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Sud

Pantaleo

Più che una foresta è un vero e proprio tesoro naturalistico: un terzo della sua superficie è oasi di protezione faunistica, custodisce la più estesa lecceta esistente al mondo e il più grande eucalipto della Sardegna, inoltre ospita una particolare specie vegetale ‘ibrida’. La foresta demaniale di Pantaleo si estende per circa 4200 ettari nei territori di Santadi e Nuxis, e fa parte del parco naturale regionale di Gutturu Mannu. Tra le varietà di alberi, a dominare è il leccio, ma ammirerai anche sugherete, tassi, agrifogli, ginestre dell’Etna ed esemplari di sambuco e acero trilobo. Si sono sviluppate anche curiose piante ibride di leccio-sughera, visibili nei percorsi tracciati per le escursioni. In primavera, ammirerai anche coloratissime peonie.

La foresta ‘poggia’ su rocce di varia origine e di tutte le epoche, a partire dal Paleozoico. Gran parte di essa si estende tra conformazioni di granito, che potrai osservare in spuntoni dalle tinte rosate, mentre nella parte ovest si fa spazio il calcare. La fauna è altrettanto interessante: Pantaleo è uno degli habitat del cervo sardo, inoltre ospita colonie di daini e vi trovano rifugio donnole, gatti selvatici, martore e volpi. Un centro faunistico ospita un allevamento di lepre sarda – a rischio estinzione fino a pochi decenni fa -, ne conta circa 200 esemplari ed è visitabile anche tramite percorso didattico. Gli uccelli della foresta sono soprattutto migratori, tra i rapaci vi nidificano aquila reale, astore, falco pellegrinoe sparviero.

In località is Figueras ti attende un punto di sosta, attrezzato con tavoli, attorno scorrono ruscelli e si diramano sentieri escursionistici. Percorrendoli, potrai osservare il più alto eucalipto dell’Isola, raggiunge i 27 metri, con diametro di più di cinque, nonché le tracce dell'attività di produzione di carbone vegetale e di distillazione del legno, avviata agli inizi del XX secolo e andata avanti fino al 1981. Il carbone prodotto nella foresta era trasportato tramite una ferrovia, di cui rimane visibile il tracciato, e imbarcato a Porto Botte verso i porti francesi.

Pantaleo è immersa in un’area naturalistica di inestimabile valore, in quanto contigua alle foreste demaniali di Pixinamanna, is Cannoneris, Monti Nieddu, Gutturu Mannu e Tamara Piriccu. In totale, il complesso raggiunge i 22 mila ettari di verde. In queste oasi ammirerai un ingente patrimonio vegetale e faunistico, oltre siti archeologici e tracce di attività mineraria. Se poi vorrai approfondire la conoscenza su alcune specie, potrai spostarti più a nord nell’oasi di Monte Arcosu, la più grande riserva del WWF in Italia: è ‘abitata’ da circa mille esemplari di cervo sardo.

Nivola & Sciola, scultori di Madre Terra

Nelle loro opere parla la muta poetica delle pietre della Sardegna, quelle preistoriche dei nuraghi, delle domus de Janas, delle tombe di Giganti e delle fonti sacre, e quelle delle rocce antiche, testimoni di ere geologiche senza tempo e di potenti cataclismi. A Costantino Nivola e Pinuccio Sciola bastarono pochi segni per catturare l’anima della loro Terra e l’energia cosmica e materica imprigionata nelle sue viscere. Le portarono alla luce nelle loro opere scultoree con una straordinaria sensibilità e capacità di sintesi tra tendenze cubiste, surrealiste e arte primitiva.

In rada nei mari della Sardegna

In barca a vela si arriva nei tratti di costa più segreti e solitari, insenature nascoste tra i fiordi da scoprire, incantevoli scogliere e falesie da ammirare bordeggiando coast to coast, sparuti arcipelaghi con attorno una vita sommersa da esplorare facendo snorkeling, dune di sabbia e spiagge caraibiche da raggiungere a nuoto e in canoa. Le giornate in barca a vela scorrono così, tra lembi di Eden memorabili set per tramonti indimenticabili. È un modo green e sensoriale, esaltante e fantastico di vivere il mare della Sardegna, eletta dai diportisti paradiso di bellezze, dove la noia è bandita.

