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Irgoli

Si adagia nella valle del Cedrino, in un paesaggio che da ‘morbidi’ rilievi, irrorati da ruscelli e coperti di verde, sale sino agli 860 metri delle creste granitiche del monte Senes. Irgoli è un centro di duemila e 300 abitanti, noto per salumi e formaggi di ottima qualità e artigianato con pregevoli manufatti di legno, ferro, ceramica. Le vie del paese sono adornate da murales, che raccontano vita agropastorale e passione musicale: ospitano, ad agosto, (dal 1986) il festival dell’organetto, rassegna etnica internazionale, e tutto l’anno una collezione di 120 strumenti a mantice. Nella parrocchiale di san Nicola è custodita dal 1500, in una teca, una spina che apparterebbe alla corona di Gesù. Intorno alla preziosa reliquia ruotano i riti della Settimana Santa. Alcune chiese campestri sono ‘sovrapposte’ a monumenti nuragici: come Sant’Antioco, su un nuraghe, e Santu Miali (XIII secolo), su una tomba di Giganti, di cui è stata riusata come altare una lastra.

È di Irgoli parte del Monte Albo, ‘dolomite sarda’ con gole candide, pareti verticali, burroni e grotte, usate come rifugi preistorici. Itinerari escursionistici si inerpicano in vetta, in mezzo a boschi che diradano sino alla bianchissima punta sos Aspros. Il monte è oasi faunistica, popolato anche da mufloni e sorvolato da aquile reali. Lungo i sentieri osserverai sos pinnettos, antiche capanne circolari dei pastori in pietra e legno. Da non perdere la foresta di lecci secolari di Talachè. Vicino, sulle pendici del Senes, c’è il complesso di Janna ‘e Pruna, di età tra Bronzo finale e inizio del Ferro (XII-IX secolo a.C.). Vedrai un tempio articolato in atrio sub-rettangolare e cella circolare, forse in origine coperta a falsa cupola. Attorno un temenos (recinto sacro), a sua volta racchiuso da recinzione muraria. A circa 200 metri dal complesso sacro, a 500 metri d’altezza, spicca una coeva fonte sacra, s’Untana ‘e su Zigante, gioiello architettonico costruito con basalti squadrati e dedicato al culto delle acque. Nel verde del Senes sono incastonati anche nuraghe e fonte su Notante, risalenti a Bronzo recente e finale (XII-X a.C.). Si conservano parte della facciata (un rivestimento addossato alle rocce) e il pozzetto di captazione della sorgente, con ingresso, copertura e vasca. È conservato anche un tratto di un poderoso muro di terrazzamento. Nella vicina Ortola ci sono i resti del nuraghe Tutturu, rocce modellate in forme naturali, umane e animali, come sa Conca ‘e Caddu (testa del cavallo), e tracce del Neolitico recente: la domu de Janas di Conca ‘e mortu, masso granitico con due vani comunicanti, simile a un teschio. Le offerte votive di Janna ‘e Pruna e su Notante, utensili, vasi, lingotti, forme di fusione, fusaiole, pesi da telaio, collane, spilloni e bracciali, una pintadera e un modellino di nuraghe in basalto, provenienti dagli altri siti di Irgoli, sono conservati nell’Antiquarium, nell’ex municipio.

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Galtellì

Lambito dal fiume Cedrino, Galtellì si adagia su uno spettacolare altopiano ai piedi del Tuttavista, sulla cui cima svetta la maestosa statua bronzea del Cristo, meta di pellegrinaggi lungo un cammino che scala le pendici del monte. La scultura è una riproduzione del ‘miracoloso’ Cristo ligneo custodito nella chiesa del santissimo Crocifisso, costruita in stile gotico nel 1500: sostituì la trecentesca chiesetta di santa Maria delle Torri, troppo piccola per accogliere i fedeli richiamati dal Cristo. Oggi è meta di pellegrini di tutta Europa. La storia del paese, sede vescovile sino al 1495, è percorsa da un sentimento religioso vivissimo. Camminerai lungo vie lastricate e case in pietra di una comunità (di 2500 abitanti) straordinariamente devota: cinque chiese nell’arco di un chilometro quadrato. A fianco al Santissimo Crocifisso si trova la chiesa medioevale di santa Croce, a meno di cento metri le chiese della beata Vergine Assunta e di san Francesco, entrambe del XVII secolo.

