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Artigianato artistico in bella mostra

L’anima della Sardegna è nelle trame dei tappeti, nei ricami di scialli e nei ricercati stili degli abiti tradizionali, è nelle miniature della filigrana d’oro dei gioielli, è ‘intrecciata’ in cestini di giunco e asfodelo. È una passione che risplende nelle lame dei coltelli, oggetti carichi di valori simbolici, che si riflette nel rosso intenso di ornamenti in corallo, che arde nella forgia di un manufatto in ferro battuto. La sua antica anima vive dentro le sculture in pietra, che raccontano vicende millenarie, traspare dalle ceramiche vivacemente decorate, memoria di una terra crocevia delle rotte di antichi navigatori, si svela negli intagli delle cassapanche nuziali, ancora oggi oggetto dei desideri. Nell’Isola l’arte del saper fare ha resistito al tempo, è il segno tangibile della vocazione a mantenere viva la propria antica cultura.

In viaggio con gusto

Frue, burrida, civraxiu, fregula, malloreddusu, casizolu, pani frattau, filindeu, tzilicca... nessuna preparazione ad hoc per stupire i palati, note semplici e ricercate, sapori delicati e insieme robusti di mare e terra sapientemente miscelati, fragranze di speciali condimenti, dagli oli extravergine alle erbe selvatiche. È una cucina dove si ripetono gesti antichi e rituali che esaltano la maestria della cucina tradizionale e dove si esprime l’arte dei giovani chef capaci di far filtrare l’anima della loro terra dai piatti che affondano le radici nella memoria e nella storia, mai la stessa da luogo a un altro. In Sardegna niente è uguale, paese che vai e tradizioni, cultura e persino lingua che trovi, incredibilmente differenti. Anche il più popolare dolce ‘non dolce’ ne è coinvolto, per gustarlo a Nuoro devi ordinare una sevada, a Cagliari una seada, altrove sebada, seatta, sabada. Ogni volta ti sembrerà un dolce dalle sfumature nuove, perché diversi saranno il tipo di formaggio, pecorino o vaccino, cucinato o crudo, e il tipo di miele a fine cottura, delicato al sud, più aspro in altri territori.

Sardegna, una bella storia

È una culla circondata dal mare dove ottomila anni fa inizia una misteriosa e originale civiltà aperta alle innovazioni e alle contaminazioni culturali, portate per mare da una sponda all'altra del Mediterraneo antico. I sardi costruiscono sulle coste nuraghi con ridossi per le barche, uniti tra loro per il controllo del mare e collegati a quelli costruiti nell'entroterra. La posizione dell'Isola è strategica, è un vivace crocevia sulle rotte commerciali frequentate dai popoli navigatori, tra questi gli evoluti e pacifici fenici che faranno base in Sardegna. Fondano quelle che saranno le più belle, colte e ricche città dei tempi, Sulky, Bithia, Nora, Tharros, Karaly. Beni, idee e saperi circoleranno liberamente tra le città fenice e i villaggi nuragici sino a quando approderanno i popoli imperialisti assettati di nuovi domini. 

Janas e animeddas nella notte di Halloween

Forse ha ascendenze preistoriche, certo è che si celebra dalla notte dei tempi e che assomiglia alle feste di tradizione anglosassone. È la notte di fine ottobre quando i regni della luce e delle tenebre si congiungono e permettono alle anime dei defunti, aperte le porte del Purgatorio, di far ritorno nei luoghi ai quali erano legati e di vagare tra i vivi. Tra le anime sospese primeggiano le janas raccontate nelle leggende popolari isolane e dalla tradizione orale. Sono piccoli spiriti in equilibrio tra terra e cielo, hanno voce suadente e bellezza incantatrice, fate o streghe a seconda dei luoghi dove sono evocate. Abitano le domus de Janas, sepolcri scavati nella roccia, simbolo di una facies culturale diffusa in tutta la Sardegna tra IV e III millennio a.C.

Terme di Forum Traiani

La passione per le acque termali dell’antica Roma arrivò fino alle estreme periferie del loro impero, non poteva mancare una provincia importante e vicina come la Sardegna. Nell'Isola costruirono il loro principale stabilimento termale a Fordongianus, per sfruttare acque che risalgono in superficie caldissime (a 54 gradi) mantenendo intatte le loro proprietà benefiche.

