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Santa Caterina di Pittinuri

Inizialmente erano poche case, ‘appoggio’ per i pastori in transumanza, disposte nei dintorni di una chiesetta intitolata a santa Caterina. A partire da metà XX secolo, una progressiva crescita edilizia ha trasformato la piccola borgata sul mare, frazione di Cuglieri, nell’odierna rinomata località balneare. Santa Caterina di Pittinuri si adagia su scenografiche scogliere, contornate dai verdi rilievi del Montiferru e sorvegliata dalla cinquecentesca torre di Pittinuri, da cui deriva il nome e che si erge nel promontorio a nord del borgo. Un’insenatura di rocce calcaree, oltre al borgo, accoglie e ripara una spiaggia con ciottoli dorati, rossastri e neri. Il mare è limpido e poco profondo, adatto per i più piccoli, mentre le giornate di maestrale rendono la cala un paradiso per wind e kite surfisti. Decisamente più selvaggio è il panorama poco più a nord, a su Riu ‘e sa Ide, dove lingue di roccia calcarea degradano dolcemente verso il mare verde smeraldo.

All’interno della borgata, spicca la chiesetta di origine medievale, dove a metà maggio si celebra la festa di santa Caterina: il santuario diventa meta di un pellegrinaggio che parte dalla basilica di Cuglieri. A tre chilometri, in direzione sud-est, i ruderi di Cornus ti racconteranno una storia risalente sino a epoca punica, fatta di prosperi commerci, della lotta per l'indipendenza contro Roma e una nuova vita come centro episcopale dell’Isola in età paleocristiana. Più vicina, a due chilometri da Santa Caterina, troverai un’altra borgata marina di Cuglieri, s'Archittu, caratterizzata dallo scenografico arco scolpito dalla natura sulla roccia calcarea e dalla sua spiaggetta color ocra. Nella parte meridionale del villaggio sorge la spiaggia Stella, nota anche come ‘spiaggia dei preti’ perché in passato sede di un seminario estivo. L’arenile di sabbia chiara è intervallato da bianchi scogli piatti e chiuso dagli scogli del promontorio della Balena, dove si erge la Torre del Pozzo, che è anche il nome della terza borgata costiera di Cuglieri. Qui, una scalinata in pietra conduce alla piccola spiaggia sa Capanna, dove ti colpirà il suggestivo contrasto cromatico tra sabbia chiara, riflessi turchesi del mare e candide rocce tufacee. La località è una delle mete preferite degli appassionati di immersioni, pesca subacquea e snorkeling.

Solarussa

Si distende nel Campidano settentrionale, nella bassa valle del Tirso, una delle aree più fertili dell’Isola, coltivata a vigneti, oliveti, carciofi, pomodori, angurie e meloni. Solarussa è un centro agricolo di duemila e 500 abitanti a poco più di dieci chilometri da Oristano, dove, nel 1388, fu sottoscritto il trattato di pace tra Eleonora d’Arborea e Giovanni I d’Aragona. Il toponimo latino, solum russus, deriva dal colore della terra locale. Attività del XX secolo sono state l’Olearia, industria che produceva olio di sansa, e uno stabilimento di trasformazione dei prodotti agricoli, primo del genere nell’Isola. Oggi la viticoltura rende celebre il paese: nel Bennaxi, florida campagna solarussese, verdeggiano i vigneti di vernaccia. Al prelibato vino è dedicata una sagra accompagnata da degustazioni di pietanze locali.

Anche il carnevale è in tema: è chiamato su Bingiatteri, ‘il coltivatore della vigna’. Sino a metà XX secolo nelle località Bangius e Cu ‘e Forru si producevano mattoni e tegole, con cui erano costruite le case rurali campi danesi del centro storico, che vedrai tutt’oggi, alcune impreziosite da murales. Casa Sanna ne è uno splendido esempio con balconi in ferro battuto e un grande portale. Ospita eventi culturali e sorge nella parte alta dell’abitato, accanto alla chiesa della Madonna delle Grazie, un tempo meta di pellegrinaggio, oggi sede della festa di fine maggio. Il fronte del grazioso santuario è caratterizzato da un loggiato a tre ordini di archi e da due torri campanarie simili. La suggestiva parrocchiale di san Pietro apostolo, consacrata nel 1835, custodisce due dipinti settecenteschi del pittore Pietro Angeletti. Accanto ecco la chiesa delle Anime, edificata nel 1749 con preziosi decori: altare in marmi policromi e pulpito ligneo. Su una collinetta in periferia troverai la chiesa di san Gregorio magno, costruita tra XII e XIII secolo sulle rovine di un edificio più antico con conci di trachite e basalto, in stile romanico ‘minore’. In onore del santo è celebrata la festa più sentita del paese, a metà ottobre. Accanto osserverai i ruderi di un pozzo, putz’e Angius, e forse di un edificio termale, entrambi di epoca romana.