Dentro le mura del cimitero sorge il complesso dell’ex cattedrale di san Pietro, che custodisce un ciclo di affreschi del XIII secolo con vicende di Vecchio e Nuovo Testamento. Sono tre gli edifici diocesani: un alto campanile, l’imponente cattedrale di fine XI secolo rimasta incompiuta e la chiesa romanica di san Pietro, ampliata dopo l’abbandono dell’altro cantiere. Il borgo si anima durante la Settimana Santa, con canti struggenti e liturgie secolari. Appuntamenti immancabili sono la festa del santissimo Crocifisso, a inizio maggio, dove la devozione si unisce a folk e spettacoli, e i fuochi di sant’Antonio abate, il 17 gennaio.

Galtellì è Comune bandiera arancione, insignito dal Touring club italiano. Vie del centro, tradizioni e sensazioni ispirarono Grazia Deledda, che ambientò a Galte ‘Canne al Vento’. Il legame con la scrittrice premio Nobel è consacrato dal parco letterario deleddiano, un itinerario nei luoghi da lei citati: oltre che guida spirituale, fu centro di potere, simboleggiato dal castello di Pontes, fortezza difensiva di fine XI secolo, conquistata dagli aragonesi. La settecentesca Casa Marras, residenza nobiliare divenuta museo etnografico con esposizione di 1800 oggetti, è memoria secolare della comunità. All’interno del paese, visiterai il parco Malicas, oasi verde che avvolge un castello di inizio XX secolo e alcune domus de Janas, testimoni della frequentazione del territorio dal Neolitico. Al II millennio a.C. risalgono vari nuraghi, tra cui su Gardu. Dalla cultura alla natura: il Tuttavista, meta di trekking, separa il paese dal mare e presenta pareti attrezzate per l’arrampicata. Dalla vetta ammirerai lo scenario del golfo di Orosei e, nella scalata, la Preta Istampata, roccia con un enorme foro, ‘finestra’ sulla vallata ricoperta da boschi.

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Jerzu

Antico borgo dell’Ogliastra sud-occidentale, sorge a 450 metri d’altitudine nella vallata del rio Pardu, incorniciato da altopiani calcarei dalle forme singolari, i Tacchi di Porcu ‘e Ludu e di Troiscu. Jerzu, popolato da circa tremila abitanti, si arrampica su vari livelli con ripide strade che conducono a scorci suggestivi. Il suo territorio ha rilievi con pareti scoscese ideali per il free climbing e sentieri di trekking (o mountain bike) nella natura incontaminata con boschi di lecci e aceri, mirti e ginestre, fichi, castagni e mandorli. Varie sorgenti irrigano rigogliosi orti: il paesaggio è dominato da aspre colline con oliveti, coltivazioni cerealicole e, soprattutto vigneti, che si distendono a perdita d’occhio, specie nelle valli del Pardu e del rio Quirra e nella piana di Pelau. Annualmente vengono prodotti centomila quintali d’uva, da cui deriva il cannonau rosso che fa di Jerzu la ‘città del vino’. La cantina sociale nata a metà XX secolo è tappa d’obbligo della tua visita. Il nome Jerzzu compare per la prima volta in un atto notarile del 1130, nel quale si parla di donazione di vigne. Nel XVI secolo c’erano le ‘vie del vino’, che già da allora era esportato anche oltralpe. Al cannonau sono legati due imperdibili appuntamenti di inizio agosto. Durante la sagra del vino sfilano antichi carri usati per le vendemmie e costumi tradizionali di Jerzu e di gruppi folk isolani e si degustano vino e piatti tipici, culurgiones e coccoi prenas. Compresa nella sagra c’è Calici sotto le Stelle: dal tramonto, in giro per le cantine ‘storiche’, assaggerai i vini più pregiati, con accompagnamento musicale di tenores e launeddas. Altre prelibatezze sono su pani conciu (pane cotto nel vino), e is tacculas (tordi aromatizzati col mirto).