La storia delle terme, però, qui, come in tante altri stabilimenti termali isolani, è molto più antica, risale alla preistoria: i sardi prenuragici e nuragici consideravano sacre queste acque e già le usavano per curarsi. Fonti e pozzi sacri verosimilmente richiamavano qui le popolazioni protosarde di altri territori isolani vicini e lontani, infatti i pianori attorno all'attuale paese sono costellati da insediamenti preistorici, tra i quali Casteddu ecciu e varie necropoli a domus de Janas.

Il complesso termale romano fu edificato sulla riva del fiume Tirso, precisamente sul sito di Caddas (calde, appunto) che i romani chiamarono delle aquae ypsitanae. L'imperatore Traiano volle lo stabilimento ai margini del centro urbano di Forum Traiani, il grande mercato di scambio tra le popolazioni romanizzate dell'entroterra alle spalle del golfo di Oristano e le comunità del nord e sud dell'Isola. Con la costruzione del complesso il forum divenne anche luogo di benessere e punto di aggregazione sociale, oltre a fare i bagni nelle piscine, si passeggiava lungo i porticati attorno alle vasche discutendo di politica e affari: Forum Traiani diventò una meta ambita per coltivare la salute fisica e mentale e i piaceri della vita. L'architettura, con porticato, sale e vasche, è ancora oggi imponente e fa comprendere quanto dovesse esserlo ai tempi della Roma imperiale. 

Al centro dello stabilimento si trova una grande piscina rettangolare riservata ai bagni in immersione in acqua tiepida (tepidarium), un tempo coperta con volta a botte e circondata da porticati dove si sostava e riposava tra un bagno e l'altro. Ai lati le vasche di captazione e miscelazione e il Ninfeo, una grande vasca contornata da nicchie per l'esposizione di statue e cippi votivi, era lo spazio sacro per il culto dei poteri curativi delle aquae calidae. Più appartato il circuito delle piscine termali, dai bagni caldi (calidaria) al frigidarium con spogliatoi e spazi dedicati al ristoro.

Attorno allo stabilimento termale furono costruite abitazioni private patrizie, 'strutture ricettive' per ospitare i visitatori, edifici pubblici per le attività civili e i culti funerari, oggi per lo più inglobate nel sottosuolo dell'abitato di Fordongianus, che in tanti punti del suo reticolato urbano mostra i segni delle antiche vestigia. Con la caduta dell’impero romano, le strutture termali furono pian piano abbandonate, il colpo di grazia giunse durante il Medioevo, quando furono smantellate per costruirvi chiese, conventi e luoghi di culto. Si salvarono le parti dello stabilimento strettamente terapeutiche e poche altre che sfuggirono alla nuova visione del mondo, sufficienti fortunatamente a proseguire nella tradizione termale e a fare ancora oggi dell'ex Forum Traiani un luogo di wellness per eccellenza.

I dolci sapori delle feste

Da sempre simbolo di ricorrenze e celebrazioni, i pani e i dolci tipici che si preparano in Sardegna per le festività natalizie sono gioielli ricchi di gusto, sempre diversi, da paese a paese. Nei forni del Logudoro si preparano su bacchiddu ‘e Deu, un pane a forma di bastone che ricorda il pastorale dei vescovi, e sa pertusitta, una focaccia decorata con immagini di pastori e pecore in rilievo. Il gusto de sa tunda, pane tondo dell’Oristanese, è arricchito da noci e uvetta. In Ogliastra era diffusa un’antica usanza che ogni tanto ritorna, regalare pani a forma di cuore, di stella o di neonato. Originario del Nuorese, oggi sfornato in tutta l’Isola, è su pani cun gherda, cioè con i ciccioli di lardo di maiale. C’è un dolce un tempo solo natalizio ma talmente buono che da decenni si prepara tutto l’anno, il torrone di Tonara, senza zucchero, solo a base di miele squagliato a fuoco lento in un paiolo in rame e rimestato per ore, con aggiunta di mandorle, nocciole o noci.

Cascate di acqua pura

In un’isola di antichissimi vulcani, il Montiferru è stato il più grande. Oggi è un immenso altipiano di basalto solcato da acque impetuose, che al confine tra Bonarcado e Santu Lussurgiu generano l'incantevole cascata di sos Molinos. Correnti sotterranee risalgono in superficie nel borgo di San Leonardo, all'interno della foresta omonima, con le sorgenti purissime e ricche di minerali di Siete Fuentes. Le acque del Montiferru alimentano anche il rio Salighes, un tranquillo torrente protagonista di un fenomeno con pochi eguali al mondo: si tuffa direttamente a mare dalla scogliera di Cuglieri. La cascata si chiama s’Istrampu de Capu Nieddu, un salto fragoroso di 40 metri ancora più suggestivo se ascoltato dal mare. Più a sud, nel Medio Campidano, c'è il monte Linas con le rocce più antiche d’Europa, una terra dal sapore primordiale con pochi segni di passaggi umani e popolata da cervi, volpi e cinghiali. La pace dei suoi boschi è 'rotta' dal fragore di tre grandiose cascate: sa Spendula fende come una lama la foresta, per dirla con le parole di D’Annunzio, Piscina Irgas si tuffa per 45 metri in un caratteristico laghetto verde smeraldo e Muru Mannu, tra le più alte in Sardegna, circondata da uno scenografico anfiteatro naturale.

