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Nostra Signora di Valverde

In una località di grande suggestione e bellezza nel territorio di Nuoro, conosciuta fin da tempi remoti come Balubirde o Palu Birde, spicca una chiesetta campestre dedicata alla Madonna. Fu edificata alla fine del XVII secolo per devozione di una ricca signora nuorese, Nicolosa Solis Manca, che la volle erigere sotto il titolo di Nostra Signora di Valverde, assegnandole come dote la metà della tanca che possedeva in località Goine.

L’8 di settembre dalla città si scalano a piedi le pendici dell’Ortobene per giungere al santuario in una processione accompagnata da una novena, che inaugura una delle feste religiose più sentite e coinvolgenti del territorio.

Da sempre, sin dalla preistoria, l’area è stata frequentata per motivi religiosi. Nella zona si trova la domu de Janas di Borbore, detta anche di Valverde. È caratterizzata da un cortile quadrangolare al quale si accede tramite un arco di granito. La camera funeraria è unica con accessi anche dai lati. Qui furono rinvenuti manufatti di ossidiana e asce di pietra: secondo molti, il luogo era anticamente dedicato al culto delle acque e del dio Pan. I versanti rocciosi dell’Ortobene sono stati scavati per ricavarne tombe ipogeiche, tra cui le più famose sas Birghines.

Lunga la strada per raggiungerla, si incontra un’altra affascinante chiesetta, Nostra Signora della Solitudine, risalente a metà del XX secolo – probabilmente su una preesistente chiesa seicentesca, famosa perché conserva le spoglie del premio Nobel Grazia Deledda, che dedicò un romanzo a questo piccolo edificio, impreziosito da un portale bronzeo dell’artista Eugenio Tavolara.

Monastero delle Carmelitane

È stato definito “meraviglioso miracolo della Divina Provvidenza”. Sull’isolato e silente colle di Cuccullio, a tre chilometri da Nuoro, sorge maestoso il monastero delle Carmelitane Scalze, realizzato su un progetto di Savin Couelle per ospitare 24 monache. L’architetto francese fu uno dei ‘progenitori’ della Costa Smeralda, che non abbandonò la Sardegna ma volle sdebitarsi ulteriormente dell’ospitalità disegnando (di sua sponte) un altro capolavoro. La mole del complesso claustrale si eleva come una castello su un monte, grandiosa all’esterno, poetica dentro.

L’impressione di una fortezza monolitica e austera svanirà quando varcherai l’ingresso e resterai estasiato dalla suggestione che il geniale Couelle ha saputo infondere, prediligendo povertà di materiali ed eleganza di forme e linee. Il risultato è un’architettura in movimento, fatta di rimandi, simbolismi e giochi di luce. Nell’opera sono racchiusi messaggi teologici come annientamento di Cristo e umiliazione profonda della Croce. Mentre la cupola ottagonale che chiude il santuario, è simbolo dell’ottavo giorno, quello di risurrezione e nuova creazione. Tutta l’opera ha uno sviluppo estremamente verticale: entrato in chiesa, scenderai fino a raggiungere l’altare, il punto più basso, mentre risalirai verso il catino, punto sommo dell’abside. Il tutto a simboleggiare l’Ascensione. Tutto l’edificio ha saliscendi a rappresentare le asperità della vita. Il tabernacolo incuneato nella roccia, invece, è un richiamo alla natura circostante Nuoro, così come la presenza di una conchiglia gigante - proveniente dalle Mauritius - rievoca il mare e l’Isola. La statua lignea della Vergine Maria - da cui la consacrazione alla Mater Salvatoris – proviene dagli Stati Uniti. È mutilata e bruciata, perché risale alla Rivoluzione francese, quando i Giacobini, in segno di disprezzo, mutilavano i simulacri religiosi. Nelle pareti laterali quattro piccole croci di bronzo indicano la data di consacrazione: 29 maggio 1994.

Su Stampu de su Turrunu

Immerso nella natura rigogliosa e incontaminata della foresta di Addolì, fra Barbagia e Ogliastra, in un territorio di confine fra Seulo e Sadali, si cela un piccolo capolavoro della natura, allo stesso tempo inghiottitoio, grotta e risorgiva con cascata e laghetto. Su Stampu de su Turrunu è un singolare tunnel, sviluppatosi nelle rocce giurassiche dei Tacchi – tipici rilievi con ripide pareti - e generato dall’erosione dell’acqua, che sfocia in una piccola grotta dove ammirerai scorrere un torrente, su Longufresu, che crea una salto di 16 metri e un laghetto, per poi proseguire la sua discesa verso valle.

