Su Carroppu
La preistoria del Sulcis, e in generale quella sarda, hanno aggiunto nel 2012 un nuovo capitolo. Le prime tracce umane sono sempre state attribuite al Neolitico antico (VI millenno a.C. circa), in realtà, un ritrovamento nel sito di su Carroppu sulle colline calcaree di Sirri, frazione agropastorale di Carbonia, fa spostare indietro la data di tremila anni. La frequentazione dell’uomo nel riparo sottoroccia sulcitano risale al Mesolitico: vi sono state trovate ossa che l’analisi al radiocarbonio ha datato al 9000 a.C., prova scientifica, dopo infinite supposizioni non accertate, della nuova datazione della preistoria sarda.
Il riparo di su Carroppu fu utilizzato dall’uomo dapprima sporadicamente, poi popolato in maniera assidua nel Neolitico Antico (6000-5300 a.C.). L’insediamento venne usato anche come luogo di sepoltura. Vi si sviluppò una civiltà, esclusiva del Sulcis, che prende appunto il nome di Cultura di su Carroppu. Grazie agli scavi nella piccola e poco profonda (circa dieci metri) cavità sono stati ritrovati numerosi frammenti ceramici, i più antichi della preistoria sarda, di impasto grossolano nero-grigiastro, in prevalenza di grosso spessore con superfici brune a chiazze nerastre. Sono frammenti di pentole, scodelle e ciotole panciute, tutte con pareti convesse munite di piccole anse a maniglia. Presentano decorazioni ottenute con pressioni a crudo oblique o verticali: un’incredibile varietà di motivi ornamentali, a bande orizzontali od oblique, a fasci di linee spezzate, a triangoli tratteggiati internamente e a altre campiture che tendono a disporsi sull’intera superficie dei vasi.
Abbondanti anche i reperti in ossidiana, forse proveniente dal vicino monte Arci - dove sorgono i ruderi della una colonia fenicio-punica meglio conservata in Sardegna - articolati in varie forme e dimensioni, detti ‘micoliti geometrici’, piccoli elementi a forma di triangolo, trapezio, segmento di cerchio con un lato tagliente. Inoltre, sono stati ritrovati i primi segni di attività agricola. I reperti sono conservati in parte nel museo archeologico Villa Sulcis di Carbonia e in parte in quello Archeologico nazionale di Cagliari.
Flumendosa
Ti apparirà alla vista come una pietra luccicante: le sue acque brillanti sembrano incastonate tra le montagne, che creano, insieme a rocce affioranti, spettacolari contrasti di luci e ombre. Il lago del Medio Flumendosa è formato dal fiume omonimo che attraversa la parte centro-meridionale della Sardegna per 127 chilometri. Il corso d’acqua è sbarrato con due dighe. La prima è nella gola di Bau Muggeris, a 800 metri d’altezza, e forma un bacino lungo sei chilometri e largo uno e mezzo. La seconda diga, realizzata nel 1952 per produrre energia e irrigare il Campidano, si trova a 268 metri d’altezza, e forma, appunto, il bellissimo ed esteso lago Flumendosa, lungo 17 chilometri e largo circa 500 metri all’interno dei territori del Sarcidano e della Barbagia di Seulo.
Lo specchio d’acqua di un blu purissimo è meta per suggestive escursioni in battello: vivrai un’esperienza indimenticabile su imbarcazioni in stile Mississippi, con ruote a pala e un ponte superiore dal quale ammirare il paesaggio. Oltre all’escursione romantica (o familiare), potrai sperimentare attività all’aria aperta come canoa, pesca sportiva e wakeboarding. Il punto di imbarco si trova vicino alla fermata del Trenino Verde che, assieme al battello, è l’unico mezzo per esplorare questa zona selvaggia della Sardegna.
Nella ‘terra dei laghi’ - Flumendosa e Mulargia, collegati da una galleria, e Is Barrocus - la natura si rivela con panorami inaspettati e suggestivi da scoprire in percorsi trekking, archeologici ed enogastronomici. Si parte dai laghi, attraverso montagne e colline, foreste e cascate, grotte e gole, fino alle falesie di Isili, note per le pareti da arrampicata: il paesaggio varia e le attività da svolgere si moltiplicano. Incontrerai monumenti naturali come quello, unico nel suo genere, de su Stampu de su Turrunu - un triplice fenomeno carsico, inghiottitoio, grotta, risorgiva carsica con cascata e laghetto - e come le cascate e le grotte di Sadali. Tra le testimonianze archeologiche, imperdibili le statue-menhir di Goni e Nurallao e le architetture nuragiche di Is Paras (Isili) e Nuraghe Arrubiu (Orroli). Ogni località rivela la sua sapienza antica, che si ritrova nei prodotti locali: pani e formaggi, oli e vini, bontà delle carni e deliziosi dolci.