A Solarussa i romani stabilirono una stazione di sosta lungo la via maxima da Tharros a Forum Traiani. A testimoniarne la presenza anche monete, resti di domus e ceramiche a Cuccuru Madau. Tra i numerosi insediamenti di età nuragica, spicca il complesso di Pidighi, composto dai nuraghi Pidighi e Muru Accas, molto simili, con rispettivi insediamenti e vicine fonti d’approvvigionamento idrico. Entrambi sono formati da una torre principale e da un corpo comprendente cortile scoperto e torre secondaria. Nella fonte Mitza Pidighi, frequentata già in età prenuragica, come testimoniano reperti di ossidiana e ceramici del IV millennio a.C., l’acqua sgorga ancor oggi da una piccola celletta, attorno alla quale nel 1000 a.C. fu costruito un recinto, con dentro forse un altare.

Abbasanta

Le case in pietra vulcanica scura del suo centro storico si distendono sull’omonimo altopiano basaltico, nel territorio storico, ricco di boschi, del Barigadu. La centralità nel cuore della Sardegna di Abbasanta, paese di duemila e 700 abitanti, presidio slow food per il casizolu (tipico formaggio vaccino), è nota sin dall’Antichità, non a caso oggi è al centro della principale arteria stradale, la statale 131. In età romana era nota come Ad Medias Acquas. Il successivo Aba Sancta (acqua santa) è citato la prima volta nel XII secolo nelle rationes decimarum (pagamenti delle decime ecclesiastiche). La presenza umana sul territorio è di molto precedente all’arrivo dei romani, risalenti al Neolitico, come dimostra il dolmen di s’Angrone. All’età del Bronzo sono databili il pozzo sacro di Calegastea, la tomba di Giganti di sos Ozzastros e numerosi complessi nuragici. Il più famoso è il nuraghe Losa, a tre chilometri dal paese. Costruito con blocchi di basalto ‘regolari’, ha una struttura complessa, risultato di varie fasi costruttive tra XV e fine XII secolo a.C.: un mastio (torre centrale) ‘protetto’ da un bastione trilobato, la cui torre più alta raggiunge i 13 metri, a sua volta circondato da un antemurale. Nell’età del Ferro fu meno frequentato e poi usato per scopi funerari. Altro importante nuraghe è il monotorre Zuras, datato tra XIV e XII a.C., degno di nota per la precisione realizzativa. Dalla sua terrazza superiore vedrai altri siti del circondario, tra cui il nuraghe polilobato Aiga, attorno al quale noterai i resti di un villaggio della metà del II millennio a.C. Non lontano da Abbasanta, in territorio di Paulilatino, spicca un altro fondamentale sito nuragico, il suggestivo santuario di santa Cristina col villaggio circostante.

Il centro del paese si dispone attorno alla parrocchiale di santa Caterina d’Alessandria, il cui primo impianto gotico-catalano sorse nel Cinquecento sulle rovine di un nuraghe. Fu totalmente ristrutturata a fine Ottocento, ispirata a forme rinascimentali: ha pianta a croce latina con un’unica navata, sulla quale si aprono tre cappelle per lato. Altre chiese cittadine sono Sant’Amada (o Dorotea), eretta in stile gotico-aragonese nel XVI secolo, e la seicentesca Santa Maria delle Grazie. Da non perdere una passeggiata nel parco di sant’Agostino, dove troverai un piccolo villaggio di muristenes - che ospitano i fedeli durante i festeggiamenti in onore del santo a fine agosto - attorno a un santuario campestre di origine bizantina, tra secolari querce da sughero e roverelle. Altri spettacoli naturali sono la sorgente Bonorchis, vicino alla località Tanca Regia, dove c’è un centro di allevamento equino e, vicino, aree funerarie preistoriche come domus de Janas, quella di Mesu Enas e la tomba di Giganti su Pranu.

