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Sud

Carnevale di Carbonia

Domenica 2 marzo l'allegria del carnevale arriva a Carbonia: dalle 15, il via alla grande sfilata che porta divertimento, musica e colori tra le strade della cittadina mineraria sulcitana. 

Oltre al corteo, previste animazioni per grandi e piccini e momenti di folklore. La festa è anche occasione per gustare tipici dolci di carnevale e per visitare le attrazioni carboniensi. 

Il corteo parte da Piazza Ciusa e si conclude in Piazza Roma intorno alle 17. Mezz'ora più tardi iniziano gli spettacoli nella stessa piazza, con musica, trampolieri, mascotte e gadget.

A seguire, la premiazione di carri e gruppi con una misteriosa sorpresa finale.

Per maggiori info, visita la pagina facebook della Pro Loco di Carbonia

Cursas de Carrasegae

Sabato 8 e domenica 9 marzo torna uno dei carnevali equestri più caratteristici e spettacolari della Sardegna: a Paulilatino si corrono Sas Cursas de Carrasegae, ovvero le corse del carnevale.

Il primo giorno è dedicato a Sa Cursa a Sa Pudda: i cavalieri in corsa tentano di colpire una gallina di pezza appesa a circa tre metri, al centro del percorso di discesa. Domenica invece è il turno de Sa Cursa a Sas Padeddas, la pentolaccia a cavallo. Il regolamento è rigoroso e codificato: le pariglie devono essere formate da 2 o 3 cavalieri vestiti con un costume o maschera tradizionale sarda, per essere premiate le pariglie devono partecipare a entrambe le corse, la gallina (il sabato) o la pentolaccia (la domenica) possono essere colpite da un unico componente della pariglia. 

L'evento è organizzato dal Circolo Ippico Paulese. Per maggiori info, visita la loro pagina facebook

Carrasegare Ulesu

Il 15 marzo 2025 Ula' Tirso ospita su Carrasegare Ulesu una straordinaria rassegna di maschere tradizionali, testimoni di un passato che ancora oggi affascina e coinvolge, dove spicca la maschera de s'Urtzu.
Il battito dei tamburi e i campanacci spezzano il silenzio tra le vie di Ula Tirso dove il Carnevale prenderà vita, riportando in scena riti ancestrali, simboli di forza, identità e tradizione.
Racconti fatti di gesti, suoni e leggende tramandate nel tempo.
Protagonisti della giornata saranno:
• Mamuthones e Issohadores di Mamoiada
• Boes e Merdules di Ottana
• Tamburini e trombettieri della Sartiglia di Oristano
• Su Bundhu di Orani
• Sennoreddu e S’iscusorzu di Teti
• Is Arestes e S’Urtzu Pretistu di Sorgono
• Ass. Barbaggia Maschere Maimones Murronarzos Intintos di Olzai
• Mamutzones Antigos di Samugheo
• Maschere veneziane CivitaMask
• S’Ainu Orriadore di Scano di Montiferro
• Sos Tumbarinos di Gavoi
• Urthos e Buttudos di Fonni
• S’Urtzu e Sos Bardianos di Ula Tirso
• S’Urtzigheddu di Ula Tirso
La giornata inizierà con un convegno dedicato alla maschera tradizionale e alle usanze del territorio, con la possibilità di visitare chiese e musei. Nel pomeriggio, le strade si animeranno con la sfilata delle maschere, che attraverserà il centro storico fino a Piazza IV Novembre.
Presenta: Lucia Cossu
A seguire, l’energia del ballo prenderà il sopravvento con Dilliriana e una lunga notte di musica con DJ Daniel Cossu e PG.