Per la valorizzazione (e salvaguardia) del patrimonio ambientale in paese è nato il museo naturalistico. Alla natura si aggiunge l’archeologia. I primi insediamenti sono neolitici: le domus de Janas di Perda Puntuta e di sa Ibba s’Ilixi. A età successiva risalgono circa trenta insediamenti nuragici, tra cui il nuraghe s’Omu ‘e s’Orcu. Sulla cima di monte Corongiu, vetta (mille metri) e punto panoramico più spettacolare di Jerzu, ci sono tracce di una necropoli punica. Quanto all’arte, nell’ex stazione ferroviaria jerzese è ospitato il museo Stazione dell’arte di Ulassai, dove sono esposte le opere dell’artista internazionale Maria Lai. Jerzu è anche città del teatro: grazie al festival Ogliastra Teatro. La festa di Sant’Antonio da Padova è la più sentita: il 13 giugno, dalla parte alta del paese il simulacro del santo viene portato in processione alla chiesetta campestre a lui intitolata, in un suggestivo scenario circondato dai Tacchi.

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Dolmen di Motorra

Circa cinquemila anni fa era completamente ricoperto di terra, per proteggere il riposo dei defunti al suo interno, oggi invece rivela il suo fascino e la particolarità di essere uno dei rarissimi dolmen a corridoio della Sardegna. La tomba di Motorra si trova su un altopiano del territorio di Dorgali, a circa 200 metri d’altitudine e a poco più di due chilometri dal centro abitato. Ha pianta esagonale, è costruita interamente in pietra basaltica, con pareti formate da otto lastre rettangolari, ed è coperta mediante un unico lastrone di forma irregolare.

Accederai all’interno tramite un ingresso che conserva ancora il chiusino, seppure frammentato, poi proseguirai lungo il corridoio. L’ambiente è formato da quattro ortostati e in origine era coperto da tre lastre, ora non più in situ. Il dolmen è circondato da un peristalite, ovvero un circolo di pietre, di forma ellittica. Rimangono in piedi undici lastre, la cui funzione era quella di sorreggere il tumulo di terra e pietrame che ricopriva la sepoltura. A nord-ovest dal dolmen noterai altri tre lastroni infissi a coltello sul terreno, la cui funzione è ancora un mistero. Per alcuni si tratta dei resti di un muro di rinforzo nel lato più esposto alle intemperie, mentre un’altra teoria suggerisce che in realtà i peristaliti fossero due, con un circolo più esterno che racchiudeva il primo, a sua volta contenente il dolmen. I materiali più antichi rinvenuti a Motorra risalgono alla cultura di Ozieri, cioè al Neolitico Finale, tra 3200 e 2800 a.C., mentre l’ultimo periodo d’uso sembrerebbe collocarsi tra 1800 e 1600 a.C.

Le pendici sud-occidentali della cresta calcarea del monte s’Ospile, dove sorge la tomba, sono disseminate di testimonianze preistoriche: a poca distanza si trovano i dolmen Mariughia e Pistiddori e l’insediamento di Neulè. Al Bronzo antico (XVI secolo a.C.) risale il villaggio-santuario di Serra Orrios, con un centinaio di capanne, due sepolture megalitiche e due aree sacre, ciascuna con un tempio a megaron. Coeva, e poco distante, è la tomba di Giganti di s’Ena e Thomes, tra le più grandi e meglio conservate. Il sito archeologico più affascinante dal punto di vista paesaggistico è il nuraghe Mannu, un monotorre in vulcanite e basalto a picco sul mare del golfo di Orosei. Potrai raggiungerlo da una deviazione lungo la strada per il borgo marino di Cala Gonone o attraverso un sentiero dalla spiaggia di Cala Fuili. Se poi vorrai aggiungere un ulteriore gioiello della natura al tuo itinerario, unapanoramico trekking di un’ora e mezza ti condurrà a Cala Luna, un’insenatura di sabbia dorata incastonata tra le falesie e bagnata dal mare azzurro.