Zerfaliu

Si adagia nel Campidano maggiore, vicino alla sponda destra del Tirso, il fiume più lungo dell’Isola, che attraversa tutto il suo fertile e florido territorio. Zerfaliu è un paese di poco più di mille abitanti dell’alto Oristanese, importante centro di produzione di agrumi, cui dal 1997 è dedicata la sagra degli agrumi tra febbraio e marzo. Oltre ad aranci, mandarini, mandaranci e pompelmi di tutte le qualità, sono esposti prodotti agroalimentari e artigianali, preparati dolci e marmellate a base di agrumi e offerte degustazioni di piatti tipici. L’area destinata alle coltivazioni, ai ‘giardini’ di frutteti, è il lembo di terra che separa il paese dal fiume, su Bennaxi, reso particolarmente fertile dal limo sedimentato nelle inondazioni.

Le altre parti del territorio sono Gregori, destinata a coltivazione di cereali e pascoli, e la suggestiva estremità settentrionale, s’Ungroni, una vallata dominata da querce, macchia mediterranea e dal nuraghe ‘e Mesu, il maggiore e meglio conservato del paese, una struttura complessa con due torri minori affiancate al mastio. Attorno al suo recinto vedrai un pozzo nuragico. Notevoli anche i resti dei nuraghi Jana e Cagotti, vicini al paese. Dei nuraghi Crabai, de su Strampu e San Giovanni restano poche tracce. Tombe di Giganti sono state individuate a Bau Craba e Serra Ebbruzzu. La presenza romana è testimoniata dal ritrovamento di un dischetto di bronzo con incisioni del II secolo d.C. e, soprattutto, dalla piccola necropoli di santu Giuanne, con tombe dell’età dell’imperatore Adriano. Vicino ad essa sorge la chiesa di san Giovanni battista, il cui impianto romanico originario è del XIII secolo, forse realizzato con materiale del vicinissimo nuraghe San Giovanni. Totalmente costruita con pietre basaltiche e calcaree, oggi sorge in periferia. Attorno all’antica chiesa pisana, risalente all’XI secolo, di cui rimane un arco a sesto acuto con sovrapposto campanile a vela, sorse il primo nucleo abitato, il cui centro storico è formato da edifici monumentali in basalto e trachite e case in mattoni crudi, rifinite internamente con affreschi murali, pavimenti con mattonelle colorate e magazzini per le provviste e la custodia delle botti di vernaccia. Accanto all’arco pisano si erge la parrocchiale della santissima Trasfigurazione, edificata sotto la dominazione spagnola (XV-XVI secolo) su una precedente chiesa, poi sottoposta a vari restauri sino alla ricostruzione del 1947. Dietro l’altare vedrai una vetrata dedicata a Gesù trasfigurato, patrono del paese, celebrato a inizio agosto. Nella vigilia della festa si compie una lunga processione detta s’Arrassignu. Sentita è la festa in onore di san Giovanni, patrono dei pastori, a fine giugno, cui è associata la sagra della pecora, occasione per degustare pecora bollita e malloreddus. Altri riti coinvolgenti sono la festa di san Pio e s’Incontru a Pasqua.

Usellus

Tra colline e montagne, tra i parchi della Giara e del monte Arci, in uno scenario unico, circondato da rigogliosi boschi di lecci, sorge un piccolo centro dalla gloriosa storia. Usellus è un caratteristico paesino di meno di 800 abitanti dell’alta Marmilla, il cui antenato è Uselis, centro abitato dall’VIII secolo a.C. da genti che commerciavano con fenici e punici di Tharros, poi colonia Iulia Augusta dal II secolo a.C., sede vescovile per un millennio (dal III al XII secolo) e capoluogo di curatoria nel giudicato d’Arborea. Il centro romano controllava le vie di passaggio con la Barbaria e snodo nevralgico verso Aquae Napolitanae (Sardara), Forum Traiani (Fordongianus) e Neapolis (a capo Frasca). Il fondamentale documento che ne attesta lo status di colonia è una tavola bronzea di patronato del 158 d.C.: gli usellenses erano titolari degli stessi diritti e doveri dei cittadini dell’Urbe. Il geografo Tolomeo menziona Uselis come una delle uniche due colonie civium romanorum sarde (l’altra è Turris Lybissonis). Altre testimonianze romane sono il ponte in località su Forraxi, una gran mole di embrici e la rete viaria ben conservata. Sui ruderi romani, nel colle di Donigala, sorse la chiesa di santa Reparata, a tre navate e facciata sormontata da un campanile a vela. Intorno al sagrato, si conservano le cumbessias, alloggi dei fedeli durante novene e festa.