Cabu Nieddu

Uno spettacolo unico nell’Isola, rarissimo in Italia, inconsueto nel resto del mondo: le acque della cascata di Cabu Nieddu precipitano direttamente nel mar di Sardegna, compiendo un salto di quaranta metri, da un vasto anfiteatro naturale scavato in un tratto di alta costa tra la celebre baia de s’Archittu e la marina di Tresnuraghes. Ci troviamo nel territorio di Cuglieri, nella regione storica del Montiferru, che prende nome dal massiccio di origine vulcanica che domina un paesaggio fatto di altipiani, boschi e fiumi. E proprio uno di questi corsi d’acqua, il rio Salighes è protagonista del magnifico scenario: attraversa il solido strato di basalto esteso fino all’altopiano di Campeda, sino a incontrare il litorale e catapultarsi in mare.

In primavera il ‘tuffo’ de s’Istrampu de Capu Nieddu – così è noto a livello locale - è tanto più spettacolare e indimenticabile quanto più sono state abbondanti le piogge invernali. All’origine del fenomeno sta proprio la portata del fiume, che scorre in superficie sino alla costa perché nel corso dei millenni non è mai stata sufficientemente sostenuta da poter scavare la dura roccia basaltica e crearsi un ‘letto’ sotterraneo su cui procedere.

Potrai ammirare la cascata per intero e da posizione privilegiata in barca, partendo in escursione da Santa Caterina di PittinurriBosa Oristano. La scenografia è abbagliante, tra l’azzurro del mare e il verde dei pendii del Montiferru: un paesaggio che ricorda le celebri scogliere irlandesi di Moher. I rilievi sono ricoperti da lecci, castagni, corbezzoli, ginestre, rose selvatiche e biancospini, cui si aggiungono i profumi del timo e dell'elicriso. Volgendo lo sguardo verso nord, osserverai la costa di capo Marargiu, dove osano i grifoni, e in lontananza il promontorio di Capo Caccia; a sud, potrai scorgere capo Mannu e l’isolotto di Mal di Ventre. Dopo la vista della cascata, potrai proseguire il tour verso la torre spagnola di Capo Nieddu e ancora più a nord verso la foce del rio Mannu, da dove ammirerai il panorama di Punta Foghe, anch'esso sorvegliato da un’antica torre di guardia.

Il territorio attorno è disseminato di testimonianze dell’antica attività vulcanica del massiccio, che ha disegnato l’attuale aspro e movimentato paesaggio: oltre a Cabu Nieddu, nella valle di riu s’Abba lughida si trova la cascata de s’Istrampu ‘e Massabari, mentre poco più a sud, al confine tra i territori di BonarcadoSantu Lussurgiu si apre la valle di riu sos Molinos, che genera l’omonima cascata, altro imperdibile capolavoro della natura.

Cane Malu

Farsi il bagno in una piscina sulla Luna? Puoi immaginarne lo scenario e viverne le sensazioni nella caletta di Cane Malu, a tre chilometri dal borgo medioevale di Bosa. La piscina naturale sorge sulla punta di Cabu d’Aspu, a pochi passi da Bosa Marina, dove inizia il tratto settentrionale del litorale bosano, in direzione Capo Marargiu. La raggiungerai al termine di una camminata di circa dieci minuti lungo un sentiero che, partendo dal porto fluviale sulla foce del Temo, costeggia il mare passando su scogliere di trachite bianca, la pietra caratteristica locale. Ed è proprio il particolare tipo di roccia a rendere lo scenario lunare, un paesaggio surreale e candido, cui fa da contraltare l’intenso turchese del mare. Innumerevoli mareggiate, sospinte dalla forza del maestrale, hanno scavato e modellato la trachite nei millenni, creando la forma di una grande ‘vasca’, delimitata da una striscia di roccia. Il lembo bianco di trachite ricorda la coda di un cane, specie quando il mare è agitato, da qui il nome: ‘cane cattivo’. Non a caso, è un gioiello naturalistico unico che richiede prudenza, meglio scegliere una giornata senza vento e col mare calmo, per godere appieno del fascino della piscina. Se poi attenderai il tramonto, i giochi di luce tra il colore chiaro della scogliera e i riflessi del mare ti regaleranno sensazioni indimenticabili.