San Sebastiano
Al centro del lago, su un isolotto, si erge la chiesa di san Sebastiano che si specchia nell’acqua generando un suggestivo panorama con giochi di luci e colori. Dall’edificio di culto il bacino prende nome: lo potrai raggiungere a nuoto o in canoa per scoprire quanto c’è di vero in antiche leggende che la riguardano.
Il lago di san Sebastiano, nel territorio di Isili, è formato dalla diga di is Barrocus che sbarra il fiume Mannu. Nelle sue acque, nelle rive e nei dintorni potrai praticare pesca sportiva, canoa, arrampicata ed escursioni. A contorno c’è il percorso del Trenino Verde, che costeggia il lago e prosegue sino a Sorgono. La vecchia linea ferroviaria, invece, che portava verso il Medio Campidano, ora in disuso, è perfetta per trekking e mountain bike.
San Sebastiano è alimentato anche dal rio Corrigas: sulle sue rive si ergono imponenti falesie, formatesi circa 23 milioni di anni fa, quando gran parte della Sardegna era ancora sott’acqua. Appassionati dell’arrampicata sportiva arrivano qui da tutta Europa e scalano pareti a strapiombo che presentano oltre trecento ‘vie’ chiodate con vari gradi di difficoltà. Anche free climber professionisti di livello internazionale scelgono le rocce calcaree della zona di is Barroccus, frequentate tutto l’anno, in particolare quelle di su Pizzu ‘e Nedda, che si innalzano in una stretta gola e formano suggestivi canyon.
Il territorio di Isili è fatto di dolci declivi coltivati e pianeggianti e fertili campagne. Qua potrai percorrere itinerari naturalistici a piedi, a cavallo o in bici e troverai innumerevoli tracce preistoriche: menhir, tombe megalitiche, domus de Janas e ben 48 nuraghi, fra cui spiccano Is Paras, Atzinnara e Nuraxi Longu. Ci sono anche i resti di insediamenti punici e romani, in particolare due arcate di un ponte sul rio Brabaciera risalente al II-III secolo d.C. Da non perdere il centro storico del paese con chiese dall’alto valore artistico e il museo per l’Arte del Rame e del Tessuto, unico in Sardegna. Non mancare in occasione di Bistiris e Prendas, manifestazione dove sfilano 400 costumi tradizionali provenienti da tutta l’Isola.
Pasqua in Sardegna, autentica tradizione di fede
Ascendenza medievale mediata dalla tradizione spagnola e fusa con usanze arcaiche risalenti al paganesimo nuragico: la lunga genesi dei riti de sa chida santa si perde nella notte dei tempi e ha contribuito a renderli, tutt'oggi, sentitissimi, appassionanti e struggenti. Processioni per le strade e riti nelle piccole e preziose chiese dei borghi, nelle cattedrali delle città e nei santuari, tornano, come ogni anno, nel 2025, per essere rivissuti coralmente, secondo le antiche usanze, diverse da luogo a luogo. La Setmana santa di Alghero ha origini catalane, inizia il venerdì che precede la domenica delle Palme, con la processione dell’Addolorata, e si conclude a Pasqua con l’Encontre. Toccante e scenografico è il rito del desclavament, la deposizione del corpo del Cristo accompagnato in processione sul letto di morte. Dall’imbrunire, fiaccole e lampioni coperti da veli rossi illuminano i vicoli della città.
Palazzo Civico di Cagliari
Il Palazzo Civico di Cagliari si erge di fronte al porto come un baluardo di pietra bianca, elegante per forme e colori e in perfetta sintonia con gli altri antichi palazzi di via Roma. In origine la sede della municipalità era a piazza Palazzo, nel quartiere Castello, parte alta e fortificata della città, simbolo difensivo. Per lungimirante iniziativa del sindaco Ottone Bacaredda, la principale Istituzione cittadina fu trasferita nel quartiere popolare della Marina, ai confini con Stampace, di fronte al mare, facendo intravedere ambizioni da ‘salotto borghese’. Nel 1896 il consiglio comunale deliberò che la sede uscisse dalle mura e scendesse verso il porto. I lavori furono realizzati in pietra calcarea e su modelli gotico-catalani, con decori in stile Liberty. Nel 1907 la solenne inaugurazione. Il trasferimento fu espressione di una nuova idea politica, tipica della borghesia commerciale: visibilità, confronto e apertura, un taglio con l’atteggiamento aristocratico orgoglioso e diffidente. Cagliari si propose come città moderna, con un biglietto da visita di grande impatto: il suo nuovo Palazzo Civico che, non risparmiato dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, fu ristrutturato tra 1946 e 1953.