Tomba di Giganti di Imbertighe

L’archeologo Giovanni Pinza, nella sua opera ‘Monumenti primitivi della Sardegna’, l’aveva definita “il prospetto del più bel sepolcro di giganti che si conosce in Sardegna”. Oggi ne restano poche ma significative tracce, come la splendida stele che testimonia l’abilità e la cura dei dettagli decorativi dei costruttori di età nuragica. La tomba di Giganti di Imbertighe è uno dei simboli di Borore, tanto da campeggiare nel suo stemma. Si trova in aperta campagna, poche centinaia di metri al di fuori dell’abitato in direzione sud-est. La sepoltura catturò l’interesse di vari studiosi, soprattutto grazie alla bellezza del prospetto: ne scrissero Alberto La Marmora e Duncan Mackenzie, la cui documentazione grafica è l’unica fonte che permette di ricostruirne struttura e dimensioni. Il vano funerario era lungo nove metri e largo uno, l’esedra misurava circa dieci metri di corda e poco più di cinque di freccia.

A colpirti saranno, soprattutto, dimensioni e precisione nella lavorazione della stele monolitica. Alta più di tre metri e mezzo, ha una forma quasi ellittica, circondata da una cornice in rilievo e divisa nelle ‘classiche’ tre parti: la base liscia, nella quale si apre il portello quadrangolare con angoli superiori arrotondati; il riquadro mediano trapezoidale e la lunetta superiore, separata dal riquadro centrale da un listello. Noterai anche i resti delle ali dell’esedra, realizzate in filari regolari di blocchi basaltici.

La zona circostante – e più in generale l’intero territorio di Borore – è un vero e proprio parco archeologico diffuso. A 200 metri dalla tomba, sull’altro lato del sentiero che conduce all’area, troverai il nuraghe omonimo, Imbertighe, un monotorre del quale si conservano pochi filari. Tra le altre testimonianze dei dintorni, i nuraghi Bighinzone, Toscono e Porcarzos di tipo complesso, con un mastio al centro di un bastione quadrilobato, e il villaggio di Duos Nuraghes, il cui nome lascia intendere la presenza di una ‘coppia’ di nuraghi, eretti a dieci metri di distanza l’uno dall’altro. Nei pressi del nuraghe Toscono e della chiesetta campestre dedicata a San Gavino visiterai anche la tomba di Giganti di Santu Bainzu, di tipo dolmenico, anch’essa con stele centinata.

Borore merita una visita anche per le sue tradizioni: non dimenticare di visitare il museo del pane rituale, che ‘racconta’ i pani tradizionali e quelli prodotti in occasione delle feste, e di assaggiare i gustosi dolci tipici.

Li Lolghi

Le sue dimensioni fanno pensare, oltre all’esigenza di ospitare tante sepolture, anche alla volontà di affermare prestigio e potere sul territorio circostante con un’opera monumentale. Non solo, studiare questa tomba ha permesso la scoperta di due ‘segreti’ decisivi per la conoscenza del culto dei defunti nell'età del Bronzo. Li Lolghi è considerata tra le più importanti, maestose e meglio conservate tombe di Giganti non solo della Gallura, ma dell’intera Sardegna. Sorge nel territorio di Arzachena, circa sette chilometri a ovest dell’abitato. Come la maggior parte delle sepolture nuragiche del centro-nord dell’Isola, presenta una stele centinata al centro, alla base della quale si apre un portello arcuato. Ai lati della stele si estende un’ampia esedra, formata da 14 lastroni di granito infissi ‘a coltello’, di dimensioni decrescenti verso le estremità del semicerchio.

Le notevoli dimensioni del monumento saltano agli occhi: la distanza tra centro dell’esedra e fine del tumulo è di 27 metri. La stele è alta poco meno di quattro metri, larga quasi due metri e mezzo, di forma semiellittica e decorata con una cornice a rilievo piatto. Il primo ‘segreto’ riguarda i vani: non uno ma due, realizzati in epoche successive. La parte terminale, infatti, è più antica, corrisponde a una tomba a galleria di circa quattro metri di lunghezza, realizzata con lastre ortostatiche e pavimentazione in granito, leggermente rialzata rispetto al più recente corridoio funebre. Quando essa fu ampliata, si aggiunsero stele, esedra e il vano posteriore a essa. Tra le due ‘stanze’, noterai un’altra particolarità: un lastrone orizzontale, forse un’edicola per custodire le offerte ai defunti.

