiglia dalla Siria e affondato da un sottomarino inglese di stanza in quella parte di Tirreno, forse nel corso della seconda guerra mondiale.
San Pietro a mare
Lo scenario è semplicemente stupendo, grazie al contrasto cromatico fra la sabbia chiarissima e la doppia estensione azzurra, del fiume e del mare. La spiaggia di San Pietro è una lunghissima e ampia distesa di sabbia morbida e dorata, che parte a ovest da La Ciaccia e arriva a oriente sino alla foce del Coghinas, passando accanto alla chiesetta e alla borgata di San Pietro a mare, a circa due chilometri dal centro di Valledoria. L’arenile è circondato da dune coperte di macchia mediterranea e si immerge in un mare cristallino e limpido, dalle tonalità verde smeraldo e azzurre, con fondale che diventa rapidamente profondo, ideale per snorkeling e immersioni subacquee. È uno dei tratti del golfo dell’Asinara preferiti dagli appassionati di sport acquatici, in particolare dai windsurfisti che arrivano qui da tutta Europa. Vicino alla spiaggia ci sono bar, ristoranti, strutture ricettive ed esercizi commerciali, nonché un ampio parcheggio.
San Pietro a mare, una delle cinque frazioni che compongono Valledoria, è un’oasi naturalistica che occupa circa metà dei circa sette chilometri costieri del rinomato centro turistico. Un litorale che alterna sabbia dorata medio-grossa ad altra fine e candida, come nel caso della Baia delle mimose, e che arriva fino alle porte dell’Isola Rossa, nel territorio di Trinità d’Agultu. Unica interruzione è lo sbocco a mare del Coghinas. Alle spalle della costa vedrai sterminati paesaggi verdi: boschi di pini ed eucalipti e campi coltivati a orti, specie di carciofi. Sullo sfondo, dolci rilievi. E poi tanta acqua: il Coghinas prima di sfociare nel golfo, forma un’area lacustre di oltre 50 ettari, abitata da aironi, anatre, germani e, lungo gli argini, nei canneti, da folaga, gallinella d’acqua e porciglione. Nelle acque salmastre nuotano spigole e cefali. Un lembo di terra ideale per escursioni a cavallo, trekking, kayak e pesca sportiva. La fertilità, il comodo accesso dal mare e la navigabilità del fiume contribuirono alle fortune della città tardo-antica e medioevale di Ampurias, che fu tra le prime sedi episcopali del nord Sardegna, e mantenne l’autorità sino al 1503.
Le Farfalle - Cala Suaraccia
Incastonata in una baia riparata dal maestrale, la avvolge il profumo dei lentischi e dei ginepri che stanno alle sue spalle, mentre, di fronte, le isole di Molara e Tavolara regalano un paesaggio indimenticabile. La spiaggia di Cala Suaraccia, nota anche come ‘Le Farfalle’, dal nome del villaggio poco distante, si estende nella parte settentrionale del promontorio di Capo Coda Cavallo, nel cuore dell’area marina protetta omonima, nel territorio di San Teodoro. L’arenile, caratterizzato da sabbia fine, dal colore tenue con riflessi grigiastri, si apre a mezzaluna per una lunghezza di circa 150 metri. Alle spalle, una folta vegetazione aggiunge tinte verdi al paesaggio, mentre il mare è cristallino, dall’intenso colore turchese, con qualche scoglio affiorante. Il fondale, profondo dopo pochi metri dalla riva, permette agli appassionati di snorkeling di vivere splendide esperienze a pelo d’acqua, in mezzo a una moltitudine di pesci variopinti. Tra i servizi disponibili, parcheggio, punti di ristoro e noleggio ombrelloni e natanti, inoltre, nelle vicinanze c’è un centro diving.
Sul lato sinistro del litorale, oltrepassata una piccola scogliera, noterai un pontile, punto di approdo per le imbarcazioni che portano alla scoperta dell’area protetta. Raggiungerai Cala Suaraccia seguendo la statale 125 ‘Orientale sarda’ da San Teodoro in direzione Olbia, per poi, in prossimità della località Lutturai, svoltare a destra seguendo le indicazioni per Capo Coda Cavallo e percorrendo circa quattro chilometri fino all’area di sosta, distante poche decine di metri dalla cala. Meritano senz’'altro una visita anche le altre spiagge del promontorio: all’estremità orientale troverai la spiaggia di Coda Cavallo, che deve il proprio nome al fatto di estendersi su un lembo di terra la cui forma ricorda una coda equina. A sud, sul versante opposto del capo rispetto a Cala Suaraccia, c’è Baia Salinedda, caratterizzata da rocce rossastre, dalla presenza al largo dell’isola Ruia e da un piccolo stagno retrostante. Un’area umida delimita anche la vicina spiaggia di Salina Bamba, dalla sabbia bianca e sottile. A proposito di candidi arenili, verso sud la tappa imperdibile si chiama Cala Brandinchi, un tratto caraibico in Sardegna, punteggiato da dune e accarezzato da un mare con infinite sfumature d’azzurro. Oltre uno spuntone roccioso, ecco poi la ‘gemella’ Lu Impostu, con arenile meno lungo e più largo e ginepri e mimose a decorarne le dune.