Il palazzo, che potrai visitare come un museo, occupa un isolato tra le vie Roma, in cui si apre l’ingresso principale, Crispi, Angioi e il largo Carlo Felice. Il porticato caratterizza la facciata: sette arcate più quella centrale, da cui accederai al cortile. Sulla sommità dominano due torrette ottagonali, alte 38 metri, agli angoli svettano quattro obelischi, decorati con le teste dei Quattro Mori. Opere bronzee di Andrea Valli ornano i prospetti: sono un’aquila, che regge lo stemma della città, due leoni e le rappresentazioni allegoriche di Agricoltura, Commercio e Industria. Tramite una scalinata a due rampe salirai ai piani superiori. Nella sala del Consiglio ammirerai tre imponenti tele di Filippo Figari. La vicina sala della Giunta ospita il Gonfalone e il retablo dei Consiglieri (XVI secolo). Nella sala dei Matrimoni ammirerai un’altra opera del Figari che raffigura il matrimonio in Sardegna e pregevoli arredi artigianali. Vi sono custoditi anche gioielli, reperti archeologici e il simulacro di sant’Agostino giacente. Nella sala del Sindaco spicca un grande arazzo fiammingo (1620) e in quella Sabauda tre opere del Marghinotti: i ritratti di Vittorio Emanuele II e di Carlo Alberto e il suo arrivo a Cagliari nel 1840.
Orto Botanico - Cagliari
Un vasto spazio verde nel centro storico di Cagliari, che conserva migliaia di specie vegetali, alcune molto rare, provenienti da tutto il mondo, e al suo interno un’area archeologica che custodisce un gran numero di reliquie romane. L’Orto botanico, la cui superficie, simile a un trapezio, è di circa cinque ettari, occupa la parte bassa della valle di Palabanda, in un’area compresa tra Anfiteatro romano, Orto dei cappuccini e villa di Tigellio, dove ci sono resti anche di altre domus romane e di un edificio termale.
Nel 1820 si iniziò a parlare della realizzazione di un orto botanico nella valle appartenuta nel corso dei secoli ai Gesuiti, al Reale patrimonio, a vari privati, fino all’acquisto da parte dell’Università. I lavori iniziarono nel 1864 sotto la guida del fondatore Patrizio Gennari e ricalcarono il progetto originale dell’architetto Gaetano Cima. È evidente nel fondo valle, caratterizzato da una serie di aiuole simmetriche rispetto a un viale, che si sviluppa dall’ingresso sino alla fontana del piazzale centrale e prosegue sino a una vasca occupata da un maestoso ‘cipresso delle paludi’ e alla Fontana Pampanini. Qua osserverai gli esemplari più vetusti del giardino. Sul versante a sinistra del viale, troverai le specie succulente (‘grasse’) nel ‘deserto’, distinto in piante di origine africana e flora neotropicale, e le arecaceae (palme) nel ‘palmeto’, dove si è ricostruito l’habitat di un’oasi. A destra troverai il Bosco mediterraneo, dove ammirerai specie arbustive e arboree della macchia mediterranea, e l’Orto dei semplici, che ospita piante officinali usate nella tradizione popolare e considerate le più efficaci dalla scienza erboristica. Mentre l’Esposizione delle geofite è un settore recentissimo (2009) con una collezione di circa 200 esemplari. Dal fondovalle raggiungerai la parte alta tramite una scalinata. Meritano una visita anche la Grotta Gennari, la Vasca a trifoglio, la Cava romana, la passeggiata sopraelevata, la banca del Germoplasma e il museo botanico. Imperdibili, infine, le Roccaglie delle biodiversità, ossia allestimenti, ospitati dal 2004, che ricreano condizioni nelle quali vivono in natura alcuni tipi di piante che crescono in territori pietrosi. In quest’area sono conservate il 90 per cento delle specie endemiche, rare e ‘minacciate’, delle isole del Mediterraneo occidentale, in particolare sarde. Ogni settore è suddiviso in aiuole caratterizzate da un ‘tema’.
Sant'Efisio, la festa della Sardegna
Crepitio e passi crescenti, zoccoli ritmati e ruote di carri che avanzano all’unisono. Cagliari è attraversata da un corteo di 2800 persone in abiti tradizionali, in arrivo da ogni luogo della Sardegna, al loro seguito oltre duecento cavalieri, i Campidanesi, i Miliziani e la Guardiania. Un incontro di colori, costumi, suoni delle launeddas e de is goccius, i canti devozionali: dal primo al 4 maggio si celebra la Festa di Sant'Efisio. Si rievocano le vicende di inizio IV secolo del santo guerriero e si scioglie il voto perpetuo a lui rivolto durante la pestilenza del 1652. Un’intera Isola si ferma per ripetere un rito lungo quasi quattro secoli.