I materiali rinvenuti nel vano più antico permettono una datazione al Bronzo antico (XIX – XVII secolo a. C.), mentre la parte più recente della tomba risale al Bronzo medio (XVII – XIV a. C.). A proposito di ritrovamenti, la seconda rivelazione di Li Lolghi riguarda i riti che vi si svolgevano nello spazio di fronte all’esedra: i frammenti di ceramica qui ritrovati sembrerebbero contenitori per cibi e bevande, fatto che confermerebbe che le genti nuragiche usassero consumare pasti ‘rituali’ in onore dei defunti sepolti proprio accanto ai monumenti funebri.

Il tour archeologico arzachenese ti porterà, un chilometro e mezzo più a ovest, a fare un ulteriore salto nel tempo, indietro di due millenni: ecco la necropoli a circoli di Li Muri: quattro vani, realizzati con lastre infisse nel terreno, ‘custodivano’ altrettante tombe a galleria, tutto ricoperto all’epoca con un tumulo, quasi a formare collinette. Erano verosimilmente destinate a personaggi di spicco della comunità.

Una curiosità: forse i nomi dei due siti furono ‘scambiati’ in passato: in gallurese, lolga significa anello, pertanto li lolghi erano forse i circoli nella necropoli neolitica.

Tombe di Giganti, custodi dell’eternità

Silenziose e solenni, antiche e allo stesso tempo ‘eterne’, simboli – assieme a nuraghi, templi e pozzi sacri – di una civiltà che a distanza di millenni non finisce di affascinare e porre interrogativi irrisolti. Le tombe di Giganti non sono ‘semplici’ sepolture, bensì monumenti enigmatici, eretti tra Bronzo antico e finale (1800-1000 a.C.) dalle popolazioni nuragiche, le quali, con tutta probabilità, oltre a deporvi i propri defunti vi celebravano riti e cerimonie. Di certo, custodiscono segreti che ancora oggi sfuggono alla piena comprensione di archeologi e studiosi di tutto il mondo.

Le tombe di Giganti si caratterizzano per la loro particolare forma monumentale: grandi lastre di pietra posizionate in semicerchio, infisse o a filari, a rappresentare, secondo le varie teorie, le corna di un toro o gli arti inferiori di una partoriente, in entrambi i casi simbolo di fertilità, (ri)nascita e ciclo della vita. Spesso al centro presentano un’imponente stele centrale scolpita, alla cui base si apriva il portello di ingresso. Al loro interno, sepolture collettive raccontano di comunità unite nel culto degli antenati, che percepivano il passaggio verso l’aldilà con profonda sacralità.

Ma perché “di Giganti”? La leggenda vuole che in queste imponenti costruzioni riposassero uomini di statura straordinaria, esseri dotati di forza sovrumana. Realtà e mito si intrecciano, rendendo ancor più suggestivo il viaggio alla scoperta di questi luoghi. Nonostante decenni di studi, molte domande rimangono aperte: quale significato esatto aveva la stele centrale? Come avvenivano le cerimonie che accompagnavano le sepolture? Quali arcani riti si svolgevano all'ombra di queste antichissime pietre?

Non faticherai per trovarle: se ne contano circa ottocento, sparse dappertutto nell’Isola, sono occasione per immergersi nelle profondità di un’isola che custodisce con orgoglio i misteri di un popolo capace di sfidare il tempo.

Settimana Santa 2025: incontra la passione, vivi l'emozione

Suggestivi momenti scanditi da canoni consolidati nei secoli, riti che fanno riecheggiare la loro matrice spagnola, fascino e mistero, associati a eventi, concerti, mostre, sagre e degustazioni, con la nutrita partecipazione di local e visitatori lungo vie e piazze di città e paesi. Durante la Settimana Santa, dalla domenica delle Palme a S’Incontru di Pasqua e, poi, dal lunedì di Pasquetta sino ai ponti di fine aprile e inizio maggio, in Sardegna si respira un mix di suggestioni ed emozioni: all’atmosfera unica a contatto con profonda devozione e intima spiritualità dei riti pasquali segue la vitalità e l’animazione di comunità che custodiscono usanze radicate nel tempo.

