Un'accurata e suggestiva esposizione museale di archeologia industriale a cielo aperto. Laveria, gallerie, impianti estrattivi e alloggi degli operai del villaggio minerario di Rosas, un tempo protagonisti dell’epopea mineraria sulcitana, rivivono oggi in armonia con l’ambiente circostante, tra i rilievi ricoperti di querce, lecci e macchia mediterranea di Terrubia. La località, distante meno di sette chilometri da Narcao, piccolo centro vicino a Carbonia, è stata frequentata sin dalla preistoria: le attestazioni più antiche sono di età nuragica, le prime tracce di sfruttamento dei giacimenti di piombo, zinco, ferro e rame, invece, risalgono all’epoca romana e, nel corso del Medioevo, all’avvento dei pisani. Il riconoscimento ufficiale come area mineraria avvenne nel 1849, da qui iniziò una storia lunga 130 anni, le strutture minerarie, infatti, restarono attive sino al 1980. Con la chiusura definitiva, il borgo fu abbandonato, diventando ‘villaggio fantasma’, fino alla decisione di recuperare e riqualificare a fini museali e ricettivi il complesso di edifici e impianti.