Abbandonato nel XII secolo, il paese fu ricostruito più a valle, nell’attuale posizione. Il centro storico conserva numerose case con lollas (porticati) aperte su cortili acciottolati che si affacciano sulle vie con imponenti portali. Al centro si erge la seicentesca parrocchiale di san Bartolomeo, patrono celebrato a fine agosto. In contemporanea è inaugurata ogni anno una mostra d’arte. A due chilometri dal paese, nella graziosa borgata di Escovedu, troverai la chiesa di sant’Antonio da Padova e tradizionali architetture, tra cui spicca la settecentesca casa padronale dei Prinzis. Qui sorge anche la cantina sociale, che produce ottimi malvasia, monica e vermentino dai vigneti delle colline. Dagli oliveti deriva un pregiato olio extravergine e da pascoli arrivano prelibati formaggi, ricotte e carni. Abilità e creatività nella lavorazione di ceramica, ferro, legno e pietra sono le tessere che completano il mosaico tradizionale di Usellus. Insieme alle feste: a metà maggio si celebra la processione in onore di sant’Isidoro, associata alla sagra della pecora. Oltre a Santa Reparata, un altro edificio di culto campestre risale a età vandalica: è la chiesa di santa Lucia, festeggiata a inizio settembre con riti solenni e un pranzo comunitario nel bosco di s’Arroxiu. Vicino alla chiesa scorgerai la tomba di Giganti di Matrox’e Bois e accanto il complesso nuragico di santa Lucia, circondato da mura ciclopiche e resti di capanne. È il maggiore dei nove nuraghi del territorio. La presenza dell’uomo risale però a età prenuragica, grazie alla forte attrazione rappresentata dall’ossidiana, ‘oro nero’ del Neolitico, proveniente dal parco regionale del monte Arci, di cui 300 ettari rientrano nel Comune di Usellus.

Mari Ermi

Il maestrale accarezza i suoi granelli simili a chicchi di riso. La sabbia dorata, fine e con piccolissimi ciottoli di quarzo bianco e rosa colorano M​ari Ermi di molteplici sfumature cangianti. Parte integrante dell’a​rea marina penisola del Sinis - isola di Mal di Ventre, la spiaggia si estende per due chilometri e mezzo lungo la costa di Cabras, incastonata tra l’incantevole Is Arutas e Porto Suedda, una striscia di terra dove affiorano rocce multiformi che nascondono un’altra spiaggetta.

Dalla lunga battigia bagnata da una melodiosa risacca ti immergerai in un mare azzurro intenso con un fondale che degrada dolcemente verso il largo, rendendo la spiaggia ideale per le famiglie con bambini. Per gli appassionati di sport da onda come kite o windsurf, è il luogo ideale dove praticarli. Nella spiaggia troverai ampio parcheggio, punti ristoro e servizi. Per gli amanti della natura e dell’avventura, a due passi dall’arenile, ecco campeggi e agricampeggi.

Racchiusa tra alte dune chiarissime e vegetazione marina, Mari Ermi è protetta alle spalle da uno stagno esteso venti ettari. Nello specchio d’acqua vivono numerose specie di uccelli marini, tra cui il fenicottero rosa. Lo noterai con la testa immersa nell’acqua intento a mangiare i gamberetti che gli conferiscono il caratteristico colorito. Di fronte alla spiaggia, scorgerai la forma caratteristica dell’isola di Mal di Ventre, in campidanese Malu Entu, ‘cattivo vento’, per via dei repentini cambiamenti del meteo, un paradiso naturalistico, dove sbarcano le tartarughe marine e i cui fondali celano relitti di tutte le epoche, tra cui un relitto romano di 36 metri affondato tra 80 e 50 a.C. con duemila lingotti di piombo. Mari Ermi ha caratteristiche simili ad altri due gioielli costieri di Cabras, il quarzo rosa, verde chiaro e bianco di Is Arutas, una delle spiagge più famose della Sardegna, e Maimoni, due chilometri di sabbia chiarissima, impreziosita anch’essa da chicchi di quarzo con varie sfumature. Di diversa natura ma altrettanto suggestiva è un’altra spiaggia cabrarese: san Giovanni di Sinis, una distesa di sabbia fine e morbida.