La Sardegna svela i suoi tesori architettonici
Magnificenza artistica, memoria storica, identità culturale e senso di comunità: Monumenti Aperti è la più grande ‘mobilitazione’ popolare di tutela, valorizzazione e promozione dei beni culturali in Sardegna. Così come l’anno scorso, l’edizione 2025, la 29esima, si articola in due fasi, nell’arco di nove fine settimana: la prima fase dal 3 maggio al 1° giugno, la seconda tra ottobre e novembre. Durante queste giornate si apriranno centinaia di luoghi di cultura: musei e siti archeologici, chiese ed edifici storici, monumenti naturali e parchi. Ogni comunità ‘si racconta’ attraverso itinerari letterari e percorsi nell’architettura urbana, in borghi e città segnate da secoli di evoluzione e trasformazioni. Volontari e studenti saranno pronti a guidarti in un viaggio nella bellezza che attraversa i millenni, sin nel passato più lontano, tra resti di antiche civiltà. Luoghi di ieri e di oggi, dove coesistono memoria e idee per il futuro.
La primavera nei borghi
L’esplosione dei colori primaverili nell’Isola fa rima con una delle sue ‘cartoline’ più caratteristiche: le variopinte case di Bosa. Passeggiando lungo il Temo le ammirerai specchiarsi nelle acque del fiume e inerpicarsi sul colle dominato dal castello dei Malaspina, mentre attraversando il Ponte Vecchio raggiungerai la sponda sud per scoprire le antiche concerie. Sarai accolto da un calice di malvasia e estasiato da gioielli di corallo, cesti di asfodelo e tessuti preziosi. Bosa è un mix di storia e artigianato, archeologia industriale e prelibatezze. Da visitare le sue chiese: il ‘duomo’ dell’Immacolata Concezione, Nostra Signora de sos Regnos Altos dentro il castello e San Pietro extra muros, centro di Bosa vetus. E da non perdere le bellezze naturali sulla costa: il parco di Capo Marrargiu, Bosa Marina, s’Abba Druche, Cane Malu e Compoltitu.
Monastir
Il nome deriverebbe da muristenes, antichi alloggi per fedeli e viandanti, o dalla parola catalana per monastero, non a caso sino a fine XX secolo, vicino alla parrocchiale di san Pietro apostolo, sorgeva un edificio noto come domu de is paras, ‘casa dei frati’. Monastir si adagia nella fertile pianura del Campidano, in mezzo due collinette di origine vulcanica, i monti Zara e Olladiri, che interrompono l’andamento pianeggiante delle campagne, solcate dai rii Mannu e Flumineddu. Centro di quattromila e 500 abitanti, a venti chilometri da Cagliari, ha vocazione agricola: coltivazioni di agrumi, pesche e patate ricoprono il suo territorio.
L’attuale abitato sorse nel Medioevo attorno a una comunità di monaci camaldolesi. Fece parte del giudicato di Calari, per un breve periodo di quello di Arborea, poi divenne possedimento pisano. Emblema dell’epoca sono i resti del castello di Baratuli, in cima all’Olladiri, costruito a metà XII secolo dai giudici di Cagliari, passato agli arborensi e distrutto dai pisani a inizio XIV. Il centro storico si sviluppa attorno alla parrocchiale di san Pietro, patrono del paese, il cui impianto gotico-aragonese risale a inizio XVI secolo. Molto più antica è la chiesa di santa Lucia (seconda metà del XIII secolo), in stile romanico. A fine agosto si celebra la festa in onore della santa: è il momento più sentito dalla comunità monastirese con processioni di andata e rientro tra parrocchiale e chiesetta campestre, accompagnate da fedeli, cavalieri, carri trainati da buoi, gruppi in costume e suonatori di launeddas. La prima celebrazione dell’anno sono i fuochi di sant’Antonio abate (17 gennaio) cui è dedicata una chiesa gotica del XIV secolo. Segue, pochi giorni dopo, su foghidoni per san Sebastiano, cui è intitolato un santuario del XV secolo. In un paese estremamente devoto spiccano altri edifici di culto: la chiesa di san Giacomo, la più antica (XII secolo), abbellita da un campanile a cuspide, e quella della beata Vergine Maria (o ‘della Madonnina’).
Monastir vanta un notevole patrimonio archeologico. Le testimonianze più datate sono nelle colline: a Is Aruttas una necropoli a domus de Janas (3200-2800 a.C.), sull’Olladiri resti di capanne prenuragiche e nuragiche, sullo Zara le domus de Janas dette is Ogus de Monti e la scalinata monumentale di 60 gradini ricavati nella roccia, che portano all’acropoli. In cima alla collina vedrai l’area sacra nuragica, due altari e due pozzi destinati al culto delle acque, alla base della scalinata un edificio circolare del IX secolo a.C., adibito a varie attività, tra cui la vinificazione. In zona anche il nuraghe su Cuccumeu e il villaggio di Mitza Morta.