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Scarpe piene di passi

Il clima è mite quasi tutto l’anno, le temperature gradevoli spesso anche d’inverno. Un’intensa luce inonda sentieri calati lungo le coste e che si snodano nei paesaggi più selvaggi dell’interno, molti poco battuti e pervasi da un’impalpabile atmosfera primordiale che domina sulla bellezza dei paesaggi. Sono cammini e percorsi di hiking che portano a scoprire la Sardegna più esclusiva e riservata, da percorrere connessi con lo spirito dei luoghi, che tocca l’anima.

Trek su strade d'argento

Le vene d’argento smettono di dare, l'attività estrattiva si ferma, cala il silenzio nelle miniere della Sardegna. La rete di sentieri che si intreccia tra gallerie, laverie, officine e villaggi operai, è ora avvolta dall’atmosfera surreale dei luoghi abbandonati. All’epoca erano percorsi da asinelli e carrelli carichi di minerali, oggi sono itinerari di biking e trekking che ripercorrono le vie abbandonate dell’argento.

A tavola la tradizione guarda al futuro

Punto di partenza, la curiosità: si osservano, si ascoltano, mamme e nonne che scelgono con cura gli ingredienti, fanno sfoggio di maestria, compiono gesti quasi rituali, spiegando i vari passaggi con pazienza e poche parole. Poi subentra la passione, la tenacia, la voglia di sperimentare, iniziando con il replicare quanto appreso e aggiungendo la giusta dose di inventiva. La tradizione della cucina sarda, con le sue peculiarità locali che regalano sensazioni e sapori unici, nel terzo millennio si veste di abiti nuovi: quelli dati dalla nuova generazione di coraggiosi e talentuosi chef.

Sud

Parco sa Fogaia

Un nuraghe antichissimo, ‘della prima ora’, e con forme uniche, un villaggio preistorico con stazione di lavorazione dell’ossidiana e attorno un ‘giardino’ dal grande valore ambientale. Sono gli elementi che caratterizzano e invitano a visitare il parco sa Fogaia, oasi verde che copre il versante orientale della giara di Siddi, distante poco più di un chilometro dal bel borgo della Marmilla. La parte ‘alta’ del parco è la zona panoramica, da dove il tuo sguardo dominerà le colline marmillesi e le giare di Gesturi e di Serri, fino a scrutare il massiccio del Gennargentu. In posizione strategica, su un bordo a strapiombo, si trova il nuraghe a corridoio sa Fogaia. Fu eretto a oltre 300 metri d’altitudine sulla roccia affiorante, usando blocchi di basalto sovrapposti gli uni agli altri a secco e a incastro.

L’edificio conserva tracce di diverse fasi costruttive: il nucleo è rappresentato dal ‘protonuraghe’, ossia la versione arcaica della celebre costruzione, dall’inusuale pianta ‘a Y’. Si ipotizza che l’origine risalga agli esordi del Bronzo medio, successivamente gli furono affiancati due ulteriori corpi megalitici e una serie di vani secondari. Per entrare, salirai una rampa gradonata ricavata nello spessore murario: l’ingresso è infatti sopraelevato di cinque metri sul piano di calpestio. Nel corridoio interno noterai altri gradini, che conducevano a un terrazzo ormai scomparso. I due corpi di fabbrica addossati presentano parti superstiti di copertura, realizzata in diversi stili, a piattabanda, a tholos e ogivale. Alcuni ambienti rettangolari presenti dentro il cortile interno hanno restituito reperti databili alle età tardo-punica e romana. Nei dintorni del nuraghe noterai tracce pertinenti a un villaggio, nel quale è stata rinvenuta l’ossidiana, prova che a sa Fogaia c’era un’officina litica dedicata alla lavorazione dell’‘oro nero’ proveniente dal Monte Arci.

Il tema archeologico non è l’unico elemento di fascino del parco: tra boschi di lecci e macchia mediterranea, vi dimorano più di 150 differenti specie vegetali e una ricca fauna. Passeggerai tra colori e profumi delle orchidee selvatiche e di numerose piante aromatiche e officinali. Un percorso in particolare, noto come su mori ‘e is erbas (il sentiero delle erbe), ricavato da una vecchia mulattiera usata nel corso dei secoli dalla comunità di Siddi, ti accompagnerà tra le specie floreali più caratteristiche della Marmilla, descritte in appositi cartelli in legno. Tra i ‘residenti’ del parco ci sono circa 60 varietà di uccelli, come barbagianni, civetta, corvo imperiale, gheppio e pavoncella; potresti scorgere anche donnole, lepri, volpi e varie specie di rettili.