Consulta il programma.

Tra i luoghi che conservano modelli derivanti da tradizioni iberiche c’è Sassari: nella ‘capitale’ del nord Sardegna i riti iniziano il martedì santo con la Processione dei Misteri. Il giovedì vede i Sepolcri accogliere migliaia di fedeli, mentre la sera del venerdì santo è il momento de s’Iscravamentu. Domenica 20 aprile, in piazza Colonna Mariana, ecco S’Incontru di Pasqua. La Setmana Santa di Alghero coniuga riti catalani e sardi. I momenti più caratterizzanti sono le cerques, le processioni nel centro storico, e il toccante e drammatico rito del Desclavament, la deposizione dalla croce, la sera di venerdì 18. Tre i giorni caratterizzanti Castelsardo: il lunedì successivo alle ‘Palme’, ovvero Lu Lunissanti, il giovedì (La Prucissioni) e Lu Ilcravamentu del venerdì. Spicca la processione di Cori e Misteri del Lunissanti, in programma lunedì 14, con destinazione Nostra Signora di Tergu. Ad Aggius, la Chita Santa si articola in processioni notturne, riti cadenzati dalle voci della Tasgja (canto corale dell’alta Gallura), Su Sgraamentu del venerdì santo e S’Intoppu, l’incontro di Pasqua. I gosos fanno da colonna sonora ai riti di Bosa: martedì 15 le statue rappresentanti sos Misterios sfilano in corteo, giovedì 17 si svolge la processione de sas Chilcas, il momento clou è S’Iscravamentu del giorno successivo. Restando a ovest, processione de Is Misterius e Su Scravamentu sono il culmine della Settimana santa di Oristano. Nella città di Eleonora la processione dei Misteri si svolge il lunedì santo, mentre visite ai sepolcri e deposizione sono giovedì e venerdì, giorno in cui va in scena anche la struggente processione de S’Interru. Il viaggio tra i riti pasquali caratteristici porta in Barbagia: a Desulo sono protagoniste le Prioresse, incaricate di curare preparativi e festeggiamenti. Da non perdere la processione della domenica delle Palme, domenica 13 dalle 10: un trionfo di colori dati dalla foggia degli abiti tradizionali. Alle celebrazioni desulesi si associano quelle di Tonara, dove la Pasquetta è all'insegna del gusto con la Sagra del Torrone. A proposito di festa, all’ombra del monte Corrasi la Pasqua è celebrata con un grande tripudio collettivo: Oliena mette in scena un rito de S'Incontru tra i più belli dell’Isola.

La Settimana Santa di Cagliari si svolge nei suoi quattro quartieri storici. A Villanova e Stampace, venerdì 11 e martedì 15, le processioni dei Misteri; giovedì 17 è il momento del rito delle Sette Chiese; venerdì il toccante ingresso di Gesù crocifisso in Cattedrale, mentre sabato 19, al mattino, su Scravamentu nella chiesa di San Lucifero, in serata processione, veglia e ingresso del Cristo risorto nella chiesa di San Giacomo. Il programma di Iglesias, codificato da secoli, mantiene un alone di fascino e mistero, che avvolgono le processioni: dei Misteri, martedì 15; dell’Addolorata, giovedì 17 e del Monte e del Descenso, venerdì 18. Le ultime due giornate sono caratterizzate dall’invasione delle vie storiche dei baballottis, figure bianche e spettrali. A poca distanza, a Villamassargia si traccia un ideale contatto tra l’orto del Getsemani a Gerusalemme e l’oliveto storico S'Ortu Mannu: qui va in scena ‘il tradimento di Cristo nell’Orto degli Ulivi’. Il calendario comprende anche Gonnosfanadiga, dove i riti si intersecano con i festeggiamenti per Santa Severa. Domenica 20, al mattino, processione pasquale, mentre al pomeriggio il simulacro della santa compie il suo viaggio verso la chiesa campestre. Lunedì 21, a Pasquetta, il percorso inverso.