Sud

Nuraghe San Marco

È uno dei più interessanti esempi di fortezza nuragica ‘rivissuta’ dalle civiltà che si sono susseguite nel corso dei millenni. Il nuraghe San Marco si erge alla periferia est di Genuri, alle pendici del fianco sud-occidentale della Jara Manna, la giara più grande e celebre. Dall’altopiano, da sempre ‘fonte’ di sostentamento e di risorse per i popoli che hanno abitato la Marmilla, proviene il basalto usato per la costruzione del monumento, mentre per i restauri avvenuti in fasi successive fu usata la marna. L’edificio ha una struttura complessa, composta da mastio e tre torri e circondata da un antemurale con altre cinque torri, tranne che sul lato nord, forse perché i costruttori ritennero sufficiente la ‘protezione’ naturale dell’altopiano della Giara.

La torre sud-est, curiosamente, presenta un diametro inferiore alle altre due, mentre il rifascio murario a nord-est, che segue il profilo della torre centrale, è stato talvolta interpretato come parete di una quarta torre angolare. Nello spazio tra il mastio e le cortine di collegamento tra le torri si apre un cortile a forma di falce, al quale accederai tramite l’ingresso della struttura posto sul lato sud. Dal cortile, dotato anche di un pozzo, accederai al mastio e ai corridoi che conducono alle torri laterali. La camera del mastio mostra uno spazio articolato a croce, con due nicchie frontali e una terza opposta al vano scala. Nella torre nord-ovest noterai sei feritoie, due nicchie e l’assenza del corridoio d’ingresso, infatti, si apre direttamente sul cortile.

Le indagini archeologiche hanno permesso di scoprire che tra Bronzo recente e finale ci fu un evento distruttivo, con relativi crolli e successive ricostruzioni: probabilmente il San Marco fu testimone di una fase – ancora misteriosa - di crisi e di conflitti tra le tribù nuragiche tra II e I millennio a.C. Il sito ha restituito tracce di frequentazione in epoca punica, inoltre vi fu sicuramente uno stanziamento tra le epoche tardo-romana e alto-medievale. Almeno undici ‘nuovi’ ambienti furono sovrapposti o appoggiati al nuraghe, alcuni sono stati interpretati come magazzini per la conservazione di alimenti, mentre cortile e torri furono usati con varie finalità, talvolta anche per ospitare sepolture.

Il nuraghe prende nome da un piccolo santuario campestre, distante poche decine di metri e circondato da un parco con ulivi secolari. La chiesa di San Marco fu realizzata probabilmente nel XVI secolo con pianta a navata unica. Il 25 aprile vi si celebra una festa particolarmente sentita dalla popolazione di Genuri, durante la quale si benedicono le campagne del paese e si invoca il santo per l’auspicio di un buon raccolto.

Sud

Monte Zara

All’apparenza è un ‘consueto’ cono di origine vulcanica, che si staglia di fronte all’abitato di un centro del basso Campidano, in realtà custodisce varie domus de Janas – due dall’aspetto originale -, una scalinata monumentale che conduce a un’area sacra e alcuni villaggi, uno protagonista di una scoperta clamorosa e controversa. Monte Zara è uno dei rilievi che ‘proteggono’ a est il territorio di Monastir, accanto ad esso corre la statale 131 ‘Carlo Felice’, l’arteria stradale che attraversa tutta l’Isola. Dalla strada, procedendo verso Cagliari, potrai scorgere due cavità adiacenti, collocate sul versante settentrionale: sono le domus de Janas dette is Ogus de su monti, ovvero ‘gli occhi del monte’. Si tratta di due sepolture affiancate ma indipendenti, con portale d’ingresso ben scolpito, anticamera e cella funeraria.

Il fianco nord ospita altre quattro tombe: una conserva solo la camera principale; la seconda, che aveva in origine un ingresso a pozzetto, mostra all’interno della cella una nicchia e un bancone; anche la terza tomba sembrerebbe avere un ingresso a pozzetto; mentre la quarta ha dimensioni più ampie e forse ospitava due banconi. Un altro gruppo di domus sparse occupa il versante meridionale del monte. Le sepolture sono state datate tra fine del Neolitico e inizio dell’Eneolitico, a cavallo tra IV e III millennio a.C.

Sulla cima del monte osserverai una scalinata di 60 gradini ricavata dalla roccia, che conduce a due altari rupestri, con due pozzi nelle vicinanze. Più a valle, invece, nel pendio occidentale, si estende il villaggio di Bia ‘e Monti. L’insediamento, risalente al IX secolo a.C., comprende una quarantina tra capanne circolari e strutture quadrangolari. L’edificio circolare più grande ha restituito una macina, un forno, cocci con tracce d’olio e, soprattutto, un manufatto dall’aspetto di un torchio, che conteneva tracce di acido tartarico. La sostanza si produce durante la spremitura dell’uva, pertanto testimonierebbe la produzione di vino a Monte Zara in età nuragica. Per altri, invece, si tratterebbe di un modellino di nuraghe usato a scopi cultuali.