Proseguendo in direzione nord-ovest potrai addentrarti nella giara di Siddi, che ospita una delle più grandi e meglio conservate tombe di Giganti della Sardegna: sa Dom’e s’Orku, anch’essa, come il nuraghe Sa Fogaia, edificata usando grandi conci di basalto tra Bronzo antico e medio.

Sud

Monte Urpinu

Uno dei più grandi, e più antichi, polmoni verdi di Cagliari, con simpatici e variopinti ‘abitanti’ e strutture d’importanza storica. Il parco di Monte Urpinu si estende per ventidue ettari sull’omonimo colle cagliaritano, tra il parco naturale di Molentargius-Saline e il colle di Bonaria. Deve il suo nome alla ormai scomparsa colonia di volpi che lo popolava fino a pochi secoli fa, quando era ricoperto da vegetazione selvaggia. Urpinu, in campidanese, significa infatti volpino. Nel XVIII secolo Monte Urpinu ospitava anche fortini militari, per poi divenire possedimento della nobile famiglia Sanjust. I proprietari avviarono una prima opera di rimboschimento, mettendo a dimora numerosi pini d’Aleppo, e fecero restaurare una chiesetta, oggi nota come chiesa aragonese, eretta tra XVII e XVIII secolo sulle rovine di un piccolo santuario bizantino.

Nel 1939 la proprietà dell’area passò definitivamente al Comune di Cagliari. Da subito l’amministrazione intese realizzare un parco urbano, anche se una parte, ossia il versante che si affaccia sullo stagno di Molentargius, rimase a disposizione dell’Aeronautica militare, che vi realizzò una base e costruì alcuni depositi sotterranei di carburante. Un’altra area del colle era invece usata come cava di calcare. Le strutture militari furono dismesse nel 2007, mentre già alcuni decenni prima il parco era stato oggetto di una nuova campagna di rimboschimento.

Oggi è una delle mete preferite dai cagliaritani per trascorrere qualche ora all’aria aperta: potrai approfittare della rete di sentieri che lo attraversano per passeggiare e per fare jogging, ci sono anche attrezzi per fare ginnastica e un celebre tennis club. È frequentato da famiglie con bambini, anche grazie alla presenza di un’ampia area giochi. Accanto ai laghetti artificiali e nelle zone ombrose potrai rilassarti e fare un picnic. Un’apposita area di quasi due ettari è dedicata agli amici a quattro zampe. A proposito di animali, la fauna è un altro dei motivi di attrazione del parco: osserverai cigni, gallinelle d’acqua, germani reali, oche, raganelle, tartarughe e coloratissimi pavoni. Il parco è abitato, inoltre, da una colonia di gatti. Altrettanto interessante il patrimonio vegetale: oltre ai pini, noterai salici, oleandri, ginepri, lecci, lentischi e olivi.

Il fianco orientale del colle è percorso da un panoramico viale che permette di ammirare spettacolari paesaggi su entrambi i lati: dal Belvedere il tuo sguardo si apre sul golfo degli Angeli, individuando la Sella del Diavolo, Molentargius e le sue saline e la spiaggia del Poetto. Il versante opposto, in direzione ovest, ti mostrerà il colle di San Michele, sormontato dal castello medievale, i quartieri storici di Villanova, Castello e Marina, il porto e lo stagno di Cagliari.

Sud

Monte Claro

Le sue mura cingono un grande giardino dove convivono natura, storia, cultura e benessere. Il parco di Monte Claro sorge alle pendici dell’omonimo colle, al centro di Cagliari, a breve distanza da un altro dei sette rilievi sui quali sorge il capoluogo, il colle di San Michele. L’area verde si estende per circa 25 ettari ed è compresa nel perimetro delineato dai muri che circondavano le strutture del vecchio ospedale psichiatrico. A fine XIX secolo la provincia di Cagliari prese in affitto l’area per realizzare ricoveri, che nel tempo si trasformarono nei padiglioni dell’ospedale. Attorno sorsero frutteti, vigne e coltivazioni di cereali, dove talvolta erano impiegati anche i pazienti. L’ospedale cessò l’attività nel 1998 e l’intera area fu riqualificata per ospitare un parco urbano, aperto in via definitiva nel 2001. L’edificio principale, Villa Clara, dove risiedeva il direttore dell’ospedale, ospita oggi la biblioteca metropolitana.