Tadasuni

Dalle sue sparute case ti specchierai sulle acque dell’Omodeo, uno dei maggiori laghi artificiali in Italia e suggestiva attrazione naturalistica, dove, quando si abbassa il livello delle acque, ammirerai resti di nuraghi e alberi fossili pietrificati. Tadasuni è un piccolissimo centro di appena 150 abitanti del territorio storico del Guilcer-Barigadu, che sorge a circa 200 metri d’altezza nel versante occidentale del lago. Riguardo all’origine del toponimo, interessante la proposta dello storico Spano: deriverebbe dalla parola semitica thet-ashàn, ‘casa ricca’. Il paese è menzionato nel condaghe di Santa Maria di Bonarcado in relazione ai possedimenti dei monaci camaldolesi in Sardegna, che si insediarono da queste parte durante il giudicato d’Arborea.

L'abitato si articola in una rete di strade su cui si affacciano caratteristiche abitazioni in pietra. Al centro sorge la parrocchiale di San Nicola di Bari, costruita a metà XIX secolo in stile neoclassico da conci di calcare scuro, che conserva una cinquecentesca Madonna di Boele e pezzi d’argenteria tra cui un ostensorio in oro e argento di inizio XIX secolo. Il patrono è celebrato a inizio dicembre. Da visitare anche la settecentesca chiesa di Santa Croce. In campagna si trova la chiesa di San Michele, festeggiato a fine settembre. Nella casa parrocchiale visiterai il museo degli strumenti musicali sardi, che custodisce una collezione di circa 400 preziosi ‘pezzi’ tradizionali, tra cui le launeddas, nonché pugnali e armi da fuoco di fine XIX secolo. Da ammirare anche un Crocefisso ligneo, un tempo conservato nella chiesa di Santa Maria di Boele, sommersa dalle acque dell’Omodeo, la più affascinante attrazione turistica locale. Il bacino, formato dallo sbarramento del fiume Tirso nel 1924, offre scorci panoramici suggestivi ed è ideale per rilassanti passeggiate ed esplorazioni delle sue acque in canoa.

La vallata ricoperta d’acqua custodisce un tesoro archeologico: insediamenti nuragici e prenuragici stanno sott’acqua insieme a una foresta fossile pietrificata di circa 20 milioni di anni e al paesino di Zuri (abbandonato e ricostruito più in cima). Nei periodi di secca, in parte, riaffiorano le testimonianze. Alla storia si accompagna la bellezza naturalistica: il lago è circondato da altopiani basaltici, aspre montagne e vegetazione avvolgente: lecci, roverelle, olmi, pioppi e macchia mediterranea.

Su Tingiosu

Due chilometri di bianchissime falesie modellate da maestrale e mareggiate, che raggiungono 25 metri d’altezza: dalla loro cima ammirerai i panorami mozzafiato della costa ovest dell’Isola. La scogliera di su Tingiosu si distende tra capo sa Sturaggia, limite settentrionale della spiaggia di Mari Ermi, e le falesie di su Cantaru, poco più a sud della borgata marina di s’Arena Scoada. Un sentiero al trekking e alle mountain bike permette di percorrere tutta la linea di costa tra le due spiagge, collegando il territorio di  Cabras e quello di San Vero Milis: il mare qui assume tonalità cangianti, tra turchese e verde, in alcuni tratti chiazzato grazie ai giochi di colore che i raggi del sole creano con le rocce affioranti e quelle adagiate sul fondale. Di fronte, sull’orizzonte distinguerai chiaramente il profilo dell’isola di Mal di Ventre, parte integrande dell’area protetta della penisola del Sinis. Al tramonto, quando il sole si nasconde dietro il mare, i riflessi di colore sul calcare bianco, sulle rocce e sull’acqua si mostrano in tutta la loro magia.

