Gairo Vecchio
Pare che il nome gairo significhi ‘terra che scorre’. Non a caso le sue tormentate vicende, iniziate a fine XIX secolo, proprio a causa dell’instabilità del suolo su cui sorge ebbero un esito drammatico nell’ottobre del 1951. Oggi della Gairo ‘vecchia’ vedrai i ruderi degli edifici rimasti tenacemente aggrappati alla roccia del monte Trunconi, che domina sulla valle del rio Pardu, tra viuzze in terra battuta e in selciato collegate da scalette e viottoli inclinati. Le strade, infatti, delimitavano i terrazzamenti sui quali sorgevano le costruzioni, pertanto sono disposti orizzontalmente, su livelli sfalsati, lungo il pendio.
Le cronache raccontano di cinque giorni di piogge e vento incessanti in Ogliastra che resero il nucleo originario di Gairo, già provato da mezzo secolo di frane e smottamenti, insicuro per persone e animali. Le vie si trasformarono in impetuosi torrenti facendo ‘scivolare’ drammaticamente il terreno verso valle. Per ovvie ragioni di sicurezza il borgo fu progressivamente abbandonato: gli ultimi suoi abitanti lasciarono le case nel corso del decennio successivo. Le famiglie gairesi poterono scegliere dove vivere e si divisero tra: la ‘nuova’ Gairo, ossia l’attuale Gairo Sant’Elena, costruita varie decine di metri più a monte; un villaggio a pochi chilometri di distanza immerso nel verde, cioè la frazione di Gairo Taquisara; e una borgata molto più a valle che prese il nome di Cardedu, poi divenuto Comune autonomo, nato ex novo nella piana a pochi passi dalle splendide spiagge delle marine della stessa Cardedu e di Gairo.
Vivrai un’atmosfera fuori dal tempo mentre osservi costruzioni realizzate in granito e scisto, legati da fango o malta di calce e sabbia. La calce era prodotta in un forno attivo fino a pochi decenni fa, situato dove poi è sorta la frazione Taquisara. Alcune palazzine avevano tre o quattro piani, oggi in alcune facciate resistono ancora i balconcini in ferro battuto. Addentrandoti nel borgo a piedi o in bici e sbirciando dalla strada dentro le case, noterai caminetti, scale, finestre e pareti intonacate dipinte d’azzurro. Il pensiero correrà a momenti di intima vita familiare di un passato ormai remoto. La sensazione di abbandono aumenta nell’osservare la vegetazione farsi strada tra le rovine, riappropriandosi di spazi che un tempo le appartenevano. Di tanto in tanto sbucano orti, alcuni apparentemente ancora curati.
Terminata la visita al borgo, potrai proseguire l’escursione nei dintorni: vicino a Gairo Taquisara, un rigoglioso bosco di lecci custodisce is Tostoinus, un’oasi dove trovano spazio tipici cuiles – strutture in pietra e legno usate dai pastori -, sorgenti perenni e i resti di un villaggio nuragico. Seguendo il ‘sentiero delle aquile’ potrai raggiungere la sommità del ‘tacco’ Perdu Isu, da cui il panorama si allarga a 360 gradi, e visitare il complesso archeologico formato da nuraghe, villaggio e pozzo sacro. In cima a un altro taccu, quello di Osini, si erge l’imponente nuraghe Serbissi, distante dieci chilometri esatti da un altro borgo, Osini vecchio, che condivide con Gairo vecchio lo stesso destino e la stessa struggente atmosfera.
Borghi persi e ritrovati
Dal cuore di Ulassai il 'sentiero Maria Lai' sale verso la montagna sino al canyon sa Tappara, le sue pareti sono una incredibile palestra naturale con più di cento vie di free climbing, alcune facili per chi è alle prime armi, altre amate dai climber esperti. L'uscita del canyon si apre sulla valle del Padru, dai suoi opposti fianchi si guardano due paesi fantasmi, Gairo vecchio e Osini vecchio, travolti dal comune destino dell'abbandono delle case rese fragili da frane e smottamenti, dopo giorni di pioggia incessante. Poi il lento esodo verso lidi più sicuri, ma la nostalgia spingerà gli abitanti a ritornare tra le vecchie case per prendersi cura degli orti e giardini, da allora è trascorso più di mezzo secolo e ancora rifioriscono gli iris e le calle, le rose rampicanti coprono i muretti a secco, gli alberi continuano a dare frutti a memoria della vita che fu e che forse tornerà. Nella 'vecchia' Osini alcune case sono state rimesse in piedi e la campana della chiesa ristrutturata risuona ogni tanto nella valle.