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Tomba di Giganti di Troculu

Il patrimonio archeologico di Villagrande Strisaili è una continua e sorprendente scoperta che merita un’attenzione speciale. Una delle sue gemme dista otto chilometri dalla quasi omonima frazione di Villanova Strisaili, al confine tra l’Ogliastra e la Barbagia di Belvì. È la tomba di Giganti di Troculu, che compare tra arbusti di macchia mediterranea, destinata al culto dei defunti all’interno di un grande complesso nuragico, oggi parco archeologico, composto, oltre che dalla sepoltura, dai resti di due nuraghi e di quello che fu, nell’età del Bronzo, il villaggio di riferimento dell’insediamento. Il sito dove oggi sorge la tomba non è in realtà la sua posizione originaria, a causa del lavori di realizzazione della strada a scorrimento veloce Nuoro-Lanusei, la sepoltura a fine XX secolo fu smontata e rimontata poco distante. Osserverai il corpo funerario ancora intatto, realizzato usando blocchi di granito disposti a filari irregolari e sagomati obliquamente nella faccia a vista. Noterai il caratteristico uso di zeppe di rincalzo tra i filari.

La tomba di Troculu si colloca idealmente all’interno di un affascinante itinerario nuragico, che comprende poco più a nord il santuario di s’Arcu e is Forros, con un maestoso tempio a megaron, probabilmente dedicato al culto delle acque e racchiuso da un recinto sacro. Vicino osserverai tracce di forni per la lavorazione dei metalli, di capanne e un nuraghe trilobato. Verso est, invece, sorge l’area di sa Carcaredda: il complesso comprende un tempio in antis - costituito da vestibolo, sala circolare e un vano addossato al vestibolo -, un villaggio e quattro tombe di Giganti, di cui due ben conservate.

I tre complessi di Troculu, s’Arcu ‘e is Forros e sa Carcaredda, sono immersi in paesaggi magici, dove la natura ha dato prova della sua vena artistica. Ecco le piscine naturali di Bau Mela, scavate nel granito, e il bosco di santa Barbara con alberi secolari, piante officinali e aromatiche, macchia mediterranea, sorgenti e corsi d’acqua. Attraversando il parco e costeggiando il lago dell’alto Flumendosa raggiungerai un altro incanto: la gola di Pirincanes e le cascate di Rio ‘e Forru. Qui il torrente ha eroso il granito rosa, creando un canyon e dando origine alle cascate, che a loro volta generano piscine d’acqua cristallina, dette ‘marmitte dei giganti’.

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Sa Carcaredda

Un’atmosfera arcana e mistica, quasi surreale, circonda sa Carcaredda, un complesso archeologico nascosto in mezzo a un bosco di lecci, al confine tra Ogliastra e Barbagia, nel territorio di Villagrande Strisaili, non lontano dalle sponde del lago del’alto Flumendosa. Il sito, frequentato sin da tempo immemore, conserva i ruderi dei monumenti e le tracce della vita quotidiana dei popoli nuragici che qui vissero nelle età del Bronzo e del Ferro. Le loro testimonianze sono un tempio in antis, un ampio villaggio e quattro tombe di Giganti, e hanno una particolarità, risultando apparentemente prive di nuraghe o nuraghi di riferimento. Le dimensioni dell’edificio di culto e delle sepolture, assieme al gran numero di reperti votivi rinvenuti nell’area – probabilmente adibita a deposito – testimoniano l’importanza dell’insediamento, sia dal punto di vista religioso che commerciale, e in generale la complessità del mondo nuragico ogliastrino.

Il tempio, realizzato in blocchi irregolari di granito e porfido, si articola in un ambiente circolare preceduto da un vestibolo quadrangolare. All’interno noterai alcuni elementi originali: un bancone-sedile come seduta di fedeli e celebranti e lastre di granito come pavimentazione. Il ‘cuore’ dell’edificio è la camera circolare, coperto in origine a tholos (falsa volta). Qui, un focolare rituale era delimitato da un muretto in blocchi di calcare, decorato esternamente con conci a imitazione dei bastioni di torri nuragiche. La struttura, oggi esposta al museo archeologico di Nuoro, fungeva da altare e accoglieva i numerosi manufatti votivi, soprattutto in bronzo, ritrovati durante le campagne di scavo. Attorno al tempio osserverai le tracce circolari e rettangolari di altri ambienti, forse relative alle capanne del villaggio, tuttora indagate.