Nuraghe Ponte

Per architettura, lavorazione e disposizione dei conci, oltre che per le ottime condizioni della cella principale, è uno dei migliori esempi di nuraghe monotorre della Sardegna. Il Ponte, o Pontes, sorge a nord-ovest di Dualchi, al confine con il territorio di Bortigali, in un’area disseminata di testimonianze archeologiche. Di forma troncoconica, conserva 21 filari, per un’altezza residua di dodici metri. I conci furono messi in opera con cura ed estro: noterai che alla base sono appena sbozzati, man mano che si sale diventano via via più piccoli e precisi nel taglio, fino al livello della camera superiore. Qui, la dimensione dei conci torna a crescere, mentre negli ultimi filari essi sono perfettamente squadrati.

Ti sorprenderà anche la dimensione dell’architrave, uno dei più grandi finora documentati in un nuraghe. Accederai alla camera centrale passando per un corridoio anch’esso realizzato con conci monolitici, i cui spigoli sono stati smussati per creare un ingresso arrotondato. Nella cella osserverai due nicchie, la scala elicoidale a sinistra e, soprattutto, la copertura a tholos intatta. Lungo i 26 gradini della scala si aprono alcune feritoie e sporgono dei blocchi con piccoli incavi. Anche il vano superiore presenta curiosità: una finestra con risega, forse a testimoniare una chiusura operata con portello di legno e una nicchia con ripostiglio a pozzetto.

Le sorprese del nuraghe Ponte non si limitano al suo interno, in quanto a poche decine di metri in direzione sud-est compare un altro elemento circolare. Dal terreno emergono pochi filari e ‘spunta’ un architrave con finestrella di scarico, elementi che fanno pensare a un secondo nuraghe, forse più antico, quasi completamente interrato. Ancora più a sud, sembrano emergere tracce murarie curvilinee, si pensa pertinenti a un antemurale. Adiacenti al nuraghe sorgono i resti di una misteriosa struttura a pianta ellittica, con due vani separati da ingressi architravati, e di un grande edificio con vani quadrangolari, in origine a due piani, i cui reperti testimoniano una continuità d’uso dell’area fino a età tardo - antica.

Nel raggio di appena 500 metri potrai visitare il protonuraghe Bardalazzu, i nuraghi Cuguttu, Mura Elighe e Arbarighinu, l’area archeologica di Cubas e l’affascinante complesso archeologico di Frenegarzu, con protonuraghe, muraglia megalitica e necropoli romana a incinerazione.

Vale la pena poi fare un salto in paese, per gustare i prodotti tipici e viverne le tradizioni, specie a fine giugno durante i festeggiamenti per San Pietro e ad agosto per la festa in onore di San Leonardo.

Quartu Sant'Elena

Alla fine del XX secolo, grazie alla costruzione di nuovi quartieri, ebbe una notevole espansione e i suoi abitanti raddoppiarono. Oggi con quasi 70 mila residenti Quartu sant’Elena è la terza città isolana dopo Cagliari e Sassari. Un tempo centro agricolo, oggi conserva la produzione vitivinicola, rinomata per la malvasia. Sono famose anche la lavorazione di gioielli in filigrana d’oro e la produzione di pani e dolci fatti in casa: candelaus, pabassinas e piricchitus. Il suo territorio è compreso tra: pianura del Campidano, montagne e boschi dell’oasi dei Sette Fratelli e parco di Molentargius-Saline, dove, a piedi o in bici, ammirerai colonie di fenicotteri rosa. La costa quartese inizia dal litorale del Poetto e si estende per decine di chilometri lungo la parte orientale del golfo degli Angeli. Scogliere a picco si alternano a spiagge sabbiose o di ciottoli: Capitana, con porto turistico e, alle spalle, colline coperte da pioppi ed eucalipti, le piscine naturali di is Mortorius, Cala Regina con ciottoli e mare azzurro, la bella is Canaleddus e la scenografica Mari Pintau, dove pietre levigate si immergono nel ‘mare dipinto’ dai colori abbaglianti. Infine, Geremeas, con spiagge candide e morbide: Kala ‘e Moru e Marongiu.