Cane Malu è accogliente e comoda per chi vuole sdraiarsi e rilassarsi al sole. Relax che offrono anche le spiagge nei dintorni: a sud di Bosa Marina c’è la spiaggia di Turas, famosa per i suoi tramonti scenografici, quattro chilometri a nord del borgo ecco la spiaggia di s’Abba druche, con la sua sabbia bianca granulosa mista a ciottoli e il suo fondale basso. Risalendo ancora più a nord, sarà lo scenario selvaggio di Cumpoltittu a sorprenderti: il litorale è protetto su entrambi i lati da promontori ricoperti di macchia mediterranea che scendono fino al mare dalle tonalità azzurre e turchesi. Poco distanti, la piccola cala sa Codulera si caratterizza per fondo ciottoloso e mare trasparente adatto allo snorkeling, mentre Torre Argentina ti colpirà per l’alternanza di insenature, calette e scogliere che si tuffano nel blu cobalto.

Non solo splendide spiagge: i 45 chilometri che separano Bosa da Alghero sono uno scenario da film hollywoodiano. La provinciale 49 – che diventa provinciale 105 a metà percorso – offrirà panorami irresistibili, tra pareti di trachite rosa, gialle distese di ginestre, riflessi cangianti del mare, dallo smeraldo al turchese, e ovili sparsi qua e là che hanno preso il ruolo di guardiani della costa, appartenuto una volta alle torri spagnole.

Sos Molinos

Un capolavoro gelosamente custodito dalla natura. Al confine tra i territori di Bonarcado e Santu Lussurgiu, lungo la provinciale 15 che collega i due suggestivi borghi del Montiferru, si nasconde un paesaggio incantato, che scoprirai a poco a poco. Inizierai a sentire il placido scroscio dell’acqua dallo spiazzo a lato della strada, punto di partenza del percorso che ti condurrà alla valle e alla cascata di sos Molinos. È una mulattiera in discesa dove ogni tanto affiorano i resti di pavimentazione lastricata in pietra, ai suoi lati lecci, roverelle e ontani, che ti accompagneranno durante il cammino. Insieme agli alberi, vedrai un’infinità di piante di alloro, così rigogliose che la valle è stata dichiarata zona speciale per la sua conservazione. Oltre al verde della vegetazione mediterranea, ti resterà impressa la varietà di fiori che circonda il laghetto formato dalla cascata ai suoi piedi: ciclamini, margherite e orchidee aggiungono pennellate di colore al magico scenario dell’acqua che precipita con per un totale di 30 metri compiendo vari salti consecutivi. Il ruscello che la genera, infatti, cade da un’altezza di 440 metri, lungo il versante orientale dell’altopiano basaltico del Montiferru, dove le acque hanno scavato per millenni dando origine a una rigogliosa valle. I ‘balzi’ sono cinque, il maggiore – e il più scenografico - è l’ultimo, di 15 metri.

Il nome della località deriva dalla sua funzione in età preindustriale: il ripido corso d’acqua, la sua abbondante portata e i numerosi dislivelli hanno favorito, infatti, in l’uso delle risorsa idrica come motrice di numerosi mulini e gualchiere in pietra che si susseguivano lungo il torrente. Uno di essi è ancora lì, proprio di fianco al salto maggiore del corso d’acqua e arricchisce lo scenario fiabesco. La sua struttura e i materiali coi quali è costruito sono perfettamente armonizzati con la natura circostante.

Santu Lussurgiu, caratteristico centro fatto di pittoreschi scorci e botteghe artigiane, è un vero e proprio ‘tempio delle acque’. Più a nord, una sua borgata in mezzo alla foresta di san Leonardo, le cui origini risalenti al XII secolo sono avvolte nel mistero, è celebre per sette fonti che un tempo qui sgorgavano, dette Siete Fuentes. I documenti attestano alcuni edifici della villa - due monasteri e un ospedale – ma non restano però tracce. La struttura più antica rimasta in piedi è la chiesetta di san Leonardo. Bonarcado, invece, dista quattro chilometri da sos Molinos, ed è famosa per due capolavori di architettura romanica: il santuario e la basilica di Nostra Signora di Bonaccatu, sedi del più antico culto mariano dell'isola.