Per visitare le due tombe di Giganti meglio conservate, ti addentrerai tra i lecci. La poderosa stele della prima giace frammentata a terra vicino alla sepoltura, la cui camera funeraria, integra, è lunga dodici metri, fatta di blocchi di granito sormontati da lastroni piatti disposti a piattabanda. A circa 300 metri ecco la seconda tomba, con esedra a ortostati infissi sul suolo.

Proseguendo il tour nuragico, in direzione nord-ovest troverai un’altra affascinante testimonianza della sacralità arcaica: il villaggio-santuario di s’Arcu e is Forros, con nuraghe trilobato e tre templi dedicati al culto delle acque. Accanto a uno di essi, del tipo a megaron, ammirerai due strutture circolari, interpretate come forni. L’itinerario delle aree di culto nuragiche si conclude a nord del lago Flumendosa con la tomba di Giganti di Troculu, dal corpo tombale intatto.

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Ulassai

Con un’alta percentuale di persone longeve fra i suoi 1500 abitanti contribuisce a una delle cinque blue zone del mondo. Ulassai sorge nell’Ogliastra più interna, incassato a quasi 800 metri d’altezza fra tacchi calcarei, sulle cui pendici ricoperte da foreste sempreverdi che ospitano l’oasi faunistica di Girisai, si aprono spettacolari grotte, come is Lianas. E soprattutto su Marmuri, ‘il marmo’: camminerai per 850 metri in saloni con pareti altissime, laghetti e stalattiti che si uniscono a stalagmiti formando enormi colonne. Per arrivare a una delle più imponenti d’Europa, percorrerai sentieri fra profonde gole, meta di professionisti di free climbing. Dalle grotte affiorano acque sotterranee e, sotto su Marmuri, formano le cascate di Lecorci, che sgorgano impetuose da pareti lisce. Il percorso delle acque incrocia le cascate di Lequarci, le maggiori dell’Isola, che compiono un salto di quasi cento metri con una larghezza massima di 70. A valle si riversano in una miriade di laghetti in località Santa Barbara. Qui, in mezzo alla foresta, potrai visitare una chiesetta bizantina. Intorno stanno is cumbessias che servivano da alloggi per i pellegrini durante le celebrazioni della santa. Tutt’oggi sono le più sentite dalla comunità ulassese, a fine maggio, con processione, accompagnata da launeddas e gruppi folk, sagra con degustazione di prelibatezze e gara poetica.

Il borgo è un museo a cielo aperto, in armonia tra architettura cittadina, natura e opere d’arte. A impreziosire l’atmosfera ecco la Stazione dell’Arte, che custodisce il ‘genio multiforme’ dell’artista Maria Lai, cittadina più celebre di Ulassai. Prima dell’avvento della ferrovia (1893) il borgo non era collegato fuori dall’Ogliastra. L’isolamento ha conservato tradizioni ataviche, come l’uso del telaio orizzontale, costumi e balli, produzione artigianale di formaggi e prosciutti e la panificazione nei forni a legna: in ogni casa ce n’è uno. A oriente, la valle del rio Pardu è coltivata a uliveti e vigneti, da cui i rinomati olio d’oliva e il cannonau. Famosi sono anche il miele di corbezzolo e piatti tipici come culurgiones a ispighitta e coccoi prena. Per Ognissanti c’è la questua de is animeddas, simile ad Halloween. Su Maimulu è il famoso carnevale ulassese, che inizia a San Sebastiano (20 gennaio). Molto seguito è il festival teatrale dei Tacchi. Nel territorio troverai infinite testimonianze preistoriche. La più importante è il nuraghe s’Ulimu (1500-900 a.C.), a 700 metri d’altitudine: due massicce torri unite da una spessa cortina. Si trova vicino a otto domus de Janas, un dolmen, tre tombe di Giganti e tre villaggi nuragici. Ben conservati sono anche nuraghe Pranu, complesso di Nuragheddu, fortezza di Seroni e il villaggio megalitico di Seddorrulu.