Quarto nacque dall’unione di tre villaggi. Per proteggerlo dai saraceni, gli spagnoli costruirono cinque torri nel litorale. Tra le chiese, spicca la basilica di sant’Elena imperatrice, che conserva bellissimi affreschi, pulpito e fonte battesimale risalenti al XVIII secolo e una statua della santa, portata in processione durante la festa patronale (metà settembre). Altri edifici di culto antichi sono Santa Maria di Cepola, costruita sui ruderi paleocristiani e ampliata nel XIV secolo, e Sant’Agata, del XII secolo, poi rifatta tra 1280 e 1300. In campagna c’è Nostra Signora del buon Cammino, con colonne di età romana. Altra testimonianza romana è una villa nella frazione di Sant’Andrea, sommersa dal mare. Nel territorio sono censiti 38 siti nuragici: il principale è il nuraghe Diana, con una torre principale e due minori collegate da cortine murarie. A maggio durante la tappa di Monumenti Aperti, potrai visitare edifici storici come le fornaci, che tra 1878 e 1985 hanno prodotto laterizi e tegole, il mattatoio, in funzione sino al 1968, e l’ex cartiera Perra del 1911, all’epoca unica fabbrica di carta per imballaggio. Per la manifestazione si aprono anche antiche case campidanesi con soffitti affrescati e pianelle a motivi geometrici. Da non perdere due dimore adibite a musei etnografici: sa Dom’e Farra (casa della farina), che custodisce attrezzi agricoli, e Il ciclo della vita, dove sono esposti ottomila oggetti tradizionali (XVIII-XX secolo). Di grande richiamo è Sciampitta, a luglio, maggior evento folk dell’Isola.

Organica - Museo di arte ambientale

Tutte le attività dell’ecomuseo si sviluppano all'interno del Bosco di Curadureddu, alle pendici del Monte Limbara, proponendo un doppio percorso dedicato al rapporto tra arte e mondo naturale.

Lungo i sentieri, tra gli alberi o nelle piccole radure, le opere site-specific installate a cielo aperto nella natura renderanno il tuo percorso
Nel percorso immersivo tra lecci, sugherete e macchia mediterranea le opere permanenti del Museo ti faranno vivere un'esperienza artistica di land art a 360 gradi.

Potrai esplorare attivamente la biodiversità del Bosco e contemporaneamente ammirare le opere realizzate con materiali selezionati interagiscono con l’ambiente per continuità o contrasto.
Gli artisti coinvolti dalla curatrice Giannella Demuro rappresentano alcuni degli esiti più interessanti della ricerca visiva contemporanea in Sardegna.
La collezione è in corso di ampliamento e ospiterà nel 2025 quattro nuove opere di Giusy Calia e Antonello Fresu, Marcello Cinque, Valentina Daga, Alex Pinna.

Terminato il percorso di land art potrai visitare le mostre temporanee nelle sale dello Spazio CEDAP, in un’area dal forte valore paesaggistico, poco distante dalle piscine naturali del Rio Pisciaroni.

In questo piccolo gioiello di architettura contemporanea ottenuto attraverso la riconversione di un vecchio incubatoio di trote grazie al progetto dall’architetto Antonello Menicucci, potrai visitare le personali di fotografi, illustratori e artisti visivi contemporanei.

I laboratori, le performance a cielo aperto, gli appuntamenti di trekking culturale, dedicati alla scoperta dei luoghi e alla riflessione sui temi della sostenibilità ambientale, sono aperti tutto l'anno.