San Gemiliano - Tortolì
Il Lido di Orrì è una lunghissima striscia di sabbia suddivisa in tanti tratti, ognuno col suo nome. Il confine settentrionale del ‘lido’, che occupa gran parte del celebre litorale di Tortolì, è rappresentato da una baia dominata dalla torre un tempo nota come Taratasciàr, in arabo ‘tredicesima torre’. All’interno di questa riparatissima baia splende la spiaggia di san Gemiliano, uno dei sette ‘gioielli’ tortoliesi sui quali sventola la Bandiera Blu assegnata dalla Fee (Foundation for Environmental Education). È caratterizzata da sabbia dorata a grani medi e da mare cristallino dal colore azzurro, con sfumature verdi smeraldo e turchesi. Il fondale è basso e sabbioso, adatto al gioco dei bambini. La spiaggia è dotata di accesso per i diversamente abili, di parcheggio, punti ristoro, noleggio attrezzatura balneare e natanti.
Dalla spiaggia potrai percorrere un sentiero immerso nel verde mediterraneo che si inerpica sullo sperone roccioso a picco sul mare, sulla cima del quale – a 42 metri di altezza - si erge la torre di san Gemiliano, un tempo ‘la tredicesima’, oggi intitolata al titolare della vicina chiesetta campestre. La struttura difensiva fu eretta forse a inizio XVII secolo, con funzioni di guardia e, all’occorrenza, di difesa ‘leggera’, essendo stata dotata di un piccolo arsenale. Ha forma troncoconica ed è alta 12 metri, con un diametro di sette. La ‘casamatta’, ovvero la camera interna, è voltata a cupola con un apertura, dove veniva poggiata una scala di legno che conduceva alla terrazza superiore. Da questa, chiamata anche ‘piazza d'armi’, la visuale si estende per 25 chilometri: la struttura era in contatto visivo con le torri di Barì a sud e di Bellavista a nord-est, demolita nella seconda metà del XIX secolo per far posto al faro di Capo Bellavista.
Il lungo litorale a sud del promontorio di san Gemiliano assume vari nomi in corrispondenza degli accessi dall’entroterra al mare: il tratto successivo è noto come sos Flores, al quale segue la spiaggia di Basaùra, dotata anche di uno spazio attrezzato per i cani. Proseguendo oltre la dog beach, inizia il vero e proprio lido di Orrì, con incantevoli spiagge contornate da scogliere granitiche. Spiccano le perle Foxilioni e Cala Ginepro, impreziosita da un boschetto di ginepri e dalle tinte rosa del granito che contornano il mare azzurro. Ancora più a sud ecco Cea, il cui indimenticabile panorama è contraddistinto dalla sabbia bianca e dai faraglioni rossi, is Scoglius Arrubius, che spuntano dal mare smeraldino.
Bingionniga
Una paziente opera della natura lunga milioni di anni. Gli autori sono vento e acqua che hanno scavato la roccia, modellando maestose torri calcaree, i Tacchi d’Ogliastra, tra i quali si è sviluppata una fitta e rigogliosa vegetazione, solcata da torrenti. È il suggestivo paesaggio che contraddistingue la foresta demaniale di Bingionniga, estesa per oltre 400 ettari, quasi interamente nel territorio di Jerzu, mentre una piccola parte ricade in quello di Tertenia, a un’altitudine che varia tra 250 e 750 metri. È costituita prevalentemente da boschi di lecci, con un rigoglioso sottobosco, specie di fillirea. Nelle aree dove i lecci si diradano, si è sviluppata una folta macchia mediterranea, dove verdeggiano corbezzoli, lentischi, cisto ed erica. Le aree rupestri sono di particolare fascino per varie specie endemiche come la coronilla e il terebinto. I corsi d’acqua tendono a una portata stagionale: i principali sono i rii Moliapas, Alusti e su Crabiolu.
Potrai esplorare la foresta attraverso numerosi sentieri, percorribili a piedi o in bici, raggiungendo anche la cima dei ‘tacchi’: in uno di questi si trova la vedetta antincendio di Mamutara, con una spettacolare vista a 360°. Resterai ammaliato dal panorama circostante e dai colori delle falesie che si ‘immergono’ nel verde dei boschi. Dal pianoro sovrastante il Monte Arbu, taccu di Tertenia, osserverai aspre guglie calcaree, alberi secolari e altri ‘tacchi’ e verso est vedrai gran parte della costa ogliastrina, dalla marina di Tertenia sino a Santa Maria Navarrese. Non è un caso che l’Arbu sia soprannominato ‘la montagna incantata’.