Il fenomeno carsico di straordinaria bellezza, lo scroscio della cascata immersa nel verde fitto che si infrange nel laghetto, i riflessi argentati di acque limpide conferiscono all’ambiente vitalità e lo rendono uno dei monumenti naturali più suggestivi della Sardegna. L’acqua è attrice principale, dopo aver scavato l’inghiottitoio, riaffiora magicamente nella grotta. La cavità ha forma regolare e tondeggiante, avvolta da vegetazione rigogliosa e attorniata da pareti calcaree tappezzate di muschi ed erbe rampicanti. Un insieme che sa di forza e imponenza della natura: ti lascerà una sensazione difficile da dimenticare. Il fenomeno carsico in milioni di anni ha dato vita a una forra dove convergono numerosi ruscelli hanno permesso la nascita di ambiente ricco di essenze vegetali: un vero e proprio ‘paesaggio d’acqua’.

Raggiungerai facilmente il monumento naturale attraverso sentiero segnato oppure con l’aiuto di guide specializzate. L’itinerario nel cuore dei territori di Seulo e Sadali, non può prescindere dalla visita alle vicine e incantate Is Janas, grotte - secondo la leggenda - dimora di tre fate, che si estendono per 350 metri visitabili quasi interamente. L’escursione si concluderà proprio a Sadali, ‘il regno dell’acqua’, dove in pieno centro abitato, vicino alla chiesa parrocchiale di san Valentino scorre una cascata, le cui acque finiscono in un baratro sotterraneo, sa bucca manna (la grande bocca).

Pasqua in Sardegna, autentica tradizione di fede

Ascendenza medievale mediata dalla tradizione spagnola e fusa con usanze arcaiche risalenti al paganesimo nuragico: la lunga genesi dei riti de sa chida santa si perde nella notte dei tempi e ha contribuito a renderli, tutt'oggi, sentitissimi, appassionanti e struggenti. Processioni per le strade e riti nelle piccole e preziose chiese dei borghi, nelle cattedrali delle città e nei santuari, tornano, come ogni anno, nel 2025, per essere rivissuti coralmente, secondo le antiche usanze, diverse da luogo a luogo. La Setmana santa di Alghero ha origini catalane, inizia il venerdì che precede la domenica delle Palme, con la processione dell’Addolorata, e si conclude a Pasqua con l’Encontre. Toccante e scenografico è il rito del desclavament, la deposizione del corpo del Cristo accompagnato in processione sul letto di morte. Dall’imbrunire, fiaccole e lampioni coperti da veli rossi illuminano i vicoli della città.

Madonna delle Grazie - Nuoro

A una statuetta lignea della Madonna, ritrovata a Nuoro nel XVII secolo da un giovane pastore, i racconti popolari attribuiscono il miracolo di aver salvato la città dalla peste. In seguito al prodigioso evento, nel capoluogo, ogni anno, dal 1812, viene sciolto un voto fatto alla Vergine: il 21 novembre si celebra la festa, molto sentita da tutto il centro Sardegna, della Madonna delle Grazie. A lei è dedicata nel quartiere nuorese di Seuna la chiesa ‘vecchia’ (XVII secolo), detta così per distinguerla dal nuovo santuario edificato, anch’esso in onore della patrona di Nuoro, negli anni Cinquanta del XX secolo e dove è stato trasferito il simulacro ‘miracoloso’.

In un documento ufficiale è scritto che il permesso di fabbricare una chiesa in onore della Vergine delle Grazie fu concesso nel 1679, ma nell’iscrizione in latino sulla facciata è incisa un data di realizzazione anteriore: 13 maggio 1670. Nell’iscrizione sono riportate anche dedica alla Madonna, nome del committente (Nicolao Ruju Manca) e diritto alla sepoltura sua e dei suoi familiari dentro la chiesa.

L’edificio ha un’unica navata voltata a botte, con presbiterio quadrato e sopraelevato, su cui poggia un altare di stile neoclassico, aggiunta ottocentesca. Nel complesso, però, forme e decorazioni mostrano una commistione di elementi tardogotici. Il portale è evidenziato da un frontone in trachite, composto da timpano con nicchia, che poggia su un architrave diviso in specchi da due cornici, e sorretto da due semicolonne. Il capitello di una delle due è decorato con figure zoomorfe e floreali, così come il rosone, anch’esso in trachite e di ottima fattura.