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Su Sterru – Il Golgo di Baunei

La vertiginosa altezza di 270 metri fa di su Sterru, la voragine a una campata più profonda d’Europa. Generatosi nel cuore dell’altopiano del Golgo (400 metri di altitudine), all’interno del territorio di Baunei, l’abisso è un luogo denso di richiami, misteri e antiche leggende, da brividi sulla pelle: si diceva fosse tana di un serpente (su scultone), la cui minaccia fu allontanata con la costruzione (XVII secolo) della vicina chiesa di san Pietro. In realtà, la cavità è habitat del mite geotritone sardo, anfibio ambientatosi qui, al quale fanno compagnia il ragno porrohomma e alcuni crostacei terrestri. In principio fu ritenuto un vulcano (nelle carte topografiche compariva come ‘Cratere vecchio’) e profondo 100-150 metri, ma la sua esplorazione completa (1957) ha svelato l’enorme abisso carsico creato da fenomeni erosivi. Sterru significa, infatti, sia ‘discesa’ che ‘scavo’, un termine comune ad altri toponimi ogliastrini e barbaricini. Oggi è esplorato solo da speleologi esperti.

La voragine si apre all’improvviso sull’altopiano, a 13 chilometri dall’abitato di Baunei. L’imboccatura dell’inghiottitoio è fatta di rocce scure basaltiche, la parte interna di pietre calcaree bianche. Il diametro è di 25 metri che diventano 40 sul fondo. È raggiungibile a piedi attraverso un paesaggio affascinante: colate laviche sul calcare, felci e lecci ammantati di muschio e piccoli stagni (piscinas). È un museo a cielo aperto: pozzi per celebrare riti ancestrali, domus de Janas, che attestano al Neolitico la presenza umana, tombe di giganti e quasi venti complessi nuragici, posti come sentinelle agli accessi della valle. Una complessa rete di fortificazione costruita dal 1500 a.C. in poi: l’impressione è di passeggiare nella preistoria.

Dal Golgo si accede alla foresta del Bacu Canale e a Pedra Longa, pinnacolo di 128 metri a picco sul mare. Con un trekking di tre chilometri e mezzo, si raggiunge l’incanto di Cala Goloritzè. Mentre con un percorso un più lungo, dalla chiesetta di san Pietro si arriva a codula di Sisine, valle calcarea con alte pareti e boschi di lecci centenari, che conduce alla splendida spiaggia di Cala Sisine.

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Bari Sardo

Il nome del borgo ogliastrino risale al 1862 quando un decreto di Vittorio Emanuele II affiancò ‘sardo’ a Bari per evitare confusioni col capoluogo pugliese. Bari Sardo, immerso in colline di vigneti e frutteti, sorge sul suggestivo altopiano basaltico Teccu ‘e su Crastu. È famoso per l’artigianato tessile: tappeti, arazzi, coperte e lini. L’origine risale all’Alto Medioevo: per sfuggire alle incursioni di Vandali e Saraceni, la popolazione si rifugiò nell’entroterra, a quattro chilometri dalla costa. La villa di Barì fu parte del giudicato di Cagliari fino al 1258, quando fu annessa prima a quello di Gallura e poi alla repubblica di Pisa. Dal 1324 entrò nel regno di Sardegna e in quello d’Italia dal 1861. Oggi conta circa quattromila abitanti.

Il centro è caratterizzato da case rustiche, ville coloniche, torri spagnole, antichi ovili e dall’imponente chiesa parrocchiale di Nostra Signora di Monserrato, una delle più belle dell’Isola, ricca di marmi pregiati. Tra le chiese visita anche quella di santa Cecilia un tempo campestre, oggi dentro il tessuto urbano, di san Giovanni, in località sa Marina, dove a luglio si svolge una processione dal paese alla frazione, e quella campestre di san Leonardo (XVI secolo). Il territorio conserva numerose testimonianze archeologiche: domus de Janas di Pizzu ‘e Monti e Funtana su Rettore, 14 nuraghi, tra cui il più famoso è il Sellersu e tombe di Giganti di Canali, Uli e Pitzu Teccu. In età romana sorse il presidio Custodia Rubriensis, dal nome dei protosardi (Rubrensi) che qui dimoravano.