I percorsi naturalistici disseminati tra i Tacchi si diramano anche nel cuore dell’Ogliastra, dal Monte Ferru verso nord, passando per la vallata del rio Pardu, il monte Corongiu, il punto panoramico più spettacolare di Jerzu, con tracce di una necropoli punica sulla cima, e attraverso il territorio di Ulassai. Qui la natura ha creato tante imperdibili attrazioni, a iniziare dalla grotta su Marmuri, una delle cavità più imponenti d’Europa, nonché uno dei più maestosi monumenti naturali sardi. Altri luoghi da visitare assolutamente sono le cascate di Lequarci e Lecorci, un emozionante ‘paesaggio d'acqua’ dove le acque di Lecorci sgorgano ai piedi di un taccu, poco sotto su Marmuri, e vanno a unirsi tre chilometri più a valle alle acque di Lequarci, il cui salto misura quasi cento metri.
Foxilioni
A sud di un piccolo e tondeggiante promontorio ricoperto di verde, il lunghissimo e rinomato Lido di Orrì prosegue con spiagge che assumono nomi diversi, intervallate da rocce, ognuna con aspetti caratteristici e affascinanti. In particolare, una ricorda un paesaggio caraibico: è Foxilioni, che ti sorprenderà per il mare azzurro e cristallino, per la sua sabbia bianchissima che forma dune alle spalle della battigia, per gli scogli granitici piatti e levigati e per il contorno di rigogliosa vegetazione mediterranea e ginepri secolari. La spiaggia fa parte del litorale di Tortolì e da vari anni consecutivi espone la Bandiera Blu, assegnata dalla Fee (Foundation for Environmental Education) alle spiagge che si contraddistinguono per limpidezza dei mari, tutela e sostenibilità ambientale e qualità dei servizi. In proposito, a Foxilioni troverai ampi parcheggi, punti ristoro, noleggio attrezzature balneare e natanti, aree giochi per bambini e scuole di canoa e windsurf. L’arenile è accessibile ai diversamente abili. Il fondale basso e sabbioso in prossimità della riva rende Foxilioni una destinazione adatta a famiglie con bambini, mentre la trasparenza del mare attira gli appassionati di snorkeling e immersioni.
Una serie di basse conformazioni rocciose e alcuni scogli piatti affioranti fungono da 'confine' tra i due tratti noti come Prima e Seconda spiaggia. Dietro gli scogli che delimitano il bordo meridionale della seconda spiaggia si apre un passaggio, che ti condurrà a scoprire un tratto di litorale più intimo, ma non meno spettacolare: si tratta della spiaggia nota come Le Piscinette. Osservandola capirai immediatamente il motivo del nome: a pochi metri dalla riva, vari gruppi di scogli racchiudono tante piccole 'porzioni' di mare, creando mini specchi d'acqua. Proseguendo più a sud, un altro gioiello tortoliese giace incastonato in una baia, impreziosito da una pineta di ginepri a ridosso della sabbia: il suo nome, infatti, è Cala Ginepro, nota anche come ‘Golfetto’ per la conformazione dell’insenatura che ‘abbraccia’ la spiaggia ai lati con basse scogliere rosate. La trasparenza del mare e gli scogli dalla forma arrotondata ti daranno anche qui l’impressione di trovarti in una piscina a cielo aperto.
Il rosso caratterizza il tratto più meridionale del litorale di Tortolì, sfumando nel contiguo territorio di Barisardo, ed è dato dai faraglioni simbolo della spiaggia di Cea, che spuntano in mezzo al mare a 300 metri dalla riva. Li ammirerai da una distesa di sabbia bianca e sottile, protetta alle spalle da gruppi di ginepri.
Tortolì non è solo mare: a meno di quattro chilometri dalla spiaggia di Foxilloni potrai fare un ‘tuffo’ nella preistoria ogliastrina visitando il parco archeologico de s'Ortali e su Monti: vi coesistono tracce prenuragiche e testimonianze risalenti all’età del Bronzo, con domus de Janas, circolo megalitico, nuraghe, ampio villaggio e tomba di Giganti.