Tra gli anfratti delle falesie hanno stabilito il loro habitat i cormorani, nel tardo pomeriggio gli appassionati di birdwatching possono assistano al loro rientro dalla caccia giornaliera. Un altro curioso fenomeno caratterizza la scogliera, dovuto alle sorgenti d’acqua dolce che sgorgano dalle rocce, con rigoli che scorrono lungo le pareti finendo direttamente in mare. Ai piedi di su Tingiosu si aprono varie calette, raggiungibili via mare, con sabbia dorata mista a ciottoli e con un fondale prevalentemente roccioso. Il moto ondoso nel tempo ha scavato alcune grotte parzialmente o interamente sommerse, ricche di fauna ittica, meta di immersioni. L’entroterra varia tra campi coltivati e arbusti di macchia mediterranea, specie lentischi, ginestre e profumate distese di elicriso e rosmarino. Il nome della scogliera forse deriva da come gli abitanti del territorio consideravano l’ambiente circostante: tignosu, ovvero povero.

I cristalli di quarzo contraddistinguono le ‘perle’ cabraresi a sud di su Tingiosu. A partire da Maimoni, dove in due chilometri di spiaggia i ‘chicchi’ di varie sfumature iniziano ad apparire misti a sabbia bianca, per poi prendere decisamente il sopravvento nella vicina e celebre is Arutas, distesa a mezzaluna, delimitata da due speroni rocciosi e bagnata dal mare turchese. Colorati ‘chicchi’ di quarzo caratterizzano anche Mari Ermi. Dallo stagno e dal porticciolo per pescatori alle spalle parte il sentiero verso le falesie, da percorrere a piedi o in bici, che termina a s’Arena Scoada, una spiaggia unica tra rocce calcaree miste ad argilla, sabbia dorata con quarzite e un arco scavato nella roccia, detto s’Architteddu, per ‘rispetto’ nei confronti del più settentrionale s’Archittu di Santa Caterina di Pittinuri.

Ales

Un concentrato di storia antica e moderna, di cultura e tradizioni con pochi confronti in Sardegna. Arrampicato sulle pendici orientali del monte Arci, Ales è il centro principale della Marmilla ed è forse la più piccola sede vescovile d’Italia, nonché ‘memoria storica’ dell’Isola grazie al suo antico Archivio. Il suo territorio è ricco di testimonianze archeologiche, legate, per la preistoria, alla presenza di ricchi e preziosi giacimenti di ossidiana del monte. La dominazione romana parte dalla fondazione, nel 62 d.C., della colonia di Uselis.

Nella parte alta del borgo sorge la maestosa cattedrale di san Pietro, costruita nel 1686 sotto i dettami dell’architetto genovese Domenico Spotorno. All’interno ospita un raro crocifisso del Trecento. Sulla stessa piazza della cattedrale si affacciano il palazzo vescovile, il seminario e l’oratorio della Madonna del Rosario. La struttura urbana e l’aspetto monumentale di alcuni edifici ti daranno pienamente la sensazione della funzione di capoluogo di diocesi, esercitata fin dal Medioevo.

Ales è il paese di Antonio Gramsci (1891-1937), uno degli uomini politici, nonché intellettuali più influenti del Novecento europeo. È ricordato da una targa apposta sulla sua casa natale e lo spazio pubblico a lui dedicato, opera dello scultore Giò Pomodoro, che ha allestito un piano d’uso triangolare con elementi simbolici (fontana e focolare). Alla realizzazione del monumento partecipò tutta la popolazione. Altra grande attrazione culturale alesina è l’esposizione del museo del Giocattolo tradizionale della Sardegna.

Dal 7 al 10 settembre si festeggia santa Maria. Le devote preparano la statua della santa, con grembiuli di seta guarniti di pizzi colorati e catene d’argento con pendenti. Il rito religioso viene annunciato dallo scampanellio dei sagrestaneddus, che correndo per le vie del paese rivolgono l’invito al rosario della sera, recitato in sardo. Durante l’ultima posta si accende un grande fuoco e la sera si recitano i suggestivi goccius cantaus. In ciascuno dei tre giorni di festa si svolgono due processioni con cavalieri in costume sardo che portano stendardi ricamati.