Accederai al santuario da una scala di granito oppure da due ingressi laterali: quello sulla fiancata sinistra presenta decorazioni tardo rinascimentali, quello sul lato destro conduceva a un chiostro con un vasto loggiato, ostello per i pellegrini durante la festa della patrona. Sulle fiancate vi sono loggette che ‘alleggeriscono’ il volume massiccio della costruzione. All’interno ammirerai pregevoli affreschi del XVIII secolo, che raffigurano apostoli, profeti e brani delle Sacre Scritture.

Su Motti

Raggiungerai il parco archeologico e botanico de su Motti dal centro storico di Orroli passando per la strada panoramica che sovrasta l’abitato e dà accesso a due ‘sentieri della memoria’, attraverso cui viaggerai nel tempo. Agevole quello di sinistra, che ti condurrà all’area delle domus de Janas (case delle fate), impegnativo quello di destra, che ti porterà all’altopiano Taccu Idda, da dove osserverai meravigliosi panorami. Nei boschi del parco troverai roveri secolari e fitta macchia mediterranea con l’inconfondibile profumo di lentischio e cisto. L’area è abitata dall’uomo fin dal Neolitico (3800 a.C.) ed è costellata da enormi massi di basalto eruttati dal vicino monte Pitziogu, vulcano spentosi in epoca quaternaria.

Nel parco troverai qualche nuraghe monotorre e, soprattutto, una necropoli ipogeica di circa quindici domus de Janas, tombe prenuragiche scavate nelle pareti rocciose de sa Carona Arrubia e in grandi massi di basalto. Attorno alle grandi pietre la memoria popolare ha elaborato fantastici racconti, tra cui la vicenda del gigante malvagio Impolla, simbolo locale. Le leggende sono state tramandate oralmente e avvolgono di aura misteriosa i resti preistorici. Su Motti è un museo a cielo aperto che racconta anche di storia ottocentesca: la parcellizzazione dei boschi con i tipici muretti a secco di pietre basaltiche, che ha generato is tancas, appezzamenti di terra chiusi. I muretti sono testimoni dell’epoca della proprietà privata. La chiusura dei terreni, legittimata nel 1823, comportò anche i conflitti di classe fra contadini e pastori: da sempre il bestiame aveva pascolato nei terreni aperti, patrimonio della comunità.

Nelle vicinanze non perdere l’occasione di vedere la grotta sa Ucca Manna (la bocca grande), dove sono convogliate le acque di sorgenti e torrenti vicini. La voragine è ricca di concrezioni e stalattiti lunghe e intatte. Da Orroli potrai partire per altri itinerari tra natura e archeologia: l’escursione in battello nel lago del Flumendosa e di trekking al nuraghe Arrubiu, ricoperto di licheni rossi e unico con cinque torri; la visita a Sadali per ammirare centro storico e casa museo di zia Carmela, mulino, cascata di san Valentino e le grotte Is Janas, avvolte da leggende sulle fate-streghe pietrificate all’interno; una gita alla valle dei nuraghi di Isili, al lago di san Sebastiano, col caratteristico isolotto che ospita una chiesetta da cui prende nome, e nei boschi tra Santa Sofia e Villanova Tulo.

La Sardegna svela i suoi tesori architettonici

Magnificenza artistica, memoria storica, identità culturale e senso di comunità: Monumenti Aperti è la più grande ‘mobilitazione’ popolare di tutela, valorizzazione e promozione dei beni culturali in Sardegna. Così come l’anno scorso, l’edizione 2025, la 29esima, si articola in due fasi, nell’arco di nove fine settimana: la prima fase dal 3 maggio al 1° giugno, la seconda tra ottobre e novembre. Durante queste giornate si apriranno centinaia di luoghi di cultura: musei e siti archeologici, chiese ed edifici storici, monumenti naturali e parchi. Ogni comunità ‘si racconta’ attraverso itinerari letterari e percorsi nell’architettura urbana, in borghi e città segnate da secoli di evoluzione e trasformazioni. Volontari e studenti saranno pronti a guidarti in un viaggio nella bellezza che attraversa i millenni, sin nel passato più lontano, tra resti di antiche civiltà. Luoghi di ieri e di oggi, dove coesistono memoria e idee per il futuro.