Necropoli e villaggi furono abbandonati per diversi secoli, Monte Zara fu nuovamente frequentato a scopo religioso e funerario in epoca punica e poi romana, durante le quali fu eretta una cinta muraria difensiva. Nella vicina collina di is Aruttas esplorerai un’altra necropoli, composta da cinque domus de Janas scavate in un bancone granitico. Dal Neolitico al Medioevo, il salto ti richiederà poche decine di metri: l’adiacente cima del Monte Olladiri ospita i resti del castello di Baratuli. Posizione strategica e arduo accesso lo rendevano di grande importanza tra XII e XIV secolo. Tra i suoi proprietari anche la famiglia pisana della Gherardesca, la stessa che deteneva il castello di Acquafredda a Siliqua.

Launeddas & gli altri, Sardegna in musica

Un tempo non esisteva momento importante di vita o fase del ciclo delle stagioni che non fosse accompagnato e celebrato dalla musica. Un legame profondo, quello con gli aspetti sacri e profani della quotidianità, che - pur mutato, prosegue ancora oggi, in occasioni speciali, quando risuonano gli strumenti musicali, simboli della tradizione di ogni comunità. Le occasioni sono le feste patronali, gli eventi identitari e le grandi sagre, dalla festa di SantEfisio a Cagliari alla Cavalcata Sarda di Sassari, passando per la sagra del Redentore di Nuoro, oltre che durante i riti della Settimana Santa in tanti centri sardi.

Oasi protette tra terra e mare

Con scarpe da trekking o in sella a una bici, e sempre a portata di mano binocolo e smartphone. E poi, ovviamente, tanta curiosità di esplorare la natura. È ciò che serve per tuffarti in un mondo ‘acquatico’ vicinissimo al mare, eppure lontano per caratteristiche e modi di viverlo: sono le aree umide e palustri della Sardegna, ecosistemi popolati da esemplari di flora e fauna spesso rari, dove regna un delicato equilibrio tra uomo e ambiente. Mete ideali per passeggiate rilassanti, specie con i colori caldi dell’alba o del tramonto. Qualche volta mare e stagno sono separati appena da una striscia di sabbia, come a Villasimius, nell’area marina protetta di Capo Carbonara: dietro la candida spiaggia di Porto Giunco troverai lo stagno di Notteri, le cui azzurre acque si colorano del rosa dei suoi più famosi abitanti, i fenicotteri.

Sud

Cala del Morto - Chia

Per molti è la più bella tra le sette ‘sorelle’ che rendono Chia una delle destinazioni costiere più suggestive e amate dell’Isola, forse perché è una piccola caletta delimitata da due costoni rocciosi oppure per le rocce di granito rosa che punteggiano un tappeto di sabbia fine e dorata. Cala del Morto è la più intima e riparata tra le spiagge della frazione costiera di Domus de Maria. La denominazione deriva da una croce tra gli scogli, che nel corso degli anni ha dato origine a diverse storie e leggende. Per raggiungere la spiaggia, percorrerai un breve tratto a piedi che parte dal parcheggio dell’adiacente Porto Campana, un sentiero profumato tra mirti, ginepri e lentischi, di pochi minuti, prima di immergerti nella bellezza sconfinata.

La cala è l’ideale per chi desidera un contatto intimo con la natura: non ci sono servizi, solo sabbia, scogliere che riparano dai venti, rocce tinte di rosa e un mare trasparente, dai colori cangianti tra azzurro e verde smeraldo. Il fondale è basso e sabbioso, popolato da una variegata fauna marina, che attira numerosi appassionati di snorkeling. Potrai raggiungerla anche via mare, in canoa o in sup partendo da una delle spiagge adiacenti. Ai lati della baia, infatti, si estendono due arenili più ampi e dotati di numerosi servizi: a oriente, collegata a Cala del Morto da un altro sentiero, troverai la spiaggia di Monte Cogoni. Nonostante prenda il nome dal verde rilievo alle sue spalle, in realtà è il prolungamento della spiaggia di sa Colonia. Quest’ultima si caratterizza per la sabbia candida e per la presenza – sul lato est – di conci risalenti all’età fenicio-punica e riferiti all’antica città di Bithia, la cui acropoli sorgeva sul promontorio dove si erge la cinquecentesca torre di Chia. Monte Cogoni è più esposta ai venti, perfetta per praticare wind e kite surf. A ovest di Cala del Morto si estende il litorale di Campana Dune, conosciuta anche come Porto Campana. Il nome rivela la presenza di dune sabbiose, sulla cui cima spuntano cespugli di cisto e gigli di mare. Vegetazione, scogli, sabbia dorata e mare turchese daranno l’impressione di trovarti in una spiaggia dei Tropici. Un’altra scogliera interrompe la distesa verso ovest, oltre inizia la spiaggia più famosa di Chia, spesso set di film e spot pubblicitari: su Giudeu. Acqua cristallina, sabbia chiara e fine, l’isolotto omonimo di fronte e uno stagno abitato dai fenicotteri rosa: è una meta imperdibile. Sua prosecuzione è s’Acqua Durci, anch’essa punteggiata da dune e con un fondale molto basso, ideale per i bambini. Dopo un altro promontorio, la settima (e stupenda) sorella, Cala Cipolla.