Entrando dall’ingresso principale camminerai in un viale di lecci, ai lati del quale trovano posto alcune ‘pietre sonore’ realizzate dall’artista Pinuccio Sciola: sono sculture che, se accarezzate con la mano o con una piccola pietra, producono suoni ammalianti. Il viale costeggia un pittoresco laghetto, dove osserverai tartarughe d’acqua, cigni, oche e anatre. Proseguendo il percorso ecco la ‘fontana logo’: è uno specchio d’acqua dotato di un sistema che produce scenografici getti, accanto al quale è riprodotto sull’erba il simbolo del parco, una sorta di ramoscello stilizzato. L’immagine rimanda alla decorazione di una scodella rinvenuta dentro un ipogeo scoperto nel 1905. Monte Claro, infatti, è anche area di rilevanza archeologica: dalle tracce di un insediamento risalente all’Eneolitico prende nome la facies detta cultura di Monte Claro. Nel parco trovano posto, inoltre, i resti di una struttura forse usata con funzioni di pozzo sacro e, a poca distanza, una misteriosa tomba del IV secolo a.C.: conteneva varie anfore e gli scheletri di una coppia, i cui corpi furono sepolti stretti in un abbraccio. L’enigma è acuito dal fatto che essa sia l’unica tomba di epoca punica finora scoperta nel colle, in tempi nei quali era in uso la vasta (e poco distante) necropoli di Tuvixeddu.

Oltre agli aspetti storico e archeologico, Monte Claro ti sorprenderà per la ricchezza della sua flora: tra gli alberi spiccano carrubi, lentischi, oleandri, olivi, pini, querce e salici, oltre a gelsi, rose e ibiscus. Nel giardino tropicale trovano posto anche piante aromatiche quali alloro, mirto e rosmarino. Il parco è meta ideale per il jogging, per passeggiare e fare ginnastica. I campi sportivi abbondano: soprattutto da calcio e calcetto, oltre a una pista di pattinaggio. Due apposite aree sono attrezzate per i cani. Monte Claro è infine sede, specie d’estate, di spettacoli, concerti ed eventi culturali.

Murales, gallerie d’arte a cielo aperto

Fu un gruppo di grandi artisti, in un momento storico contrassegnato da fermento sociale e culturale, a scatenare la ‘scintilla’ creativa. La storia dei murales in Sardegna nasce in un piccolo e vivace centro della campagna campidanese, poi via via se ne accodarono altri, dalla Barbagia alla Planargia, e oltre, verso nord. L’Isola, in breve, diventò capitale del muralismo. Un po’ per ridare vita a scorci pittoreschi in decadenza, a muri in ladiri e vicoli semi-abbandonati, soprattutto per dare impulso alla voglia di far sentire il grido di protesta e sofferenza, che coinvolgeva intere comunità. Anni dopo, una nuova ‘fiamma’, libera e spontanea. Stavolta sono artisti, locali e non, giovani ma già famosi a livello internazionale, a trasformare e ravvivare il tessuto urbano. Dai murales alla street art, dalla protesta alla sperimentazione, la Sardegna è sempre protagonista, come un’immensa tavolozza da colorare.

Sud

Tomba di Giganti di Aiodda

La sua forma a ‘barca rovesciata’ ricorda quella delle navetas delle isole Baleari, ma non è l’unica particolarità, l’ingresso, infatti custodisce un altro elemento strutturale sorprendente. La tomba di Giganti di Aiodda sorge sul versante est di una collina a circa tre chilometri da Nurallao, in un’area densa di testimonianze archeologiche, ritenuta sacra già in epoca prenuragica. Il prospetto anteriore è quello tipico delle tombe di Giganti, con un’esedra semicircolare ampia circa sei metri, realizzata con lastre ortostatiche di calcare. Al centro, individuerai la base della stele centinata, dove si apre il portello rettangolare. Varcato l’ingresso, entrerai in uno stretto corridoio, ai cui lati si conservano ulteriori lastre a ortostati. Una di esse, sulla destra, presenta la caratteristica sui generis del monumento: una statua-menhir antropomorfa, rappresentante una figura maschile con un pugnale.

Si è ipotizzato che rappresenti una sorta di guardiano della tomba. Inoltre, a differenza di altri insediamenti nuragici della zona, dove i ‘vecchi’ menhir sono stati riusati in frantumi come semplice materiale da costruzione, ad Aiodda il reimpiego sembra testimoniare un persistente rispetto per la statua, benché realizzata da genti di millenni precedenti. Al momento della scoperta, risalente al 1979, il sito custodiva ben 22 menhir, di cui sedici sono nel museo nazionale G. A. Sanna di Sassari. Proseguendo oltre il corridoio entrerai nella cella funeraria vera e propria, lunga dieci metri. Noterai i resti delle pareti realizzate a filari di pietre in aggetto, mentre la copertura originaria, andata perduta, era a sezione ogivale, dando l’effetto di una imbarcazione capovolta. All’interno, oltre ai resti di una ventina di defunti, furono rinvenuti frammenti ceramici e spilloni a losanga, in rame e in bronzo. I ritrovamenti hanno fatto ipotizzare che la camera fosse già in uso a scopi funerari sin dagli inizi del Bronzo antico e che sia stata poi ‘riadattata’ come tomba di Giganti. L’intera struttura era probabilmente delimitata da un tumulo, al quale dovrebbero fare riferimento le tracce visibili attorno alla tomba.