S'Archittu

Un luogo magico da visitare almeno una volta nella vita, simbolo della ‘vena’ artistica della natura, che ha ispirato registi e scrittori, e ispirerà anche te. Nella parte settentrionale della graziosa borgata de S’Archittu, sulla costa di Cuglieri – importante centro del Montiferru, territorio storico dell’alto Oristanese – si protende una scogliera bianchissima che cinge una deliziosa spiaggetta e dove si apre un arco, creato dall’azione erosiva degli agenti atmosferici sulle rocce calcaree sedimentarie, dette ‘lunari’ per i riflessi che generano. In origine era una grotta, oggi è un monumento naturale, s’Archittu appunto, perfettamente ‘fuso’ in un ambiente spettacolare completato da tre isolotti a forma di fungo, levigati anch’essi dalla pazienza delle onde. Raggiungerai la cala direttamente dal borgo turistico con una passeggiata attraverso un sentiero lastricato a nord delle case.

Il ‘ponte’ naturale è incantevole al tramonto, quando il sole arancione sembra incastrarsi dentro, quasi imprigionato nell’arco: i tuoi scatti saranno indimenticabili. L’effetto scenico è bellissimo anche di notte, illuminato dalle luci artificiali. I più intrepidi ed esperti sono soliti tuffarsi dalla sua cima, non a caso, alto circa 15 metri, è stato teatro del mondiale di tuffi da grandi altezze nel 2001. La riparata ‘spiaggetta dell’arco’, invece, è l’ideale per il relax: un tappeto di sabbia finissima color ocra con riflessi dorati, disseminata di frammenti di conchiglie, che si immerge in unl fondale basso e sabbioso. Il panorama attorno spazia dall’azzurro intenso del mare fino al verde della macchia mediterranea. Non mancano servizi e comfort: ampio parcheggio, accesso per disabili, noleggio canoe e pattini punti ristoro e, vicino, hotel, ristoranti e attività commerciali.

S’Archittu, celebrato dal poeta Giovanni Corona e dallo scrittore Flavio Soriga, è stato spesso set cinematografico, a iniziare da ‘2+5 missione Hydra’ di Pietro Francisci nel 1966. Vent’anni dopo, Lina Wertmuller ci ha ambientato la scena iniziale di ‘Notte d’estate con profilo greco, occhi a mandorla e odore di basilico’. Più di recente è stato scelto dai registi Davide Manuli (‘La leggenda di Kaspar Hauser’, 2011) e Rocco Papaleo (‘Una piccola impresa meridionale’, 2012).

All’ingresso opposto del borgo turistico, quello sud, si distende la spiaggia Stella, uno stretto e lungo arenile di sabbia chiara, tendente al grigio, con sassolini, protetta dal grande scoglio della Balena. Dal fondale basso emergono scogli calcarei, le tonalità delle acque vanno dal verde smeraldo all’azzurro. Il lungomare del villaggio turistico è chiuso dalle rocce chiare di Torre del Pozzo. Sotto l’antica torre, c’è una piccola insenatura, sa Capanna, caratterizzata da formazioni di tufo.

Due chilometri e mezzo più a nord de s’Archittu sorge Santa Caterina di Pittinurri, la maggiore borgata marinara (e località turistica) di Cuglieri, da cui dista 14 chilometri, sviluppatasi attorno alla chiesa in onore della santa. La sua incantevole spiaggetta è incastonata in una insenatura ‘a fiordo’ tra sa Rocca de Cagaragas, falesia calcarea a picco sul mare, e il promontorio della torre Pittinuri, arricchita da affascinanti grotte.

Nella cala de S’Archittu era forse localizzato il porto dell’antica città di Cornus, la cui area archeologica sorge poco lontano, sull’altopiano di Campu ‘e Corra. Fondata dai cartaginesi a fine VI secolo a.C., l’acropoli della città sorgeva sulla collina di Corchinas, sulle pendici i quartieri abitativi e artigianali. Cornus fu teatro della resistenza sardo-punica con la celebre rivolta guidata da Ampsicora contro i romani durante la seconda guerra punica (215 a.C.). La fase cartaginese è testimoniata da cinta muraria e sepolture, quella romana da un edificio termale. La parte più rappresentativa del sito è il complesso tardo-antico cristiano di Columbaris: sono stati individuati tre edifici basilicali, e due del V-VI secolo e uno più antico, oltre a un’estesa area cimiteriale (III-IV secolo). Accanto alle basiliche riconoscerai strutture murarie, forse di un palazzo episcopale.