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S'Acqua Durci - Chia

Forse un po’ meno glamour della sua ‘vicina’, ma ugualmente affascinante, anche perché gli ingredienti ci sono tutti: mare cristallino, sabbia e dune dorate, panorama mozzafiato e tutti i comfort. S’Acqua Durci è il prolungamento verso ovest della spiaggia di su Giudeu, e assieme formano il tratto di litorale più famoso di Chia, ‘perla’ costiera del territorio di Domus de Maria. Spesso l’arenile si trasforma in un set cinematografico o in una location per girare spot pubblicitari dal forte impatto scenografico. Il fondale è basso per diversi metri e sabbioso, perciò la spiaggia è adatta alla frequentazione di famiglie con bambini. È presente anche un punto di ristoro con possibilità di noleggiare ombrelloni, lettini e natanti. Soprattutto, ti affascineranno le tonalità cangianti del mare, dal turchese al verde smeraldo, dal quale spunta qualche scoglio.

Il panorama sul mare è dominato dall’isolotto di su Giudeu, uno scoglio alto 18 metri, raggiungibile a nuoto e, durante la bassa marea, anche ‘camminando sull’acqua’. Dal manto di sabbia fine e soffice della spiaggia si alzano dune, talvolta sormontate da cespugli e arbusti. Assieme a quelle di su Giudeu e alle ‘collinette’ sabbiose che caratterizzano la spiaggia ancora più orientale, detta non a caso Campana Dune, costituiscono la formazione dunale di Spartivento. A proposito di nomi, s’Acqua Durci, ovvero ‘l’acqua dolce’, è un riferimento al sistema formato da due stagni, tra loro collegati, che si estendono alle spalle delle due spiagge. Il più grande, Stangioni de su sali, occupa lo spazio retrostante la spiaggia di su Giudeu, mentre troverai il secondo – noto come ‘stagnetto di Stangioni de su Sali’ -, appena dietro l’arenile di s’Acqua Durci. Il complesso è abitato da varie specie avifaunistiche, che attirano appassionati birdwatcher: potrai ammirare airone rosso, cavaliere d’Italia, falco di palude, fenicottero rosa e gabbiano corso.

S’Acqua Durci è la penultima spiaggia di Chia lungo la direttrice est-ovest: un promontorio ricoperto di vegetazione la separa dalla piccola baia dove si estende Cala Cipolla. È un arco di sabbia dorata incastonato tra scogliere di granito rosa che si prolungano fino in mare, quasi a formare una piscina naturale. Anche qui troverai fondale basso e trasparente, ideale per esplorazioni con maschera e boccaglio. A est, invece, oltre su Giudeu e Campana Dune, ecco le altre spiagge di Chia: Cala del Morto, intima e riparata e anch’essa colorata da graniti rosati; Monte Cogoni, apprezzata meta per gli sport acquatici; sa Colonia, distesa di sabbia candida a ridosso delle testimonianze fenicio-puniche dell’antica città di Bithia, e su Portu, ‘sorvegliata’ dall'alto dalla torre di Chia, risalente al XVI secolo, e dalla quale potrai raggiungere l’isolotto su Cardulinu, dove si trovano le tracce di un tempio punico e di un tophet fenicio.

In Sardegna, come alle Hawaii

Non tradiscono mai gli appuntamenti e arrivano in riva belle gonfie e regolari. In Sardegna, le onde da ‘surfare’ si presentano quasi ovunque. Lo hanno scoperto anche le star del surf, in cerca di posti vicini per allenarsi in vista dei vari challenge internazionali. Ma soprattutto la ‘voce’ si diffonde tra l’esercito degli appassionati non agonisti, in cerca di puro divertimento. La gran parte sa in quale spiaggia arrivano le onde migliori e si spostano da un lato all’altro dell’Isola per aspettarle e cavalcarle, quasi fossero in luoghi esotici, classici templi del surf. Eppure in Sardegna si può surfare senza muta sino in autunno inoltrato!