Spiaggia di Ponente - Tortolì
Si affaccia sul golfo di Arbatax, a poca distanza dalle Rocce Rosse, di fronte a un mare straordinariamente limpido, dai riflessi cangianti, circondata da affascinanti scenari paesaggistici. La spiaggia di Ponente, nel litorale di Tortolì, si estende dal porto di Arbatax per circa un chilometro e mezzo, fino al canale di collegamento tra lo stagno di Tortolì e il mare. Una pineta fiancheggia la spiaggia per tutta la sua estensione e la separa la dal retrostante, parallelo, canale Baccàsara.
L’arenile è diviso in due parti da uno sbocco a mare del canale: la parte adiacente al porto è minore, a forma di mezzaluna, con sabbia chiarissima, nota anche come ‘riva di ponente’; nella parte più ampia la sabbia assume un caratteristico color ocra ed è mista a ciottoli e conchiglie, il tratto è conosciuto come La Capannina. Il mare ha tonalità cangianti, dal verde al turchese, con fondali sabbiosi. Da vari anni consecutivi vi sventola la Bandiera Blu, prestigioso riconoscimento conferito dalla Fee (Foundation for Environmental Education) alle spiagge che si distinguono per limpidezza delle acque, tutela e sostenibilità ambientali e qualità dei servizi offerti.
Dal porto turistico, a destra della spiaggia, potrai partire in escursione per esplorare le meraviglie del golfo di Orosei, da Cala Goloritzè sino a Cala Luna, mentre a sinistra individuerai l’isolotto d’Ogliastra, in realtà un piccolo arcipelago formato da scogli di granito e porfido rosso.
Per gli appassionati di birdwatching, lo stagno di Tortolì è una meta imperdibile. La sua superficie di 290 ettari ospita stabilmente anatre, cormorani, falchi di palude, gabbiani e garzette. In inverno non è raro ammirare anche il falco pellegrino. Mentre s’Isuledda, una isoletta artificiale contenuta al suo interno, è habitat di una colonia di aironi cinerini. Grazie ai numerosi affluenti, lo stagno, rigoglioso di canneti, è considerato uno dei bacini più pescosi della Sardegna.
Il lato opposto del porto è caratterizzato da uno dei monumenti naturali ogliastrini più affascinanti, le Rocce Rosse, falesie di porfido affioranti dal mare verde smeraldo, accanto a scogli bianchi di granito. Oltre il canale settentrionale che collega mare e stagno si entra in territorio di Lotzorai. La spiaggia prende il nome di s’Isula Manna, con caratteristiche simili alla spiaggia di Ponente: canale e pineta retrostanti, mare cangiante, sabbia tendente al bianco con sfumature dorate.
A scuola di vela
Nelle scuole di vela poche le lezioni a terra, la navigazione s’insegna a bordo. S’impara presto sul campo a governare tavole e vele, da quelle più facili da manovrare alle più impegnative, dagli agili ‘monoposto’ laser, wind e kite surf, alle barche con deriva mobile dove prodiere e timoniere lavorano all’unisono tra spericolate boline e acrobatiche andature al trapezio, sino alle romantiche barche da crociera. Appena preso il mare apprenderai spontaneamente a stare in ascolto dell’atmosfera intorno, come per magia si crea un legame intimo e fisico con mare e vento, un rapporto difficile da spezzare.
Non ti resta che scegliere dove imparare ad ‘andar a vela’, le scuole sono molto diffuse lungo le coste dell’Isola, dal golfo di Cagliari a quello dell'Asinara, dal golfo di Orosei a quello di Oristano, dall'arcipelago della Maddalena alle isole del Sulcis, dalla costa gallurese alla Riviera del Corallo. Le trovi a ridosso delle spiagge più frequentate e nei circoli nautici con base nei porti e negli approdi turistici. Se sei pronto per un’esperienza full immersion, hai a disposizione i centri velici più prestigiosi. Cerca la tua scuola ideale, vale la pena cimentarsi nella navigazione più antica, quella più poetica, quella più in armonia col mare di Sardegna: sarà la più grande emozione della tua vacanza!