La primavera nei borghi

L’esplosione dei colori primaverili nell’Isola fa rima con una delle sue ‘cartoline’ più caratteristiche: le variopinte case di Bosa. Passeggiando lungo il Temo le ammirerai specchiarsi nelle acque del fiume e inerpicarsi sul colle dominato dal castello dei Malaspina, mentre attraversando il Ponte Vecchio raggiungerai la sponda sud per scoprire le antiche concerie. Sarai accolto da un calice di malvasia e estasiato da gioielli di corallo, cesti di asfodelo e tessuti preziosi. Bosa è un mix di storia e artigianato, archeologia industriale e prelibatezze. Da visitare le sue chiese: il ‘duomo’ dell’Immacolata Concezione, Nostra Signora de sos Regnos Altos dentro il castello e San Pietro extra muros, centro di Bosa vetus. E da non perdere le bellezze naturali sulla costa: il parco di Capo Marrargiu, Bosa Marina, s’Abba Druche, Cane Malu e Compoltitu.

La Sardegna sorprendente dei festival letterari

Uno spaccato di Sardegna inconsueta, raccontata dagli eventi letterari, in primavera, estate e autunno. Appuntamenti che accompagnano i momenti di relax durante la vacanza sulla costa o in amene località dell’entroterra. Emblema delle rassegne di letteratura è l’Isola delle storie di Gavoi, fiabesco borgo barbaricino. Dal 2004, nel primo weekend di luglio, scrittori, attori, giornalisti, musicisti e migliaia di appassionati lettori si incontrano, accolti dalla comunità gavoese, pronta a condividere tradizioni e buon vivere. Le case ‘di pietra’ si aprono agli ospiti, i balconi di legno o ferro battuto, colorati da fiori, diventano palcoscenici, le piazze sono arene per il pubblico. Nel corso delle edizioni, il festival ha costantemente aumentato il prestigio, oggi di livello internazionale. Contemporaneamente ne sono cresciuti tanti altri, come Marina Café Noir, Licanìas, La Notte dei Poeti ed Éntula, un festival diffuso che con un ricco programma, da gennaio a dicembre, anima piazze, biblioteche e teatri di decine di centri sardi.

Monte Corrasi

Il suo aspetto è caratterizzato da pareti calcaree a strapiombo, torrioni, candide guglie, grotte e ampi pianori, aspro e spoglio in vetta, ricoperto di lecci nella fascia mediana e adorno di olivi, viti e mandorli a valle. Il monte Corrasi è la cima più alta del vasto e impervio altopiano del Supramonte, nonché uno dei rilievi più suggestivi dell’Isola. Gli impegnativi sentieri che lo attraversano e salgono sino a 1463 metri sono meta ambita di esperti (e allenati) appassionati di trekking, che arrivano a Oliena per scalarlo. Dalla cresta del Corrasi, godrai di vedute spettacolari e di un panorama a 360 gradi che giunge fino a Nuoro, Orgosolo, Dorgali, fino alla costa di Cala Gonone e al Gennargentu. Flora e fauna completano la ‘specialità’ di un luogo dall’atmosfera dolomitica: sembrerebbe del tutto arido e desolato, in realtà ospita 650 specie botaniche, di cui circa 60 endemiche. Un paradiso vegetale di prim’ordine che spinse la società botanica italiana a inserire la montagna nel censimento dei biotopi di rilevante interesse e in cui dimorano rapaci come aquila reale, poiana falco della regina e falco pellegrino, nonché si muove liberamente il muflone.

Nel Supramonte di Oliena, caratterizzato da valli, pianori, doline e canyon, oltre il Corrasi, potrai affrontare altre punte: Ortu Hamminu, Carabidda, ai piedi del quale sorge il paese, sos Nidos, dove nidificano vari rapaci, e il suggestivo cucuzzolo di punta Cusidore. Per i trekker da non perdere anche la scalata a monte Maccione e, soprattutto, la visita alla valle di Lanaitto (o Lanaittu), ricca di siti naturalistici e preistorici: racchiude il villaggio di Tiscali, le grotte sa Oche e su Bentu e le grotta Corbeddu. A inizio valle troverai l’area sacra sa Sedda ‘e sos Carros, importante per le tracce dell’attività di lavorazione dei metalli in età nuragica e come testimonianza del la pratica del culto delle acque. Immancabile è la visita alla sorgente carsica su Gologone, dichiarata monumento nazionale. “Il mormorio dei boschi attorno è come d’un mare non molto lontano; una risacca a pie’ dei monti”. Così in ‘Viaggio in Sardegna’ (1936), Elio Vittorini evoca le sensazioni generate da Oliena, Comune Bandiera arancione e uno dei paesi più caratteristici del Nuorese per posizione invidiabile, bellezze naturalistiche, tradizioni culturali e accoglienza della sua comunità. Manufatti, come ricami su scialli di seta e gioielli in filigrana, pane carasau, cucina di impronta pastorale e Nepente, rinomato cannonau venerato dal poeta D’Annunzio sono alcune sue peculiarità.