Simbolo di Bari Sardo è la torre di Barì, realizzata dagli aragonesi fra 1572 e 1639 in uno sperone roccioso sul mare. Alta quasi 13 metri e con diametro alla base di undici, controllava 15 chilometri costieri tra i capi Bella Vista e Sferracavallo. Il forte domina e divide il litorale in due parti: a nord il mari de is ominis, a sud il mari de is feminas, secondo una distinzione nata nel Dopoguerra quando i due tratti erano frequentati separatamente da uomini e donne. A sud della spiaggia della Torre di Barì c’è sa Marina Tramalitza, mai affollata, con sabbia chiara e mare cristallino con sfumature verdi. Una delle ‘perle’ d’Ogliastra rientra in parte nel territorio di Barì: è Cea. più di un chilometro di sabbia bianca e morbida, fondale basso, scogli levigati e sfumature smeraldine del mare. A 300 metri dalla riva, al centro del litorale, spuntano due faraglioni di venti metri: is Scoglius Arrubius, simbolo di Cea.

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Scala di San Giorgio

“Mentre viaggiava arrivò a un monte presso cui c’era una strada che poteva essere più breve e diritta passandoci attraverso”. La Legenda sanctissimi Georgii presulis suellinsis, documento agiografico del 1117 sulla vita di san Giorgio, primo vescovo della diocesi di Barbaria, racconta che, in occasione di una visita pastorale a Osini, giunto ai piedi di un monte impenetrabile, stanco per il viaggio e pensando ai disagi dei viandanti, il santo pregò perché si aprisse un varco che rese il cammino più breve e agevole. Vicino fece scaturire anche la sorgente de s’abba de sa santidade (acqua della santità) – oggi meta di pellegrinaggio - per alleviare ulteriormente le fatiche dei viandanti. In onore del ‘miracolo’, gli osinesi gli intitolarono nel XIV secolo una chiesetta ai piedi della montagna. Così nacque, secondo leggenda, la Scala di San Giorgio, detta anche Gola o Arco di San Giorgio, riconosciuto monumento naturale nel 1994, che si apre a 900 metri d’altitudine lungo le pareti che delimitano a est l’ampio tavolato calcareo-dolomitico del taccu di Osini che sovrasta il borgo ‘vissuto’ due volte.

Skala indica un accesso ripido e accidentato attraverso il costone di un rilievo, nel caso specifico un valico lungo sei chilometri che collega le valli del rio Pardu, a nord-est, e del Flumineddu, a sud-ovest. La stretta gola, originata da una frattura nel bordo dell’altopiano e delimitata da alte e incombenti muraglie rocciose alte 50 metri, ha un particolare unico: è attraversata da uno nastro d’asfalto che parte dal paese e permette una facile visita. Il luogo è tutto caratterizzato da pareti perfettamente verticali, maestose fratture e incisioni nelle rocce. La più imponente è sa Brecca ‘e Usala, che attraversa in senso verticale la la gola e sprofonda per quasi cento metri. Risalendo lungo le pareti de sa skala, vicine fra loro, finito l’asfalto, grazie a un viottolo inframmezzato da gradini, giungerai fino in cima al taccu di Osini, in un ambiente solitario, coperto da lecci. La punta più alta (quasi mille metri) è s’Assa de su Casteddu (parete del castello), toponimo che ha indotto a ipotizzare che qui si ergesse una fortezza medievale. In realtà più verosimilmente vi sorgeva una postazione militare romano-bizantina, come confermerebbe il ritrovamento di monete e ceramiche dell’epoca.

Da lassù lo spettacolo è maestoso: si domina l’intera Ogliastra, sino al mare, comprese le case disabitate dell’‘Osini storica’, abbandonata dopo l’alluvione del 1951. Il nuovo abitato è sorto più a monte, impreziosito da capolavori d’arte di Maria Lai, Costantino Nivola e Pinuccio Sciola. Oltrepassato il valico, accederai al parco naturale e archeologico dela valle di Taccu. L’eredità protostorica più maestosa è il nuraghe Serbissi, formato da torre centrale e tre angolari. Simili caratteristiche architettoniche presentano altri nuraghi posti a guardia dell’area. Al centro della valle, troverai i nuraghi ‘gemelli’ Orruttu e Sanu; nelle vicinanze, i resti di una tomba di Giganti. Vicino alla ‘scala’, ma nel territorio di Ulassai, sorge un altro monumento naturale: la spettacolare grotta su Marmuri.