Il mondo nascosto delle grotte
Custodiscono capolavori della natura, celano segreti, conservano memoria di leggendari abitanti, tuttora ne ospitano qualcuno nei loro meandri, a volte parlano. Come sa Oche, ‘la voce’, il cui ululato risuona nella valle di Lanaitto a Oliena, generato da correnti d’aria mosse nella grotta ‘gemella’ su Bentu. A breve distanza risuonano le parole di Grazia Deledda, del suo romanzo ‘L’edera’ e dei racconti ottocenteschi, a metà tra realtà e leggenda, ambientati nella grotta Corbeddu. Era la dimora di un ‘bandito gentiluomo’, da cui prese nome e che la trasformò in un tribunale tutto suo. Da qui provengono alcuni dei più antichi resti umani mai rinvenuti in un’isola mediterranea. Anche Ispinigoli di Dorgali e la sua ‘colonna’ alta ben 38 metri sono circondate da storie originali. Chissà se la voragine che sprofonda per 60 metri alla base della grotta sia stata davvero teatro di sacrifici umani, tanto da meritarsi il nome di ‘abisso delle vergini’. Da queste parti il passaggio dai monti al mare è breve e si tingono di leggenda pure gli avvistamenti della foca monaca: se ancora frequenti o meno il golfo di Orosei è un mistero, sicuramente aveva casa a Cala Gonone, nelle grotte del Bue Marino, a lei intitolate. La ‘stanza delle spiagge’ era il rifugio sicuro per dare alla luce e svezzare i cuccioli. Anche le genti del Neolitico si riunivano qui, nelle stesse ‘sale’ a pelo d’acqua dove da decenni, ogni estate, vanno in scena i concerti di Cala Gonone Jazz.
Bau Muggeris
All’altezza del primo sbarramento sul Flumendosa, il fiume con maggiore portata della Sardegna, c’è un grande lago dai riflessi azzurri, contornato da eredità archeologiche, villaggi ‘fantasma’ e da paesaggi mozzafiato. Bau Muggeris era in origine il nome di una gola, dove, secondo tradizione, le muggeris, ovvero le donne del paese di Villagrande Strisaili – nel cui territorio ricade l’invaso - si recavano a lavare i panni domestici. Oggi è il nome di una diga, costruita, e del bacino artificiale nato in seguito alla sua realizzazione, avvenuta tra 1928 e 1949. I primi progetti di costruzione risalgono al 1915, mentre poco dopo l’inizio dei lavori vi fu un improvviso stop, dovuto al dirottamento dei fondi verso l’estrazione del carbone del Sulcis. Verso valle furono costruite tre centrali elettriche, esattamente in corrispondenza dei ‘salti’ del fiume, che potevano produrre, a pieno regime, fino a 130 milioni di chilowatt/ora, pari a circa un terzo dell’energia elettrica prodotta nell’intera Penisola a metà del XX secolo. Accanto alla centrale del primo ‘salto’ sorse anche il villaggio Enel: oltre agli alloggi per gli operai era dotato di scuola, spaccio, magazzini e di una colonia per l’infanzia. Fu abbandonato agli inizi degli anni Duemila, in seguito alla progressiva automazione della centrale, oggi è un villaggio fantasma, dove la vegetazione ha ripreso il sopravvento e di tanto in tanto si avventurano greggi al pascolo.
Oltre ad alimentare le centrali, il bacino di Bau Muggeris – con i suoi 63 milioni di metri cubi d’acqua – garantisce una riserva d’acqua fondamentale per usi agricoli e potabili e impedisce lo straripamento dei fiumi a carattere torrentizio della zona, i quali confluiscono nell’invaso. Il lago è ricco di fauna ittica: carpe, lucci, anguille e soprattutto trote. Se ne possono individuare tre specie, due delle quali introdotte artificialmente e una endemica, la macrostigma sarda, oggetto di recenti interventi di salvaguardia per scongiurarne l’estinzione. Potrai percorrere sentieri adatti al trekking e alla mountain bike attorno alle rive del lago, costeggiando le insenature e godendo di splendidi scorci sul Gennargentu e sui Tacchi d’Ogliastra.
A breve distanza dal villaggio Enel potrai ammirare anche i resti del nuraghe su Chiai e la tomba di Giganti di sa Conca ‘e Pira Onne. Tra i corsi d’acqua che confluiscono nel lago c’è anche il rio Bau Mela, ‘autore’, pochi chilometri più a nord, di un vero e proprio spettacolo della natura: le piscine naturali di Bau Mela.
Scarpe piene di passi
Il clima è mite quasi tutto l’anno, le temperature gradevoli spesso anche d’inverno. Un’intensa luce inonda sentieri calati lungo le coste e che si snodano nei paesaggi più selvaggi dell’interno, molti poco battuti e pervasi da un’impalpabile atmosfera primordiale che domina sulla bellezza dei paesaggi. Sono cammini e percorsi di hiking che portano a scoprire la Sardegna più esclusiva e riservata, da percorrere connessi con lo spirito dei luoghi, che tocca l’anima.