I menhir rinvenuti presso la tomba di Aiodda hanno elementi simili a numerosi monoliti scoperti nel Sarcidano, soprattutto a Laconi. I pugnali e il motivo del ‘capovolto’, a forma di tridente o candelabro, sono le decorazioni in comune. Ne approfondirai la conoscenza visitando il Museum menhir di Laconi, dove sono esposti 40 esemplari, provenienti anche da Allai, Samugheo e Villa Sant’Antonio. A pochi chilometri da Aiodda, in territorio di Nuragus, invece, potrai proseguire il tour archeologico visitando il nuraghe Santu Millanu e il pozzo sacro di Coni.

Sud

Nuraghe San Pietro - Ussaramanna

Sulla sommità si staglia imponente una croce in ferro, non è l’unico legame che questa fortezza stringe con il cristianesimo: il suo nome, infatti, evoca il ricordo di una chiesa medievale ormai scomparsa. Il nuraghe San Pietro sorge ai margini dell’abitato di Ussaramanna, sulla sommità di una collina immersa nel paesaggio ondulato tra sa Jara Manna (la giara di Gesturi) e la giara di Siddi. È una struttura complessa, edificata con grossi conci di arenaria, nella quale il mastio svetta fino a raggiungere i dieci metri di altezza, con un diametro di 13, circondato da un bastione con quattro torri unite da una cortina muraria. Tre delle quattro torri laterali hanno diametri intorno ai nove metri, mentre una, quella all’angolo nord-orientale, è più grande: il suo diametro misura quanto quello del mastio. Tale particolarità è stata spiegata con l’ipotesi che forse in origine il nuraghe fosse trilobato, e sia stato successivamente modificato con l’innesto della quarta torre.

Dall’ingresso, posizionato sul lato sud-est, si apre un corridoio a copertura ogivale, in parte crollata. Prima di entrare nella camera principale del mastio, noterai sulla sinistra i resti della scala che permetteva di accedere al livello superiore. Nell’ambiente interno, a pianta circolare e ormai privo di copertura, osserverai due nicchie contrapposte, anch’esse con soffitto ogivale. Di fronte al vano scala compare un altro ambiente di difficile interpretazione: a giudicare dalla posizione e dalla forma, sembrerebbe essere una garitta. Attorno alla struttura osserverai anche tracce di ambienti a pianta quadrangolare: si ipotizza che risalgano a epoca romana, testimonierebbero una millenaria continuità d’uso del sito. Non è escluso che il nuraghe abbia avuto, fino all’epoca bizantina, anche funzioni funerarie.

Il territorio di Ussaramanna, noto per l’altissima qualità della sua produzione di olio d’oliva e di vini malvasia e nuragus, conserva tracce di frequentazione fin dalla preistoria. Le eredità risalenti all’età del Bronzo non si limitano al San Pietro: nei dintorni del paese potrai osservare anche i nuraghi Santa Barbara, Cabonu, Molas e su Sensu. In località Bingias Beccias, invece, è stata scoperta una necropoli databile a età imperiale. Potrai proseguire il tuo tour archeologico nel cuore della Marmilla spostandoti di pochi chilometri verso est: nel territorio di Siddi ti attendono la maestosa e ben conservata tomba di Giganti sa Dom’e s’Orku, realizzata a filari di grossi blocchi basaltici, e il parco sa Fogaia, con nuraghe in posizione panoramica e ai suoi piedi un ‘giardino’ di grande valore naturalistico.

Fatte a mano, come una volta

Ognuna col suo rito di preparazione, gesti meticolosi e codificati, sempre gli stessi, tramandati di madre in figlia. Le paste della tradizione, secche e fresche, sono trait dunion tra quotidianità e celebrazioni, immancabili nei momenti da ricordare e protagoniste nelle tavole di tutti i giorni, a casa, in ristorante e negli agriturismo. La loro origine si perde nel tempo: sono stati ritrovati semi di grano persino nei nuraghi, non è un caso se poi la Sardegna è diventata il ‘granaio di Roma’. La tradizione è stata coltivata (letteralmente) sino a oggi, generando un inimitabile e solenne mix di arte, convivialità e gusto.